lunedì 2 settembre 2013

20/3/2013, università di Trieste, intervento a studenti facoltà di medicina

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Una breve presentazione personale mi sembra necessaria: mi sono occupato delle carceri e in generale della giustizia per motivi professionali, ho fatto il direttore di carcere dal 1974 fino a pochi anni fa; ho lavorato soprattutto nel Triveneto, mi sono occupato per un breve periodo anche di formazione e aggiornamento del personale e sono stato anche componente e presidente della commissione disciplinare per la polizia penitenziaria.
Detto ciò, andiamo al tema di questo incontro, che è quello del Servizio Sanitario in carcere, e del diritto alla salute; tuttavia, prima di arrivare all’argomento specifico, sul quale parlerà poi meglio il relatore successivo, e in particolare sul servizio psichiatrico,   credo sia opportuna una illustrazione generale del sistema penitenziario e sulle leggi che lo regolano, altrimenti si rischia di non capire di cosa parliamo.
E inizio subito da quel che è accaduto a inizio anno:  l’Italia è stata condannata dalla Corte europea per i diritti dell’uomo per violazione dei diritti umani, tortura e trattamento disumano o degradante” per  il sovraffollamento degli istituti penitenziari e per tutta una serie di mancate riforme nel settore giustizia. L’Italia è stata anche condannata a risarcire i danni a 3 detenuti ricorrenti, mentre altri stanno aspettando l’esito di altri ricorsi, che sono più di 500. E probabilmente visto l’andazzo e questa sentenza se ne aggiungeranno altri.
Ma del sovraffollamento parlerò in particolare più avanti, ora vorrei spiegare rapidamente cos’è il carcere, come definirlo?
Partiamo da un concetto generale, il carcere è un mondo ignoto,  dimenticato, il luogo della segregazione, della emarginazione;  qualcuno ha parlato di discarica sociale,  altri come il luogo fisico della punizione, giusta o ingiusta, adeguata o non adeguata, qualcun altro ha parlato del carcere come necessità poiché non ci sono alternative, malgrado le misure alternative previste.
Ognuno ha la sua idea secondo la propria visione ideologica o politica.
Io voglio solo definirlo astrattamente e giuridicamente: il carcere è il luogo dove fisicamente vengono trattenute in stato di privazione della libertà personale, persone:1) colte in flagranza di reato, che  significa colte nel momento di commettere un reato; 2) arrestate perché accusate con sufficienti indizi di colpevolezza, di aver commesso un reato, quando ci sia pericolo di fuga o inquinamento di prove; 3) condannate a pena passata in giudicato, cioè quando la sentenza di condanna è diventata definitiva ed esecutiva.
Ho parlato del reato, e bisognerebbe anche definirlo, cioè cos’è un reato? Vi do solo la definizione classica, il reato è qualsiasi azione o anche omissione che viola una legge: Il reato è perciò qualsiasi fatto che la Legge prevede come tale, principio di stretta legalità; proseguo velocemente perché non posso fare una lezione di diritto penale, ma la definizione si presta a varie considerazioni.
Il carcere viene distinto in linea di massima tra case circondariali, che ricevono persone in attesa di giudizio e si trovano presso ogni sede di Tribunale, e case di reclusione che accolgono persone condannate. Poi ci sono altri tipi di istituti particolari di cui ora è inutile parlare.
Le case circondariali hanno continui contatti e rapporti con Le Procure della repubblica, cioè con I P.M. e  con le forze di polizia, che sono diciamo così, i fornitori della clientela, degli ospiti.
Il carcere infatti non va a cercarseli, gli ospiti, ma li accoglie, anzi “ DEVE” accoglierli, senza potersi rifiutare; mi è capitato di vedere qualche collega che, per mancanza di posti, ha rifiutato di accogliere qualche arrestato, una volta proprio a Trieste,  la polizia è stata invitata a portalo a Gorizia, ma senza alcuna autorizzazione e quel direttore è andato incontro a qualche problema, o penale o disciplinare..
Il carcere ha sua una organizzazione amministrativa  e burocratica, come altre amministrazioni dello Stato, quindi uffici, circolari, relazioni . domande, e autorizzazioni, ecc. inserita nel Ministero della giustizia,
 Al vertice c’è il Dipartimento amministrazione penitenziaria, che ha a disposizione  un corpo di polizia, la polizia penitenziaria.  In periferia ci sono i provveditorati regionali, le scuole di formazione, gli istituti penitenziari, gli uffici per l’esecuzione penale esterna gestiti dai servizi sociali del DAP, una volta c’erano i centri clinici e  gli ospedali psichiatrici giudiziari, che riguardano l’argomento particolare di stasera e sul quale tornerò dopo.
