” Venendo da Napoli
per la via nuova di Posillipo, di dietro all'altra collina tufacea
crestata di elci e di querce, spunta il primo lembo della verde
isoletta, e poi la si ha tutta innanzi, piccola e snella, cosparsa di
rare case bianche, recante come ghirlanda sul capo il rotondo
suo castello, nell'abbagliante
azzurro del cielo e del mare,......”.(Benedetto Croce, Storie
e leggende napoletane, 1919).
Il golfo e la costa
napoletana furono subito notati, qualche migliaio di anni fa, da
mercanti Fenici, che stabilirono empori commerciali, navigatori e
profughi Micenei che scappavano davanti alle scorrerie di pirati e
all'invasioni doriche e altri popoli del mare, e poi “migranti”
provenienti soprattutto dall'Eubea, in cerca di nuove patrie, e che
colonizzarono la Sicilia e l ' area meridionale della penisola,
spingendosi fino all'isola d'Ischia, Procida e nell'area del monte
Echia, dove fondarono Partenope.
Piccoli insediamenti
vennero fondati anche su due isolotti, uno chiamato Megaride
nello specchio d'acqua prospiciente l'attuale zona di S. Lucia e
l'altro davanti all ' estremo capo della collina di Posillipo., e che
fu chiamato Nesis, Nisida. Tra questa e la costa c'era
poi un piccolo isolotto, poco più di uno scoglio, che fu chiamato
Leimon e successivamente isolotto
del Coppino o Chiuppino,
Nisida, |
ormai
sparito perchè inglobato nel ponte di collegamento, costruito nel
1934.
La zona si riempi di
leggende, quello spazio di mare fino a Capri fu considerato il luogo
dove vivevano le Sirene, e a Megaride i coloni individuarono il luogo
dove la sirena Partenope andò a morire.
Nisida seguì la sorte di
Neapolis e delle località vicine, quella cioè di essere considerate
luoghi per l'”otium”,un
concetto romano molto aristocratico: una disoccupazione studiosa, la
contemplazione, la meditazione, le discussioni filosofiche, oltre,
naturalmente, tutte le attività del tempo libero, i bagni, i pranzi
e le cene, il teatro. In sostanza le vacanze e l'allontanamento dal
nec-otium, il lavoro,
l'attività.
Qui aveva
una piccola villa Marco Giunio Bruto, il figlio assassino di Giulio
Cesare. Dopo l'assassinio, quì Bruto si ritirò, prima di andare a
morire nella battaglia di Filippi contro Ottaviano e Marco Antonio.
Di questa villa e di altre di età romana non ci sono più tracce.
Sul lato non visibile da terra c'era l'insenatura di porto Paone per
l'approdo, quando l'isola non era collegata alla terraferma dal
moderno molo. Nisida doveva essere più grande di come appare oggi.
Essa, secondo esperti e archeologi,
emerge infatti solo per 1/6 della sua grandezza totale: nei
fondali sottomarini si vedono manufatti di epoca romana, sommersi per
il fenomeno del bradisismo.
In età
medievale l'isola fu donata alla Chiesa e vi fu fondato un
monastero di S.Arcangelo, e la chiesa che fu chiamata, S.Angelo de
Zippio. L'isola,infatti,era stata rinominata Gipeum o
Zippium.
La Chiesa
non era insensibile a possibili guadagni e così dette in affitto
l'isola a vari personaggi che a loro volta la sfruttarono
economicamente. Nella seconda metà del XIV secolo, sotto il governo
della regina Giovanna I d'Angiò, fu costruita sul punto più alto
dell'isola, una Torre di Guardia, per il controllo del territorio e
di quel tratto di mare.
Verso
la metà del '400, con il Rinascimento e la scoperta dei classici
greco romani, l'isola fu rinominata di nuovo Nisida. In quegli anni
regnava a Napoli un'altra Regina di nome Giovanna, la seconda. Un
periodo ingarbugliato fatto di
intrecci
strani, alleanze e tradimenti, attacchi interni ed esterni al Regno,
pretendenti al trono, congiure e ribellioni, Papa e antipapa, donne e
uomini in cerca di potere e di ricchezze, e eredi al trono scelti
senza criterio dalla regina senza figli: prima Luigi d'Angiò, poi
Alfonso d'Aragona, poi di nuovo l'Angiò, e poi la guerra che
finirà nel 1443 con la vittoria di Alfonso.
Nisida, porto Paone e castello |
Fu
allora che la Torre fu trasformata in un castelletto. Erano in
aumento le incursioni saracene nei possedimenti
spagnoli in Italia. Continui allarmi e saccheggi turbavano la vita
lungo le coste del territorio vicereale e frenavano pesca e
commercio. Serviva ben altro che una sola torre, si avviò la
costruzione di bastioni costieri e la ristutturazione di quelli già
esistenti, tra i quali anche quello esistente a
Nisida, che fu munito di cannoni e soldati. Lo scoglio del Coppino fu
invece utilizzato come lazzaretto
Nel XVI secolo Nisida era
comunque proprietà privata e così restò prima con la famiglia
Piccolomini e successivamente, fino al XVIII secolo, con i
Duchi Macedonio.
Nel 1626, si verificò una grande
epidemia di peste che colpì anche la capitale del regno, il castello
di Nisida, malgrado le proteste dei proprietari, fu requisito e
adibito a Lazzaretto, non bastando più quello vecchio esistente
sullo scoglio del Coppino. Iniziò da allora un lento declino e venne
meno la sua funzione di avvistamento e difesa.
Con l'avvento dei Borbone l'isola passò
al Demanio dello Stato; dopo il periodo murattiano, nel 1815,
l'edificio del vecchio castello fu riadattato e trasformato in
prigione. Nel 1832 fu affidato all'architetto De Fazio l'incarico di
costruire un nuovo molo per unire Nisida con l'isolotto del
lazzaretto vecchio. I lavori furono ripresi nel 1847, il molo
congiunse Nisida allo scoglio più vicino alla costa di Coroglio.
Mancava poco per unire l'isola alla terraferma, ma si dovette
attendere fino al 1934.
Sull'isola restò il penitenziario
anche dopo l'unità, mentre nel 1933 fu convertito in riformatorio
giudiziario per minori, come è rimasto fino ad oggi. A causa della
presenza di questo istituto, l'isola non è accessibile a tutti.
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