martedì 17 dicembre 2013

Progetto università terza età: storia delle prigioni e delle pene


Estratto-riassunto del 6° e ultimo incontro


polizia penitenziaria
Arriviamo al 1990, con legge 395 nasce il Corpo di polizia penitenziaria che sostituisce il vecchio corpo degli agenti di custodia. Nella stessa legge, l’articolo 40, equipara il trattamento giuridico ed economico dei direttori a quello dei funzionari di polizia. E’ un primo passo verso una necessaria riforma anche del personale non solo direttivo, che arriverà al compimento solo nel 2001 e 2005.
Nasce perciò il Dipartimento Amministrazione Penitenziaria ( DAP ), che ha a disposizione  un corpo di polizia, la polizia penitenziaria.  In periferia vengono istituiti i Provveditorati regionali, le scuole di formazione, gli istituti penitenziari, gli Uffici per l’esecuzione penale esterna gestiti dai servizi sociali del DAP, una volta c’erano i centri clinici e  gli ospedali psichiatrici giudiziari, che dovrebbero essere chiusi e le competenze trasferite al Servizio sanitario nazionale e alle Regioni.
Questa Regione, come al solito su questi temi, è in ritardo.
Oltre al personale di polizia penitenziaria, operano nel DAP, e nelle sedi periferiche, anche personale amministrativo, educatori, medici, generici e specialisti come psichiatri, e infermieri, cappellani di rito cattolico, assistenti sociali, consulenti psicologi, criminologi, ecc..; il carcere è poi collegato con gli altri Enti locali, in primis Regione, poi Comune e Provincia, e ASL per i servizi sanitari specialistici ,per i tossicodipendenti e altro.
La Polizia Penitenziaria ( abbreviata PolPen ) è un corpo di polizia a ordinamento civile, con competenze in materia di sorveglianza e trattamento detenuti, sicurezza degli istituti penitenziari e sedi del ministero della giustizia, traduzioni e piantonamenti, ordine pubblico su chiamata del prefetto e altro.
Detto ciò, stasera accenniamo agli istituti della Regione. Sono 5: Trieste, Udine, Pordenone, Tolmezzo, Gorizia, tutti erano e sono ancora classificati come case circondariale cioè accolgono detenuti in attesa di giudizio definitivo o condannati a una pena non superiore a tre anni. Tutti dipendono dal Provveditorato Regionale del Triveneto con sede a Padova e che comprende anche il Veneto e il Trentino Alto-Adige.
Tolmezzo
Secondo una circolare recentissima del gennaio 2013, Tolmezzo dovrebbe essere solo AS, mentre Gorizia  doveva essere soppresso ed era anche ora, ma invece sembra che sarà in parte ristrutturato con un milione di euro. Scelta quanto meno singolare dal momento che comunque sarà un edificio non rispondente i criteri normativi e soprattutto perché  qualche anno fa si disse che per ristrutturarlo occorrevano circa 10 milioni!
Il carcere più nuovo in regione è Tolmezzo.
Le prime notizie storiche di Tolmezzo si hanno verso la fine del primo millennio, in un documento compare col nome Tulmentium ed è inclusa tra i feudi del Patriarcato di Aquileia, ma  probabilmente però la cittadina è più antica, si pensa abbia avuto origine da un piccolo borgo risalente all'epoca preromana. Nel 1356, Tolmezzo divenne la capitale della Carnia, sempre dipendente dal Patriarcato, mentre  nel 1420, come tutta la Regione, è annessa alla Repubblica di Venezia., Nel 1797, alla la caduta della Repubblica di Venezia e con il trattato di Campoformio il Friuli e la Carnia passarono all' Austria. Nel 1866, dopo la III guerra di indipendenza, la Carnia ed una parte del Friuli entrarono a far parte del Regno d’Italia
 Il carcere di Tolmezzo è stato costruito alla fine degli anni ’80 e inizi ’90 del XX secolo. All’epoca ci fu una grossa opposizione in tutta la regione alla costruzione di un carcere nuovo, e sono stati impiegati molti anni per la sua edificazione. Ricordo infatti che se ne cominciò a parlare e far progetti a metà anni ’80. In effetti non sembrava necessario avere un altro carcere in questa regione che per fortuna non ha una criminalità grande, ma il problema era dovuto al fatto che a Tolmezzo c’era un tribunale con una procura della repubblica e quindi il nostro sistema giudiziario penale esigeva la esistenza di un carcere presso il tribunale. Oggi però pare che il Tribunale di Tolmezzo è o sarà chiuso, e ci sono le solite proteste. Se fosse per me ci sarebbe da chiudere anche quello di Gorizia.
Tolmezzo intanto, visto che non c’è questa grande necessità, ospita un reparto di alta sicurezza,  con una capienza di circa 200/250 posti, e ha portato grandi benefici economici a tutta la zona.
Pensate all’indotto, che una struttura come questa, cosi come anche un tribunale, un ospedale, una caserma, può avere. 