Oltre al personale di polizia penitenziaria, operano nel DAP, e nelle sedi periferiche, anche personale amministrativo, educatori, medici, generici e specialisti come psichiatri, e infermieri, cappellani di rito cattolico, assistenti sociali, consulenti psicologi, criminologi, ecc..; il carcere è poi collegato con gli altri Enti locali, in primis Regione, poi Comune e Provincia, e ASL per i servizi sanitari specialistici ,per i tossicodipendenti e altro.
Esigenza prioritaria del carcere è, da una parte, la sicurezza interna ed esterna, assicurare che ad esempio, non si verifichino evasioni, e la sicurezza degli stessi detenuti da eventuali violenze, suicidi e altro, l’ordine e la disciplina interna e, in linea con quanto prevede la Costituzione, la rieducazione del soggetto, attraverso vari strumenti di cui poi vi dirò.
In carcere non si possono escludere episodi di violenza sia tra detenuti sia tra personale di polizia penitenziaria e detenuti, che tuttavia sono rari e se scoperti e denunziati, condannati pesantemente.
Ora veniamo al problema del sovraffollamento, per il quale l’Italia è stata oggi condannata.
“ Le carceri vivono in condizioni disumane e illegali. I detenuti vivono ammassati in carceri, spesso in edifici secolari- su i posti disponibili e  le presenze effettive c’è una differenza di circa 15.000 unità - , Ai detenuti non sono garantite né l’incolumità fisica né la vita, né la salute, né possibilità di lavoro. 206 tra suicidi e tentati suicidi” E’ una relazione che parla della situazione carceraria italiana partendo dal sovraffollamento e proseguendo su violenze ed altro.
Solo che è del 1983, è di Luciano Violante, parlamentare  responsabile del settore giustizia del PCI, dell’epoca.
Perché parlo di questa relazione? Perché il sovraffollamento non è una novità di oggi, in quell’anno i numeri erano di 27.000 posti e 41.000 presenze.
E non finisce qui: una relazione della II Commissione giustizia della camera dei deputati del novembre 2000,  parla ancora ( pag.15) del sovraffollamento riferito all’anno 1999, 53.000 presenze, circa 10.000 in più di quelle regolamentari. Viene anche citato un dato interessante e cioè che la capienza regolamentare prevede in 9 metri quadrati l’area minima di una camera singola e un aumento di 5 metri quadrati per ogni detenuto in più.
Secondo i dati attuali forniti dalla associazione Antigone, che è una associazione onlus che si occupa di problemi della giustizia e della detenzione con un proprio osservatorio ed effettuando visite negli istituti, ci sono poco più di 45000 posti e le presenze sono di circa 65000, un terzo è straniero. 
Le cause sono molte e allora bisogna allargare il discorso a tutto il sistema penale e alla lentezza dei processi penali, all’abuso della carcerazione preventiva, alla politica con i suoi interventi poco incisivi in materia, alle riforme non proprio giuste, alla penalizzazione dello stato di clandestinità, all’economia, cioè di soldi che mancano, perché  Tribunali, carceri e organizzazione di polizia, costano molto alla comunità, un detenuto costa al giorno dai 300/400 euro al giorno, alle cosiddette porte girevoli di cui ha parlato solo l’ultimo ministro della giustizia anche se gli operatori penitenziari lo sapevano da sempre, si tratta cioè di quegli arresti inutili, di persone portate in carcere la sera, mentre dovrebbero essere trattenute nelle camere di sicurezza, e scarcerate al mattino dopo, che però accrescono il numero dei presenti.
Sarà capitato a tutti di vedere quelle belle conferenze stampa delle forze dell’ordine, con tutti schierati dietro l’Autorità, e sentire in TV o sui giornali di 50/100/200 arresti , grande operazione,  ma poi? Vi siete mai chiesti dopo che succede, cioè di questi 100 arresti e arrestati che fine fanno, dove stanno, restano in carcere o no? Le belle conferenze stampa di fine anno che tutte le polizie fanno facendo i bilanci di quanti arresti hanno fatto, 100/200/1000, ma non dicono mai quanti di questi arrestati,  il giorno dopo vengono messi fuori, e quindi che hanno intasato le carceri inutilmente e hanno costituito numero per le statistiche. E’ il problema delle cosiddette “porte girevoli”, messo in luce dal ministro Severino, che però non si riesce a risolvere, fino a quando Polizia, carabinieri e altri non utilizzeranno a tempo pieno le camere di sicurezza, senza passare per il carcere..
Il sovraffollamento perciò non è più una emergenza, ma una situazione normale che dura da anni e richiederebbe provvedimenti normali e non inutili grida manzoniane.
