Larghi e strade
Montesanto
C’era una volta, a Napoli, un grande esteso vallone,
coperto da boschi di ulivi e pini (da cui il nome Olivella e Pignasecca,
“secca” perché i pini si seccarono improvvisamente in maniera inspiegabile), ai
piedi della collina del Vomero. Per salire e scendere si usavano sentieri
scoscesi e grezze scalinate: ancora oggi possono essere percorsi, naturalmente
solo a piedi, le “pedemontine”, come quelle che partono da S. Martino, o il
Petraio o anche i Cacciottoli o ancora la salita san Francesco, da via
Belvedere.
Tutta l’area era fuori le mura occidentali della città: chi
usciva dalle porte chiamate Romana e Donnorso, si trovava davanti a una
grande vallata attraversata da un fiumiciattolo, il Sebeto, una volta alimentato
da acque provenienti dalle colline di Capodimonte e del Vomero, poi sempre
più asciutto. Pochi edifici di carattere religioso sorgevano dalle
colline al mare e anche qualche torrione di guardia, fino alla costruzione del
Castelnuovo.
Fu poi il ben noto don Pedro di Toledo che, nel
1534, avviò una serie di interventi urbanistici ed edilizi che allargarono la
città e la trasformarono completamente. Le antiche mura medievali
furono consolidate e allargate, inglobando nella città nuovi
territori, come la strada che continua a portare il suo nome, i Quartieri
spagnoli e, a fianco a questi, l’area della Pignasecca e di Montesanto.
Mappa del Duca di Noja |
La nuova murazione occidentale saliva dalla odierna
chiesa dello Spirito Santo, attraverso la vallata di Montesanto, fino “ad meza
falda del monte de santo Erasmo” (S. Elmo), da dove poi riscendeva verso
la Playa, cioè Chiaja, e Santa Lucia, per poi ricollegarsi ai bastioni e
alle casematte di Castelnuovo dalla parte di mare (oggi Molo Beverello e piazza
Municipio).
Gli storici non sono tutti d’accordo sul tracciato di
queste mura, poiché alcuni pensano che arrivavano fin sopra la punta più alta
del Vomero, a S. Elmo, dove già c’era il Castello e la Certosa di S. Martino.
Ai piedi della collina, le nuove mura scorrevano, prima di
iniziare la salita, lungo la laterale dell’odierno Ospedale dei Pellegrini, fondato
nel 1570 dal cavaliere gerosolimitano don Fabrizio Pignatelli (si faccia
attenzione a questo cognome "Pigna...."), su un suolo di sua
proprietà. Restavano fuori dalle mura l’attuale Piazza Montesanto,
l’Olivella e la via Tarsia.
L’area dell’attuale via Tarsia, fu proprietà degli Spinelli,
famiglia aristocratica del XVI secolo, principi di Tarsia, città
calabrese della provincia di Cosenza. Gli Spinelli, dovendo trasferirsi a
Napoli capitale, e alla Corte vicereale, dovettero trovarsi un ‘abitazione
degna di tanto nome e fecero edificare un palazzo
monumentale. Raccontano gli storici dell’arte, che il palazzo era
qualcosa di veramente imponente e grandioso: occupava tutta la zona a
monte della chiesa di S. Domenico Soriano al largo del Mercatello, si estendeva dal
Cavone all’attuale piazza Mazzini, da salita Pontecorvo a Montesanto e
aveva un grandioso giardino. Con l'estinzione della famiglia
Spinelli, sia il giardino sia il palazzo furono variamente riutilizzati.
Il piano terra, ad esempio fu trasformato prima in cinema, l’Astoria, e
poi nel teatro “Bracco”, dedicato al commediografo Roberto Bracco. A
fianco era l’Istituto nautico. Tutti i viali di questa abitazione, grandi e
piccoli, costituiscono oggi le strade e i vicoli della zona, l’attuale
piazzetta Tarsia sembra sia stata niente altro che il cortile interno del
complesso.