 Il più antico è Pordenone, ne avevamo già parlato ospitato nel vecchio castello del XIII secolo, di cui abbiamo già parlato in precedente incontro, una capienza di circa 60/70 posti, in pieno centro cittadino, dopo quasi trent’anni di discussioni c’è stato finalmente un accordo tra Ministero, Regione e comune e dovrebbe essere costruito uno nuovo ma da quel che so , al momento non è stato fatto niente,  d’altro canto non ci sono soldi…..
Pordenone, la Rocca
Pordenone, è un carcere fatiscente che conosco bene avendoci anche lavorato, e che aspetta dall’anno del terremoto del Friuli, 1976, di essere sostituito, pare che da poco sia stato trovato un terreno, una ex caserma abbandonata, per farne uno nuovo, ma con la crisi economica attuale, sarà difficile un lavoro in temi rapidi.  Il castello, o meglio la Rocca,- dicono gli storici locali- “ è quell'ibrido ed informe fabbricato che vedesi oggi, ridotto ad uso carceri”.  Oggi contiene una 70  detenuti con un reparto particolare per persone che hanno commesso reati di violenza su donne e bambini.   "Costruito su di un'altura ad oriente del primitivo insediamento abitativo”, la Rocca fu edificata dopo il 1270 da un certo Ulrico Filippo di Carinzia, a completamento del sistema difensivo, contro i possibili attacchi provenienti dal Patriarcato di Aquileia.
Non si hanno molte notizie della città in epoca romana, poco documentata: il nucleo urbano doveva trovarsi, secondo gli storici, nel luogo dove oggi sorge la frazione di Torre, scelto probabilmente per la presenza più a nord di un ampio guado fluviale e  anche probabilmente di un piccolo porto fluviale.  La città, nel medioevo, si sviluppò sulla sponda destra del fiume Noncello, presso una insenatura che approfittava di una "MOTTA" (collinetta, terrapieno). Si noti che il castello si trova oggi a piazza MOTTA.  Nel successivo periodo medioevale, la città divenne patrimonio personale degli Casa d'Austria, mentre all’inizio del XVI secolo,  Pordenone e i territori limitrofi passarono sotto il diretto controllo della Repubblica di Venezia e vi rimasero per più di due secoli e mezzo. Caduta  Venezia e dopo il trattato di Campoformio, Pordenone fu annessa al Lombardo Veneto. Nel 1866 fu annessa al Regno d’Italia.
Il castello ospitò per secoli il "capitano cesareo" asburgico, in seguito, con la Repubblica di Venezia, il castello fu sede dei Provveditori-Capitani veneziani. Fu cenacolo di letterati nel primo Rinascimento; decadde nel 1600-1700;  in seguito abbandonato agli usi più strani. Nel periodo della dominazione austriaca fu drasticamente ristrutturato e trasformato in carcere. Destinazione che conserva ancora oggi. Neanche il terremoto del ’76, che in Friuli ha prodotto grossi danni e morti, ha toccato il castello. Solo qualche piccola lesione ma niente di  straordinario, neanche fosse stato costruito con materiale antisismico.
Oggi è sempre là,  e dopo che se ne parlava da circa 30anni, sembra si sia trovato uno spazio –   la solita caserma abbandonata nella zona di S. Giovanni al Natisone, per costruirne uno nuovo, solo che ora è intervenuta la crisi economica con pesanti tagli anche in quel settore..
Udine
Poi c’è Udine di cui non so bene l’origine: ha una struttura completamente diversa da Trieste e Gorizia, per cui sicuramente non è austriaca, non è un vecchio castello come Pordenone e non è moderna come Tolmezzo.
Capitale della regione storica del Friuli, risulta citata per la prima volta in occasione della donazione del castello cittadino da parte dell' imperatore Ottone II nel 983. Divenne, poi, una delle residenze dei Ptriarchi di Aquileia.Dal 1420, fu sotto il dominio Di Venezia fino al trattato di campo formio che la pose sotto l’Austria. Nel 1866,  ci fu l'annessione all’Italia.
La struttura che ha, dovrebbe essere tra il primo e il secondo dopoguerra,  ormai circondata da abitazioni private. Ha una capienza di circa 150 posti, ed è stato recentemente, da pochi anni, ristrutturato, ma anche qui sono state avanzate critiche per soldi spesi male.. 
Nel circondario troviamo anche le ex case mandamentali,  carceri piccole, dipendenti in generale dalle antiche Preture,…… ad es. a Maniago, a S. Vito al Tagliamento, a Codroipo e a Palmanova, nei mandamenti, il circondario delle preture, erano detenuti o in attesa di giudizio o quelli che dovevano scontare una pena non superiore a un anno. Oggi sono stati tutti chiusi, anche perché le Preture non esistono più
Trieste e Gorizia presentano più o meno a stessa struttura, di origine asburgica inizio ‘900, collegati entrambi al Tribunale attraverso in sotterranei, sviluppano solo in altezza,: ovviamente Gorizia è molto più piccolo aveva una capienza di circa 80/90 posti, oggi ridotti a  forse 40, rispetto a Trieste che va sui 150 circa, Trieste è stato ristrutturato negli anni 90 del 900, con molti miliardi delle vecchie lire – soldi buttati - ma non ha raggiunto gli standard previsti dalla vigente normativa.
Un accenno particolare a Trieste, alla costruzione del palazzo di giustizia e del carcere del Coroneo. 