La politica si è opposta e si oppone all’amnstia, che in effetti  serve a poco o niente, e ha emesso il cosiddetto decreto svuota/carceri, è dell’anno scorso, e prevede gli ultimi 18 mesi alla detenzione domiciliare per reati cosiddetti minori.
La problematica del sovraffollamento riguarda in massima parte quei detenuti in attesa di giudizio e che sono in carcerazione preventiva in attesa di processo o in appello o in cassazione. E che quindi stanno dentro.
Ritorniamo perciò alla lentezza dei processi e quindi a un discorso sulla giustizia.
Il sovraffollamento non significa che in quella città o in quell’area c’è un alto tasso di criminalità o delinquenza: a TS, a GO, a UD tanto per fare esempi vicini a noi, gli istituti risultano sovraffollati-, il che non significa che TS, GO, e UD siano città inquinate da delinquenti. Basta leggere o sentire i bilanci dei CC o della PS  dicono che la situazione di queste città è tranquilla anzi che i furti ad es. sono diminuiti.
Allora perché  anche qui lamentano il sovraffollamento ? Perché la maggioranza dei detenuti presenti in questi luoghi proviene dai grandi centri urbani come Padova, Verona, a anche Milano, Bologna, o anche da più lontano, che vengono trasferiti nelle zone dove c’è più posto.
Non fa male ricordare che NON si può parlare di carcere solo in riferimento ai detenuti, ma bisogna sempre  tenere presente anche le leggi che regolano il trattamento del personale sia della polizia penitenziaria sia del personale amministrativo e dei direttori.
E bisogna poi tener presente le VITTIME del reato, soprattutto nei casi di reati gravi, ricordarsene non fa male, anche se non spetta al carcere occuparsene.
I suicidi? Nel 99% dei casi non dipendono né dal sovraffollamento che c’è sempre stato, né dalla organizzazione o dalla vita del carcere, ma dalla situazione giudiziaria.
Nel carcere la esigenza primaria è quella di salvaguardare la sicurezza, l’ordine e quella di garantire le esigenze id giustizia per gli imputati. Il trattamento deve essere umano e dignitoso, e rispettoso dei diritti umani e le libertà fondamentali dell’individuo, tant’è che vengono posti limiti alla privazione della libertà personale.
L’ultima considerazione riguarda la funzione della pena e del carcere: generalmente si dice che sono due le funzioni, la prima è la punizione del reato e quindi l’allontanamento del reo dalla società, e la seconda la rieducazione o risocializzazione, funzionano tutte e due? No, solo la prima, la seconda non dipende dal carcere, ma da altri fattori, che sono all’esterno. Il carcere può organizzare tutti i corsi professionali e culturali che vuole, ma poi il detenuto deve uscire, viene messo alla porta e dove va?
Il carcere è regolato dall’  Ordinamento penitenziario, che è una insieme di disposizioni legislative , comprese  anche nel codice penale e di procedura penale, che partono dal 1975 e arrivano fino ad oggi.
Un po’ di storia, tralasciando, per brevità, tutti i sistemi i sistemi antichi, quelli romani, medioevali e oltre, per arrivare subito al movimento illuminista, nel 1700 con il famoso Cesare Beccaria  dal quale inizia poi tutto – dei delitti e delle pene, con l’abolizione della tortura, l’inutilità della pena di morte, l’umanizzazione delle pene.
Dopo l’unità d’Italia, i vari sistemi dei diversi stati furono sostituiti da un unico regolamento, quello piemontese, che non era proprio un modello di civiltà.
Il sistema penitenziario fu modificato, insieme ai codici penali solo nel 1892, le carceri dipendevano dal Ministero della marina, - la parola galera e galeotti, così come bagni penali, suggerisce subito l’idea di qualcosa che ha a che fare con il mare – e poi dal ministero degli Interni, mentre solo durante il fascismo passarono al ministero della Giustizia,  poi dal regolamento Rocco del 1931, insieme al regolamento del personale degli agenti di custodia della stessa epoca, e dalla legge del 1940 per il personale amministrativo e  i direttori.
Tutto cambia invece nel 1975, con la legge n. 354. È  in quell’epoca in quell’anno che ho iniziato il mio lavoro, grosse novità oltre ad  adeguarsi alle regole minime, la grande novità furono il permesso per uscire accompagnato per gravi casi, la funzioni del magistrato di sorveglianza e del tribunale di sorveglianza e ma soprattutto le misure alternative al carcere, cioè una diversa modalità di  scontare la pena, come la semilibertà o l’affidamento in prova ai servizi sociali, la detenzione domiciliare, per detenuti condannati definitivi  in determinate condizioni e con certi presupposti da valutarsi caso per caso, attraverso il cosiddetto trattamento individualizzato. Fu prevista anche una particolare forma di lavoro per i detenuti, cioè all’esterno del carcere. Non mi soffermo sui singoli argomenti per mancanza di tempo.