Nel XVII secolo, nel vallone ai piedi della collina del
Vomero, fu fondata una chiesa, detta di Santa Maria di Montesanto, ad
opera di una comunità di Frati Carmelitani provenienti da un omonimo monastero siciliano. Da
lì nacque il nome, e si diffuse a tutta la zona e quindi alla
piazza attuale. In quella Chiesa si trova la tomba del musicista
Alessandro Scarlatti.
Restata ancora fuori le mura, gli abitanti della zona
e delle colline che volevano entrare in città, dovevano arrivare al vicino
largo del Mercatello e entrare per la porta Reale, che si trovava all’ altezza
della chiesa dello Spirito Santo.
Essi non amavano questo tragitto e alcuni di loro,
probabilmente sull’esempio di quanto era accaduto anche con Port’
Alba qualche anno prima, cominciarono a scavare di nascosto, “nu’pertuso“–
un pertugio, un buco - per poter passare almeno uno alla volta.
Racconta Giuseppe Porcaro ne “Le Porte di Napoli” (ed. Del
Delfino),..”..uno sconcio Pertuso, quindi, fu fatto da quegli abitanti nel muro
occidentale della città, presso Montesanto, attraverso il quale, per la via
dell’Olivella, i collinari di S. Martino accedevano nella capitale,
raggiungendo agevolmente i centri storici e commerciali e l’area portuale.”.
Le Autorità, dopo vari inutili interventi di riparazione,
presero atto della situazione e viste le continue petizioni degli abitanti, per
consentire il passaggio regolare di tutti quelli che andavano e venivano dalla collina, nel
1640, Don Ramiro Nunez de Guzman, duca di Medina, fece costruire una Porta
che prese il suo nome, “Medina”. La nuova porta, si trovava, secondo gli storici,
più o meno tra l’ingresso dell’ospedale dei Pellegrini e la strada che lo
costeggia, quasi di fronte alla stazione della Cumana e della funicolare.
Fu l'ultima porta ad essere costruita e fu anche l'ultima ad essere demolita
nel 1873, ma del nome di Portamedina resta traccia ancora oggi nella
toponomastica della zona. Sul largo, il vico Spezzano, luogo di memorie
personali, arrivava – e arriva – dalla piazza Mazzini.
Montesanto stava cambiando. Dopo qualche
anno, nel 1892, fu inaugurata la ferrovia Cumana che doveva portare,
passando per Pozzuoli, fino a Cuma e Torregaveta. La linea andò avanti a vapore
fino al 1927, quando fu elettrificata. Alla partenza da Napoli, la Cumana
entrava immediatamente nella galleria scavata sotto la collina del Vomero, che,
da quanto mi raccontavano, servì da rifugio antiaereo durante la guerra.
Case Puntellate oggi |
Negli stessi anni era stato inaugurato il
Rione Vomero e quindi fu messa in cantiere la funicolare, inaugurata nel
1891. La funicolare si inerpicava su per la collina, era tutta di legno,
fino a metà anni 60 del XX secolo, dai sedili alle porte che dovevano essere
chiuse una a una dal macchinista. Oggi è stata
modernizzata, con apertura e chiusura automatica delle porte, rinnovata
all’interno e ripulita.
A due passi dal largo di Montesanto, proprio alle spalle,
troviamo la Piazzetta Olivella dove fu installata la stazione della
metropolitana di Napoli, oggi detta linea 2, ma è la più
antica poiché in funzione dal 1925.
La Pignasecca è ancora zona di grande mercato, dalla frutta
e verdura al vestiario, dal pesce a articoli casalinghi, con piccole trattorie
tipiche, caratterizzata da una folla che lavora, si muove, si arrangia, e
da auto e motorini che passano con difficoltà per non parlare delle
ambulanze dirette all’Ospedale che ha l’ingresso proprio su quella strada.
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