Caserma e stalle militari austriache 1890
Trieste è diventata italiana nel 1918, neanche un secolo fa, e successivamente nel 1954, quando il GMA, il governo militare alleato cedette i poteri alla amministrazione italiana. Trieste è antica, prima era Tergeste, piccola colonia romana del I° sec. a. C., raccolta intorno al colle di S. Giusto, luogo di brevi soste e di passaggio da e per le regioni dell’Istria  per i ricchi romani che andavano e venivano dalle ville in Istria e Dalmazia. I pochi abitanti, che vivevano nel piccolo, ma già pensavano in grande, si costruirono il loro teatrino, e altri edifici, come testimoniano i reperti archeologici.  La città più importante dell’area era, invece, Aquileia, fondata proprio per presidiare il territorio di confine e poi sede di importante Patriarcato- che governava, come abbiamo visto su quasi tutto il Friuli - , per non parlare poi, di Venezia.
Con la Repubblica di S. Marco, il libero Comune medioevale di Tergeste ebbe diversi conflitti e non volle cedere, preferendo, nel 1382,  “darsi” al Duca di Asburgo d’Austria.
La città non ebbe una grande storia, restò una piccola realtà marinara fino al 1718, anno in cui fu creata, dall’imperatrice Maria Teresa, la zona franca extra/doganale, il Porto franco.
Una occhiata alla costruzione del carcere e del palazzo di giustizia poi vedremo delle foto che mi sembrano interessanti.   Siamo nel 1895, la città fa parte dell’impero Austriaco.


Sartoria e polizia civile
Trieste,basket
La Dieta Provinciale di Trieste,( corrisponderebbe oggi alla nostra Prefettura, nel febbraio di quell’anno richiedeva,  all’I. R. Presidenza del Consiglio dei Ministri, per motivi umanitari, "la costruzione di un nuovo Palazzo di Giustizia, con annesse carceri