 All’epoca  questa legge costituì un grosso passo avanti,  anche forse troppo avanzata e sbilanciata nella parte della esecuzione penale, l’inizio fu difficile, sia perché l’ambiente, la società non era pronta per certe aperture, sia   perché poco dopo dovette fare i conti con un sistema penale ancora arretrato, e poi con le emergenze del terrorismo e della criminalità organizzata.
Non solo, ma rimanevano irrisolte le questioni relative ai codici penali, che saranno in parte riviste e modificate solo dopo le emergenze terroristiche e quelle relative alle norme sul personale.

 
Tuttavia erano troppi anni che si rimandava questa riforma, anche perché dopo quasi 25 anni era ora di adeguarsi  prima di tutto alla Costituzione della Repubblica  del 1948, alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950,  e alle regole minime sia dell’ONU sia  Europee, per il trattamento dei detenuti, degli stessi anni ’50 del XX sec.
La legge 354 del 1975 si ispirava direttamente alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950,alle regole minime dell’ONU e Europee sul trattamento dei detenuti sempre degli anni 50 del XX secolo e prima di tutto alla Costituzione della repubblica italiana che era entrata in vigore nel 1948.

    Dalla Costituzione, cito soltanto le regole, che stasera, ci riguardano da vicino
Art. 13 :   la libertà personale è inviolabile . Non è ammessa forma alcuna di detenzione , di ispezione o perquisizione personale , né qualsiasi altra restrizione della libertà personale , se non per atto motivato della autorità giudiziaria e nei soli casi  previsti dalla legge.
 Solo in casi eccezionali di necessità e urgenza , l’autorità di pubblica sicurezza può adottare provvedimenti provvisori di tipo restrittivo , che  però devono  convalidati dalla Autorità giudiziaria entro 48 ore E’ punita ogni violenza fisica e morale sulle persone comunque sottoposte a restrizioni di libertà.  La legge stabilisce i limiti massimi della carcerazione preventiva.
 Art. 27 , 2. 3, 4 :l imputato non è considerato colpevole fino alla condanna definitiva . Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato . Non è ammessa la pena di morte …"      

 Bisognò aspettare il 1976 per il regolamento di esecuzione, poi solo nel 1986 la cosiddetta  legge Gozzini, dal nome del parlamentare relatore, che aggiornava e modificava alcuni articoli e introduceva altre novità come la detenzione domiciliare e i permessi premio. 
Cito l’articolo 1:
L’articolo1  della legge 354 del 1975 stabiliva che il trattamento penitenziario deve essere conforme a umanità  e assicurare il rispetto della dignità della persona, deve essere improntato ad assoluta imparzialità, senza alcuna discriminazione per nazionalità, razza e condizioni economiche e sociali, a opinioni politiche e a credenze religiose.
Premesso che deve essere mantenuto l’ordine e la disciplina, nessuna restrizione può essere adottata se non giustificata da  dette esigenze.
I detenuti devono essere chiamati  per nome( cognome), gli imputati devono essere trattati tenendo presente il principio che  non sono considerati colpevoli fino alla condanna definitiva.
Per i condannati è previsto un trattamento rieducativo, che costituisce l’obiettivo prioritario della legge ed è il linea con la previsione costituzionale della funzione della pena.
La legge 354 e  quella del 1986 ( Gozzini) si caratterizzarono però per:
Misure alternative al carcere, in particolare semilibertà e affidamento ai servizi sociali, e l’affidamento terapeutico per i tossicodipendenti, oltre a detenzione domiciliare, permessi premio
Le misure non furono accolte sempre bene dall’opinione pubblica e  da certa classe politica, si sono verificate molti cambiamenti in senso restrittivo, per soddisfare  il bisogno di sicurezza della gente davanti a certi delitti violenti.
Ovviamente perciò tutto dipende dalla politica dominante e dalla situazione sociale, economica e criminale: non dimentichiamo che in alcune aree del paese: negli anni passati c’erano  il terrorismo, è rimasta invece la criminalità organizzata  sono aumentati i delitti che cerno grande allarme sociale, soprattutto omicidi, violenze alle donne, rapine,  droga e anche delitti commessi al volante.   
Alla legge, segui poi il regolamento di esecuzione: ogni legge tratta i principi generali mentre il regolamento di esecuzione “regola” in particolare le modalità di esecuzione di quei principi.
