Ponti
di Napoli
Ponte
di Casanova
Chiariamo
subito che il famoso Giacomo, veneziano, non c'entra niente.
“Casanova” indica soltanto edifici e abitazioni “nuove”
costruite nell'area dell'Arenaccia, quando Napoli fu investita dai
lavori del Risanamento alla fine del XIX secolo.
"Arenaccia”
etimologicamente deriverebbe da “Arena”, sabbia, terreno arenoso,
in napoletano “Rena”. Si
trova nella parte orientale di Napoli, verso Poggioreale e la zona
detta della Doganella.
In
questa area, nel XVI secolo, si tenevano tornei e giostre sulla
sabbia, che però diventava fangosa per l’accumulo delle acque
piovane, dette lave,
che
scorrevano giú per i Camaldoli, il Vomero, da Capodimonte e
Capodichino. Dal vocabolario napoletano di Vincenzo De Ritiis (1845):
la "Renaccia.
Così chiamasi quella zona di terra incolta all’oriente di Napoli
per la quale corrono le alluvioni che discendono dalle alture
settentrionali".
Tutte
le testimonianze sul Sebeto attestano che il fiume passava per questa
strada, prima di gettarsi nelle acque del porto, nei pressi del
castello del Carmine.
Via Casanova |
Gli
eventi politici del 1859-1860, la guerra e la fine del Regno non
permisero di portare a termine I progetti, già peraltro attuati in
parte. Dopo
l'unità si fermò tutto e un nuovo progetto, a causa di
lungaggini burocratiche, dovette attendere oltre trent'anni e
l'epidemia di colera del 1884, per trovare attuazione con la Legge
per il Risanamento
di Napoli.
Fu
sventrato il cuore storico della città, furono abbattuti interi
quartieri popolari, migliaia di persone persero le loro case per far
posto a nuove strade, a palazzi destinati alla media e alta borghesia
e a rioni di edilizia popolare. Furono perciò costruite le “Case
nove”
che diedero il nome al quartiere e al ponte che, però, era ormai a
livello stradale (come da foto della via Casanova) e non aveva più
alcuna funzione. Oggi non ne ho trovato
traccia neanche in un disegno, ed è diventato, come il ponte della
Maddalena, solo un toponimo urbanistico.
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