inquisizionali ( probabilmente giudiziarie) ", la proposta era quella di costruire un  complesso edilizio unitario destinato ad accogliere gli uffici giudiziari e carceri, prima sparsi in città, in via Santi Martiri (attuale Duca d'Aosta), via della Sanità (via A. Diaz), e l'archivio dei Libri Tavolari nel vecchio palazzo Bordeaux.  La costruzione doveva avvenire cosi come poi è stato in un area che all'epoca era chiamata piazza dei Foraggi, o del Fieno, delimitata dalle vie Fabio Severo, Coroneo, della Crociera (attuale via Zanetti) e della Fontana (oggi via Rismondo), ed in cui erano situati una serie di costruzioni di utilità pubblica (macelletto, lavatoio) o fondi locati a ditte private. Le carceri dovranno essere costruite nell'area retrostante via della Fontana (che in quel tratto verrà a scomparire) ove si trovavano la caserma dell'ex Gendarmeria e stalle militari. La proposta veniva accolta con una certa sollecitudine, e comunicata alla Giunta Provinciale il 16.04.1895: neanche due mesi, non proprio come succede oggi.  I lavori di costruzione del Coroneo saranno ultimati nel 1913 e i primi detenuti vi entreranno il 4 luglio 1914, pochi giorni prima dell’inizio della prima guerra mondiale, che inizierà il 28 luglio, con la dichiarazione di guerra alla Serbia.  I lavori relativi al palazzo di giustizia, invece, subiranno ritardi per problemi di carattere burocratico e finanziario nei rapporti tra il governo dell'Austria e le istituzioni cittadine, capitanate all’epoca dal magistrato civico Ferdinando Pitteri, e saranno iniziati nel 1912 e poi interrotti per lo scoppio della prima guerra mondiale. Il progetto sarà ripreso alla fine della guerra e sarà ultimato soltanto negli anni '30.tra il carcere e il palazzo di giustizia esistono passaggi sotterranei che consentono di tradurre direttamente i detenuti nelle aule.
Da Domizio Ulpiano, un giurista d’epoca romana imperiale, prese il nome la nuova piazza antistante il palazzo, che prima era detta piazza del Fieno o "dei Foraggi".
Trieste, nel secondo dopoguerra è stata occupata da truppe alleate anglo-americane fino al 1954: alcune foto dell’epoca, che vedete, portano anche la scritta in inglese e furono ritrovate durante la pulizia degli archivi, così come quel regolamento del 1931 con il timbro “ Headquarters, Venezia Giulia Police Force, Prisons Divisions”.
Gorizia è dello stesso periodo del Coroneo,  è più piccolo ed è legato al palazzo di giustizia, come Trieste, ha un passaggio interno, diretto con l’aula del tribunale.
Il primo documento relativo alla contea di Gorizia  secondo gli storici è del 1107, mentre il nome della città appare, per la prima volta, in un diploma imperiale del 1001, quando  l’imperatore Ottone III  donò al patriarca Giovanni di Aquileia la metà del castello e della villa  “ que Sclavorum lingua  vocatur Goriza”( W.Baum, I conti di Gorizia, Libreria editrice goriziana).
Sulla origine della famiglia dei conti di Gorizia le notizie sono frammentarie, ma con ogni probabilità era originaria della Baviera o del Tirolo. Il territorio della Contea era molto vasto, si estese dal Tirolo alla Carinzia, dalla Venezia Giulia, tranne Trieste, alla Dalmazia, venendo spesso in contrasto con il Patriarcato di Aquileia per il controllo e il possesso dei territori intorno a Gorizia e della vallata del Vipacco  I Conti di Gorizia avevano fatto il possibile per mantenere una certa autonomia e indipendenza, nel corso del tempo avevano dovuto subire il vassallaggio della vicina Austria e degli Asburgo barcamenandosi tra poi tra Aquileia, protetta dall’impero e le mire espansionistiche di Venezia. Nel 1500, all’alba del nuovo secolo, la Contea di Gorizia cessò di esistere: l’ultimo rappresentante della dinastia, Leonardo,  morì senza figli. In base a un trattato stipulato con gli Asburgo, tutte le terre, i castelli, i paesi e le città della contea, Cormons, Codroipo, Savogna e Gradisca  passarono sotto l’Austria. Gorizia fu annessa al regno d’Italia nel 1918.
Eco di Gorizia
Gorizia ha avuto una evasione, nel 2005….. e poi anche un tentativo, ecco come la raccontavano sull’Eco , il giornale dei detenuti:
Questa è la storia di un ventenne sloveno, arrestato in gennaio di quest’anno – 2005 – per immigrazione clandestina, passeur di due clandestini.
Appena arrivato, tutti si sono chiesti chi poteva averlo arrestato visto che non era proprio a posto con la testa. Si scoprì che non era la prima volta che veniva arrestato, così la condanna non fu proprio mite:  due anni e dieci mesi.
Questo giovane, oltre a essere rimasto a pagina dodici con la testa (?), aveva anche il brutto vizio di tenere sempre le dita nel naso, era sempre “ onto e bisonto”, parlava a vanvera, rideva da solo; insomma, secondo tanti non doveva stare in carcere, ma in tutt’altro istituto.
Lo hanno aiutato tanto i compagni di cella e non. Ha lavorato un paio di volte come scopino( il lavoro è rotativo, si cambia ogni 15 giorni.
Credo che nessuno mai e poi mai avrebbe pensato che   …… potesse evadere e anche se lo avesse confidato a qualcuno, chi avrebbe dato ascolto a “……. il matto”?
interni
Così, con il coraggio e la fortuna dei “matti”, …… ha scavato un buco nel muro ( del genere fuga da Alcatraz) e, con due compagni di cella, anche loro stranieri, se ne sono andati,incuranti del rischio e delle conseguenze.
Come tutte le storie, questa dovrebbe essere alla fine,c’è però un ma, da quello che si è visto e sentito alla tv, gli evasi sono ricercati anche in Slovenia. Senza soldi credo che per loro sarà dura nascondersi a lungo.
Conoscendo …… poi  combinerà sicuramente qualche disastro dei suoi soliti, e così la storia ricomincerà
Morale della storia: non c’è niente di avventuroso in questa evasione e quelli che sono fuggiti non sono eroi, ma tre disgraziati veri!
Le restrizioni e  le conseguenze per gli altri detenuti di via Barzellini, che scontano la propria pena, sono notevoli. Questi ultimi vorrebbero chiudere i conti con la giustizia e non scapperebbero nemmeno se trovassero le porte spalancate.
Ma questa è un’altra storia !” di F. M.