Poi ci sono tutte le leggi che regolano il trattamento giuridico, economico del personale, i contratti collettivi, e le disposizioni riguardanti le varie categorie,
Come dicevo prima l’obiettivo prioritario è da un lato il mantenimento dell’ordine e della sicurezza, e in questo ambito la rieducazione e la risocializzazione del condannato. Come viene praticamente messa in atto questa funzione? Attraverso l’osservazione e il TRATTAMENTO individualizzato: l’osservazione della persona si attua attraverso colloqui con i vari operatori, educatori, assistenti sociali che operano sull’esterno, psicologi e altri consulenti, medici, polizia penitenziaria., volontari, cappellano, che raccolgono non solo informazioni ma ne studiano il comportamento.
L’osservazione deve durare in genere almeno tre mesi, al soggetto vengono offerte opportunità di partecipazione al lavoro ( quando c’è o comunque ne viene apprezzata la richiesta), attività culturali o sportive, contatti e relazioni con altri detenuti, contatti con la famiglia o altre persone esterne, studio della personalità, comportamento e condotta in carcere,….
Alla scadenza del periodo fissato, se si ritiene di non avere a disposizione gli elementi necessari, l’osservazione viene ancora prorogata, altrimenti si passa alla formulazione di un Programma di trattamento, alla quale partecipano tutti gli attori che prima ho nominato, che formano la cosiddetta equipe di osservazione. Il programma si compone di due parti, nella prima  viene presa nota di tutte e notizie raccolte, dal punto di vista sociosanitario, comportamentale e familiare e nella seconda vengono formulate “ipotesi” di trattamento, cioè gli interventi che si ritengono opportuni per il soggetto, nel campo lavorativo o altre attività organizzate nell’istituto. Vinee inoltre ineserita la previsione di eventuali concessioni di permessi-premio e/o di possibili misure alternative quando ci saranno le condizioni previste per legge. 
Ci sono state altre leggi, che per brevità cito soltanto come la legge c.d.Simeone del 1998, una specie di svuota carceri ante litteram, incrementando la possibilità di applicare  le misure alternative alla detenzione, in articolare l’affidamento in prova, la sospensione della esecuzione della pena disposta d’ufficio quando ricorrano determinate condizioni
Poi ci sono i Regolamenti interni, predisposti da ogni singolo carcere, da una apposita commissione interna e approvati dal Ministero
E poi le CIRCOLARI alle quali in genere nessuno pensa ma che hanno una importanza fondamentale in ogni amministrazione, perché sono ordini ai qauli i dipendenti bob ossono opporsi e dimostrano le linee guida della Amministrazione nei vari momenti.

E arrivo al tema specifico di stasera cioè il DIRITTO ALLA SALUTE e richiamo ancora la Costituzione, che all’ articolo 32 stabilisce:
" la repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e( quindi non solo dei cittadini propri ma dell’individuo in generale) e interesse della collettività e GARANTISCE CURE GRATUITE AGLI indigenti.
 Sono poche parole, sono molto chiare e semplici, ma contengono principi fondamentali : in questo paese il diritto alla salute è considerato degno di tutela da parte dello Stato.
Il diritto alla salute è fondamentale, cioè essenziale sia per l’individuo, non soltanto per il cittadino della repubblica, ma per qualsiasi individuo si trovi sul territorio nazionale; a tutta la collettività, cioè è nel nostro interesse che venga assicurata la tutela di questo diritto, infine, per assicurare la salute di tutti, la repubblica garantisce- è un impegno, un dovere – cure gratuite a chiunque non abbia i mezzi economici per pagare terapie, analisi, ospedali
Il servizio sanitario in carcere, così come lo intendiamo oggi, non ha una lunga storia, perché comincia appena dal 1931, con il Regolamento emanato in quell’anno, dove si prevede la presenza all’interno del carcere, di un medico. L’art.304 stabiliva che “ per ogni stabilimento ( così si chiamavano all’epoca), sono nominati uno o più medici….”, mentre al successivo art. 307 era prevista la possibilità di nominare farmacisti per la preparazione e la distribuzione dei medicinali.
Non si pensava tuttavia che la salute fosse un diritto, come invece avverrà del dopoguerra.
La tutela della salute, infatti diventa un diritto sociale, solo nel dopoguerra e appena nel 1946 si costituisce l’Organizzazione mondiale della sanità; nell’atto costitutivo viene detto che il possesso del migliore stato di sanità che si possa raggiungere costituisce uno dei diritti fondamentali di ciascun essere umano, qualunque sia la sua razza, la sua religione, la sua opinione politica e le sue condizioni economiche e sociali. I Governi hanno la responsabilità della sanità dei loro popoli…”.
E’ qui che arriva la nostra Costituzione con l’art.32 citato e però poi solo dieci anni dopo nel 1958 viene istituito il Ministero della Sanità e bisognerà aspettare poi il 1978 per l’istituzione del Servizio sanitario nazionale.
Nel frattempo erano intervenute anche le regole minime per il trattamento dei detenuti, l’articolo che riguarda i servizio sanitario penitenziario recita a un certo punto che: “ i servizi sanitari operano in stretta relazione con il servizio sanitario della comunità nazionale”.
Le leggi sul servizio vanno anche messe in rapporto con quelle del personale medico e paramedico, legge del 1970 n.740 e poi i cosiddetti medici incaricati provvisori, cioè non inseriti nell’organico di ruolo del Ministero, che erano tali solo sulla carta, in quanto la provvisorietà poteva durare una vita, in attesa del concorso.  Ma anche all’ordinamento penitenziario, alla sicurezza dell’istituto, alle leggi sul personale di polizia penitenziaria e ai quelli del direttore dl quale si dipende.
Solo nell’’86 si arriva alla legge Gozzini, nel ’89 alla riforma del codice di procedura penale, e nel ’90 alla riforma del personale di custodia.
La legge 354/75, comunque, confermava il servizio sanitario penitenziario di competenza del ministero della giustizia, pur adeguandolo alla Costituzione e alle regole minime.
Al servizio sanitario veniva dedicato un lunghissimo articolo, l’11 che cerco di riassumere nelle parti più importanti:
Ogni istituto dispone di un servizio medico e farmaceutico, cioè la presenza di un sanitario ( e teoricamente di un responsabile della farmacia affidata invece allo stesso medico) in ogni istituto penitenziario e una farmacia.
Lo stesso articolo prevede espressamente la necessità di poter avere uno specialista in psichiatria.
Quando c’è sospetto d malattia psichica, vengono adottati i provvedimenti del caso, nel rispetto delle norme concernenti l’assistenza psichiatrica.
E’ interessante inoltre citare – per quello che poi verrà dopo - la disposizione dello stesso articolo dove si dice che l’A.P. per l’organizzazione e il funzionamento dei servizi sanitari, può avvalersi della collaborazione dei servizi pubblici sanitari locali, ospedalieri, extra ospedalieri, d’intesa con la Regione e secondo gli indirizzi del Ministero della sanità.
Mi sembra che in questa frase ci sia già una previsione di quello che poi succederà dopo, con il servizio sanitario nazionale ma andiamo con ordine.
All’atto dell’ingresso  tutte le persone vengono visitate  e poi periodicamente controllate, c’è anche attenzione per le donne detenute per le quali si prevedeva un particolare servizio per puerpere e gestanti, oggi non vengono arrestate e fruiscono di misure come arresti e detenzione domiciliare, e per i bambini fino a tre anni che possono stare con le madri, sono previsti possibilità di creare asili nido, in linea di massima ho sempre cercato di convincere le madri ad affidare i bambini ad altre persone all’esterno.
I detenuti possono essere autorizzati ad essere visitati da un medico di fiducia.
Le Asl devono visitare le carceri almeno una volta all’anno per verificare le situazioni igienico sanitarie e riferire al ministro , al magistrato di sorveglianza e indicare i provvedimenti da adottare.
La legge istitutiva del servizio sanitario nazionale, del 1978, nel prevedere che la salute è un diritto dell’individuo e come tale va tutelato, non faceva alcun cenno esplicito alla salute delle persone in carcere.
Comunque il problema cominciò ad essere affrontato anche perché non era necessaria una previsione esplicita, era sufficiente  già la previsione generale relativa della Costituzione.
C’erano problemi organizzativi da affrontare  e non solo,; la medicina penitenziaria non è solo medicina, ma una medicina che opera in un ambiente particolare, che può anche costituire una causa scatenante di molte patologia, inoltre ci sono motivi legati alla posizione giudiziaria del soggetto, per cui ad esempio, le decisioni mediche relative a una particolare terapia o una visita in ambiente ospedaliero, salvo casi di imminente pericolo di vita, necessita di particolari autorizzazioni, poi ci possono essere motivi di sicurezza dei quali il medico non sa e non può sapere. Cosa prevale in questi casi, il diritto alla salute o l’esigenza della sicurezza?
Quante volte si son verificati casi di evasioni dagli ospedali?
Vi è un aspetto medico-legale per il continuo contatto con la magistratura e con la direzione del carcere e perché una determinata malattia può influire sulla posizione del soggetto, addirittura sulla scarcerazione o su misure alternative.