Letture e fonti:
Tutti i siti Internet relativi a carcere, prigioni, DAP e polizia penitenziaria.
Dei delitti e delle pene” di Cesare Beccaria
Il carcere in Italia” di Aldo Ricci e Giulio Salierno, ed. Einaudi, Nuovo politecnico 47
Sorvegliare e punire” di Michel Foucault, ed. Einaudi,Paperbacks.
Pene e strutture sociali”di Georg Rusche e Otto Kircheimer, ed.Il Mulino
“ Il codice Penitenziario”di Renzo Alessandri e Giulio Catelani, ed. Laurus Robuffo

 

 





 

 

giovedì 12 dicembre 2013

Progetto università terza età" Storia dell eprigioni e delle pene"

Estratto riassunto del 5° incontro su: la storia delle prigioni e delle pene



Stasera parliamo della situazione italiana,  partendo dall’unità, cioè dopo il 1861.
Brevemente, perché è una storia che conosciamo tutti, in Italia c’era stato il periodo del Risorgimento, l’Austria perde il ruolo egemone, gli Stati preunitari erano stati poi annessi al regno di Sardegna e a marzo 1861 era stato proclamato il regno d’Italia.
Si è fatta strada però e ne farà ancora di più, il concetto di pena detentiva, anche se restava in vigore per ora  anche la pena di morte per alcuni reati più gravi: soprattutto nei primi anni dell’unità c’è il fenomeno del brigantaggio e con la legge Pica si fucilano per strada tutti quelli appena appena sospetti. L’unico stato preunitario che aveva abolito da tempo  nel 1786,  la pena capitale era stato il Granducato di Toscana.
Prima di andare avanti bisogna anche accennare a due istituzioni particolari nel campo penitenziario, cioè il carcere militare e quello per minori.
Carcere militare
All’ epoca preunitaria si fa risalire la istituzione del carcere militare, al quale faccio un breve accenno perché non è la materia mia.

Nel regno di Sardegna, in particolare in Piemonte, già nel XVIII secolo c’era una fortezza, quella di una località tra le montagne, FENESTRELLE, usata come luogo di detenzione degli ufficiali condannati, appunto, in fortezza e degli oppositori politici del governo che in quel momento governava la fortezza, fossero essi laici o religiosi., vi furono rinchiusi gli oppositori di Napoleone e poi, in seguito ai primi moti risorgimentali, anche ospitò anche ufficiali di ideali mazziniani.
In base a un “ Editto Regio penale militare marittimo” firmato nel 1826 dal re di Sardegna Carlo Felice,- dove si stabilivano tribunali militare, pene e sanzioni, la catena militare marittima non è altro che la detenzione militare.-  fu costituita a Genova la “ catena militare “, cioè il carcere dove scontare la  reclusione per i marinai della flotta militare rei di diserzione, insubordinazione e altri reti di tipo militare.
Finestrelle
Finestrelle ha avuto un momento fi notorietà un paio d’anni fa in occasione dell130 anni dell’unità, quando , nell’ambito delle discussioni storiche Nord/Sud si è anche parlato della prigionia di tutti quei  soldati di quegli eserciti degli stati preunitari,che si erano opposti al Regno di Sardegna prima e a quello d’Italia, in particolare tra neo borbonici  che parlavano di trattamento disumano e altri storici di opposta tendenza ( Barbero e Villari), che negano quel tipo di trattamento.
Dopo l’unità Il Comando  degli Stabilimenti Militari di Pena, fu istituito con specifico Decreto Ministeriale n. 242 in data 12 dicembre 1873 per riorganizzare l’intero settore della reclusione militare e gli istituti militari di detenzione che erano fino a XX secolo , Peschiera del Garda, Forte Boccea a Roma, Cagliari, Palermo, Torino Bari,  Gaeta. In quest’ultima sede fu ricostruito il comando dopo l’ultima guerra.
Oggi la detenzione militare è affidata alla Organizzazione penitenziaria militare (O.P.M.) che si occupa della gestione del trattamento penitenziario dei detenuti ristretti presso gli istituti di pena militari, limitati  all’unico rimasto cioè S. Maria Capua vetere, provincia di Caserta..
Nel carcere militare oggi non  ci finiscono i soli appartenenti alle forze armate per reati di tipo militare, ma gli appartenenti alle forze dell'ordine possono scegliere al posto del carcere civile quello militare anche se sono stati condannati per reati non inerenti al codice penale militare, per ovvii motivi di sicurezza personale. Ne ho avuta diretta esperienza, avendo svolto una indagine disciplinare su un poliziotto penitenziario condannato per droga e altro che era detenuto proprio a S. Maria Capua vetere..
Nell’unico carcere militare rimasto si applicano per quanto compatibili, tutte le norme dell’ordinamento penitenziario civile,

Carcere minorile

Il carcere minorile, anche detto riformatorio, ha una sua storia. Si ha notizia infatti della istituzione di case di reclusione specializzate già a partire dalla metà del XVII secolo, ad es. con la fiorentina Casa dei Monellini, il cui nome fu poi mutato in Casa di correzione per i ribelli all'autorità paterna. A  Roma sorse nel 1703 il San Michele, che doveva mirare  a «correggere attraverso l'insegnamento, la pratica della religione e l'apprendimento di qualche arte meccanica». Oggi a Roma c’è l’istituto di Casal del Marmo,  a Napoli quello di Nisida.
I riformatori sono stati soppressi nel 1988. I minori di 14 anni non sono penalmente perseguibili, mentre gli infra diciottenni di età superiore agli anni 14, se vengono ritenuti capaci di intendere e di volere, possono essere reclusi nei penitenziai minorili, ma con una pena ridotta da un terzo a due terzi. I penitenziari minorili accolgono altresì i giovani sino ai 21 anni che stanno scontando pene relative a reati commessi quando erano minori di 18 anni. Solo se la pena si protrae oltre il ventunesimo anno di età, essi vengono traslati in istituti ordinari  Possono essere rinchiusi in un carcere minorile anche i minori degli anni 14, non imputabili ai sensi della legge penale, nel caso in cui vengano ritenuti socialmente pericolosi dopo aver commesso un crimine di particolare gravità.
I carcerati provengono di regola da un centro di prima accoglienza, in cui la reclusione ha forme meno severe