Il medico penitenziario fa parte del consiglio di disciplina, perché per le sanzioni di esclusione dale attività in comune e isolamento e permanenza all’aperto da solo, è necessario un parere medico.
Il medico penitenziario partecipa al  trattamento, fa parte dell’equipe di osservazione e trattamento.
Negli anni ’80 del XX sec. Il Ministero istituì, con una serie di circolari interne, il servizio di guardia medica prima solo notturna, poi, nei grandi complessi penitenziari, anche diurna e che poi fu chiamata SIAS, servizio integrativo di assistenza sanitaria, allo scopo di coprire il più possibile l tema della salute delle persone affidate alla sua custodia, e successivamente il Servizio Nuovi giunti, più di tipo psicologico, per accertare eventuali problematiche e la possibilità o meno di azioni autolesionistiche e/o suicidi e quindi poter disporre una adeguata sorveglianza.
Ovviamente tutto questo richiedeva molti soldi, e negli ultimi anni i servizi sono stati ridimensionati.
Mancavano poi gli infermieri, pochi quelli di ruolo facenti parte degli organici, e ricorso perciò ad assunzioni provvisorie quando si riusciva a trovare qualcuno disponibile, in genere qualche pensionato e qualche giovane appena uscito dalla scuola, che appena possibile scappava.
In molti casi, io ma anche qualche altro collega, ha dovuto far ricorso alla Croce Rossa.
Grandi dibattiti e  discussioni, per anni, sulla possibilità del passaggio al servizio sanitario nazionale, proprio perché la materia, per i motivi che ho esposto prima, si presentava complessa.
Solo nel 1998 si arrivava a una legge delega al governo per la razionalizzazione del servizio sanitario nazionale e la migliore organizzazione e del servizio¸ all’art. 5 veniva previsto il riordino della medicina penitenziaria.
Quindi nel 1999 si arriva al D.Lgs. 230,  che prevedeva il passaggio del servizio sanitario penitenziario al servizio sanitario nazionale e quindi alle ASL e quindi alle Regioni, e il passaggio di tutto il personale sanitario e infermieristico alle ASL e alle Regioni tutto il capitolo di bilancio, cioè i fondi, e le attrezzature, fino ad allora gestite dal Ministero della Giustizia.
Si iniziò tra mille polemiche e difficoltà con una sperimentazione su tre Regioni, cioè Lazio, Puglia e Emilia Romagna…., La sperimentazione è durata 10 anni, da quanto ne so dal 2008 il servizio è passato alle regioni e alle ASL
Dal giugno 2008 il servizio è passato al SSN cioè alle Asl dove sono transitati medici e infermieri.
Sono stati previsti veri livelli cioè se ogni istituto deve avere un presidio sanitario, l’entità del presidio è in rapporto alla grandezza del carcere.
Fino a 200/250 detenuti servizio non continuativo, servizio di guardia medica e  alcune prestazioni specialistiche più richieste, ad es. dentista.
Il secondo livello riguarda gli istituti con presenze superiori a 250 , il servizio giornaliero è continuativo sulle 24 ore e sono presenti alcune strumentazioni di base per esami diagnostici  semplici per evitare di andare all’esterno.
Il terzo livello riguarda la presenza di centri clinici  per interventi chirurgici e ospedali psichiatrici, che però ora saranno aboliti Tutta questa organizzazione è soggetta a continui aggiornamenti e  modifiche .
 Come ha funzionato, da quello che so, con qualche difficoltà. Tutti i medici penitenziari sono transitati nelle ASL e per gli specialisti provvedono direttamente le stesse aziende.  E’ rimasto il medico  all’interno del carcere, responsabile anche se alle dipendenze amministrative dell’ASL, cosi come infermieri preesistenti, o che per la guardia medica c’è ancora qualche problema
Quali sono quindi i cambiamenti avvenuti: Premesso che c’+ sempre una responasbile sanirtairo e che le funzioni sono sempre quelle, il cambiamento riguarda l’aspetto organizzativo in reazuone alle sesigenze localiSoprattiuuto per gli SPECIalisti, mentre prima si andva avanti con convenzioni, accordi individuali e contratti in base alle prestazioni e a un elenco di prestazioni, ad es.  i Dentista, oggi per tutti gli specilisti provvede l’ ASL  Per i ricoveri esterni dovrebbero esserci reparti cosiddetti protetti………
Dalle notizie assunte, tranne questi cambiamenti organizzativi, nulla altro è stato cambiato, anzi sembra che la riorganizzazione  non è ancora stata ultimata, procede a macchia di leopardo, tranne le regioni Emilia Romagna , Toscana e Lazio: in Lombardia e Veneto ad es.  si sta ancora ultimando, ma molto dipende dalle ASL .
Tranne però questa Regione, il FVG è ed è stato sempre molto in ritardo sulle questioni riguardanti gli istituti penitenziari, da quel che ho saputo,  c’è stata una sola riunione in questo senso e poi tutto è passato in secondo piano. Ma la Regione FVG è molto indietro nei rapporti con il sistema penitenziario, da sempre e in quasi tutti i settori,( formazione professionale, attività culturali, ecc.),di competenza.
Anche in questo caso perciò non c’è da aspettarsi che il passaggio avvenga a breve.
Per quanto riguarda i servizi psichiatrici, faccio solo presente che già dai primissimi anni ’80 del XX sec., solo a Trieste, e non poteva essere diversamente, era stato attivata una collaborazione, a titolo gratuito, dei Centri di Salute mentale e il carcere, cosa che invece non mi è stata possibile in altri istituti né del veneto e neanche a Gorizia pochi anni fa. Lo stesso vale per l’assistenza ai tossicodipendenti.   
A proposito del servizio psichiatrico, con legge del 2012 è stata fissata la chiusa degli OPG a quest’anno,2013, nel mese di marzo, e la loro contemporanea sostituzione per ogni Regione di analoghe strutture. Ma penso che, visti i precedenti e gli ostacoli di varia natura, anche politica, la crisi economica , le solite discussioni, mettono in dubbio la pratica attuazione almeno per il momento della chiusura stabilita e sicuramente ci saranno proroghe ecc. ma meglio di me potrà parlarne….
D’altro canto come si diceva prima il passaggio al servizio sanitario nazionale e alle ASL ha richiesta 10 anni e perciò anche in questo caso non c’è da attendersi che si faccia subito.
Soprattutto in questa  Regione Friuli Venezia giulia, dove, come dicevo, non è stato attuato neanche il passaggio al servizio nazionale.
Per finire devo dire che la crisi economica coinvolge anche il carcere che come tutta la pubblica amministrazione sta subendo ormai da anni tagli pesantissimi, in tutti i settori, cosi ad es. riduzione delle ore di lavoro per i detenuti perché non si possono più pagare, abolizione di generi di igiene personale che non è più possibile fornire, riduzione delle spese per la costruzione ma anche la ristrutturazione di istituti, ma anche semplicemente per pitturare gli ambienti e per la manutenzione di apparecchiature di sicurezza, riduzione delle spese per la benzina dei mezzi di trasporto, e anche per la loro manutenzione, riduzione anche nel settore delle spese per il personale.
Per concludere questo lungo intervento una rapida occhiata agli istituti della regione FVG
 5 istituti: Trieste, Udine, Pordenone, Tolmezzo, Gorizia, tutti erano e sono ancora classificati come case circondariale cioè accolgono detenuti in attesa di giudizio definitivo o condannati a una pena non superiore a tre anni.
Secondo una circolare recentissima del gennaio 2013, Tolmezzo sarà solo AS, mentre Gorizia  sarà soppresso ed era anche ora, anche se  da quanto si sa  sono stati previsti un milione di euro, per ristrutturazione.
. Io l’avevo proposto già  nel 2006, subito dopo l’ultimo condono.
Il carcere più nuovo in regione è Tolmezzo, che ospita un reparto di alta sicurezza, è costruito negli anni ’80 del 900,  con una capienza di circa 200/250 posti, all’epoca ci furono molte proteste della popolazione, ma c’era un tribunale e allora si fece;   oggi il bello è che dicono di sopprimere il tribunale   Il più antico è Pordenone, ospitato nel vecchio castello del XIII secolo, sembra di Ezzelino da Romano, una capienza di circa 60/70 posti, in pieno centro cittadino, nella piazzetta davanti ci fanno il mercato settimanale,
dopo quasi trent’anni di discussioni c’è stato finalmente un accordo tra Ministero, Regione e comune e dovrebbe essere costruito uno nuovo.
Trieste e Gorizia presentano più o meno a stessa struttura, di origine asburgica fine ‘800 o inizi ‘900, collegati entrambi al Tribunale attraverso in sotterranei, sviluppano solo in altezza,: ovviamente Gorizia è molto più piccolo aveva una capienza di circa 80/90 posti, oggi ridotti a  forse 40, rispetto a Trieste che va sui 150 circa, Trieste è stato ristrutturato negli anni 90 del 900, Gorizia è virtualmente soppresso ma ho saputo che sono stati stanziati fondi, circa un milione di euro, er una superficiale ristrutturazione. A mio parere soldi buttati.
Poi c’è Udine di cui non so bene l’origine m a credo sia degli anni del fascismo, con una capienza di circa 150 posti, recentemente ristrutturato.