 
Dopo l’unità d’Italia, i vari sistemi dei diversi stati furono sostituiti da un unico regolamento, quello piemontese, che non era proprio un modello di civiltà.
Lombroso
Il sistema penitenziario fu modificato, insieme ai codici penali solo nel 1892, le carceri dipendevano dal Ministero della marina, - la parola galera e galeotti, così come bagni penali, suggerisce subito l’idea di qualcosa che ha a che fare con il mare – e poi dal ministero degli Interni, mentre solo durante il fascismo passarono al ministero della Giustizia, nel 1922/24  poi dal regolamento Rocco del 1931, insieme al regolamento del personale degli agenti di custodia della stessa epoca, e dalla legge del 1940 per il personale amministrativo e  i direttori.
Intorno al 1870, era diventato famoso Cesare Lombroso, un veneto (nato a Verona nel 1835,morto a Torino nel 1909),  medico, antropologo, criminologo e giurista, considerato pioniere e "padre" della antropologia criminale. Le sue opere si basano sul concetto del criminale per nascita: l'origine del comportamento criminale è insita nelle caratteristiche anatomiche del criminale, persona fisicamente differente dall'uomo normale in quanto dotata di anomalie ed atavismi, che ne determinano il comportamento criminale. Solo molto tempo dopo, nell'ultima parte della sua vita, Lombroso prese in considerazione anche i fattori ambientali, educativi e sociali come concorrenti a quelli fisici nella determinazione del comportamento criminale. Lombroso applicò questa sua teoria al brigantaggio postunitario: infatti molti briganti o presunti tali (secondo la legge Pica nelle provincie del sud Italia si doveva fucilare tutti coloro che possedevano un'arma o troppo cibo) vennero fucilati solo perché secondo le teorie di Lombroso la loro disposizione delle ossa li connotava come violenti o criminali. Il primo caso che si trovò ad esaminare fu quello del brigante Giuseppe Villella, settantenne, datosi alla macchia sui monti. L'autopsia del Villella, probabilmente una di quelle che più s'impressero nella mente del Lombroso, evidenziò alla base del cranio alcune anomalie e deformazioni ossee, che erano e sono presenti solo in primati e gorilla, che indussero a proporre una teoria del delinquente nato perché anomalo fisicamente e simile ai gorilla..  Teoria che sa tanto di razzismo. Nel museo di Antropologia Criminale “Cesare Lombroso” dell’Università di Torino sono conservati ancora oggi i resti e i crani dei più famosi briganti fucilati secondo le teorie di Lombroso, oppure studiati dopo la fucilazione. Oggi è stato dimostrato che sia l'ambiente sia i geni influiscono sull'aspetto fisico, ma che quest'ultimo non influisce sul comportamento, influenzato anch'esso dai geni e dall'ambiente: pertanto la dottrina lombrosiana non è scientifica. Contro le teorie lombrosiane si schiera invece la sociologia criminale, fondata sempre dopo l’unità dal criminologo Enrico Ferri, che la concepì come una «scienza che applica il metodo positivo allo studio del delitto, del delinquente e dell'ambiente in cui il delitto si manifesta».
Dopo l’unità, La pena di morte venne abolita ufficialmente solo nel 1890,  con l'approvazione quasi all'unanimità da parte di entrambe le Camere, del nuovo codice penale di Giuseppe Zanardelli. Tuttavia, la pena di morte era stata di fatto abolita fin dal 1877, anno dell'amnistia generale di concessa da Umberto I. La pena capitale restava però ancora in vigore nel codice penale militare. Verrà reintrodotta dal fascismo, per alcuni reati, per punire coloro che avessero attentato alla vita o alla libertà della famiglia reale o del capo del governo  e per vari reati contro lo stato. La pena veniva eseguita con la fucilazione.
Nel 1930 è approvato il Codice Penale Rocco, tuttora in parte vigente, . Il codice Rocco, che era il ministro della giustizia del fascismo, entrato in vigore il 1 luglio 1931, aumentò il numero dei reati contro lo Stato punibili con la morte e reintrodusse la pena di morte per alcuni gravi reati comuni.
 Nel 1931 è approvato il regolamento penitenziario e anche quello degli agenti di custodia.
Nello stesso anno, è approvato il codice di procedura penale. Regolamenti e c.p.p. che restano in vigore anche nel dopoguerra, nel 1940 viene approvata la legge che trasferisce tutto i poteri e le attività di controllo sul carcere ai procuratori del re e alle segreterie giudiziarie, i direttori vengono posti alle dipendenze gerarchiche dei procuratori, cosa che resterà anche dopo fino al 1990, quando con la riforma della polizia penitenziaria verrà abolito anche quella legge.
Dopo la guerra il 10 agosto 1944 il decreto legislativo luogotenenziale n. 224 abolì la pena di morte per tutti i reati previsti dal codice penale del 1931. Essa fu però mantenuta in vigore per i reati fascisti e di collaborazione con i nazi-fascisti. Nello stesso periodo vengono militarizzati gli agenti custodia.

 Dopo la fine della guerra il decreto legislativo luogotenenziale n. 234 del 10/5/1945 (poi modificato dal decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 2 agosto 1946, n. 64) ammise nuovamente la pena di morte come misura temporanea ed eccezionale anche per gravi reati come rapina, estorsione, sequestro di persona a scopo di rapina o di estorsione, costituzione o organizzazione di banda armata. Il decreto aveva efficacia fino ad un anno dopo la cessazione dello stato di guerra.
la Costituzione repubblicana, che abrogava la pena di morte per tutti i reati commessi in tempo di pace, però era già entrata in vigore il 1 gennaio 1948.
L'abolizione definitiva fu sancita il primo gennaio 1948 dalla Costituzione italiana salvo che nei casi previsti dalle leggi militari di guerra. La Legge costituzionale 2 ottobre 2007, n. 1, ha eliminato costituzionalmente la pena di morte anche dalle leggi militari di guerra.
In alcuni stati vige ancora la pena di morte per reati particolarmente gravi, in Cina i condannati vengono fucilati in piazza oppure viene usata l’iniezione letale, in USA i sistemi sono diversi secondo gli Stati:
La sedia elettrica, in verità, non è modernissima, fu inventata da Thomas Edison( 1847/1931) quel tale, statunitense,che aveva fatto anche altre invenzioni, sicuramente più umane, ad esempio la lampadine elettrica, il fonografo, ecc…: la sedia fu utilizzata negli USA già dal 1888.
il condannato viene fatto sedere su una particolare sedia ed in questa posizione gli venivano applicati elettrodi i alla testa e al polpaccio. Dopo venivano trasmesse forti scariche di corrente alternata di durata varia, aumentando progressivamente la tensione (da 500 a 2.000 volt): in questo modo il decesso veniva causato dall'arresto cardiaco e dalla paralisi respiratoria. Dopo gli anni ’80 del ‘900, la sedia elettrica è stata rimpiazzata dall'iniezione letale come metodo di esecuzione negli Stati Uniti.  L'iniezione letale    fu introdotta per la prima volta negli Stati dell'Oklahoma e Texas, e proprio in quest'ultimo avvenne la prima esecuzione, nel 1982. e dal 1996 è stata utilizzata anche in Cina: al condannato viene fatta un'iniezione per via endovenosa contenente una dose letale di pentotal o  altri miscugli velenosi, misti ad agenti chimici paralizzanti. il cuore può continuare a battere per un periodo che può variare dai 6 ai 15 minuti, dato che il condannato viene dapprima messo in uno stato di incoscienza e poi viene ucciso lentamente per paralisi respiratoria e successivamente per paralisi cardiaca. Alcuni esperti sostengono che l'iniezione letale sia "la più umana tra le condanne a morte", considerando che il periodo di sofferenza del condannato viene ridotto al minimo. Sulla “umanità” della condanna a morte e  della sua applicazione, ho qualche dubbio ed evito ogni commento.
Ma non finisce qui, perché nei democratici e civili USA, ai metodi per eseguire pene capitali “ umane” bisogna aggiungerne un altro:  la camera a gas. La camera a gas fu introdotto negli USA negli anni venti del XX secolo, ispirato all'introduzione dei gas venefici durante la prima guerra mondiale. Il condannato viene legato a una sedia in una camera stagna. L e acido solforico L'esecuzione avviene attraverso l’ introduzione di pastiglie di cianuro in acido solforico.. La morte sopraggiunge per asfissia, in un tempo medio di circa 10 minuti.  
Siamo arrivati alla storia di oggi, che tutti noi abbiamo vissuto e perciò non mi sembra necessario soffermarsi troppo. Ricordiamo brevemente qualcosa:  la guerra “fredda”, tra USA e alleati da una parte e URSS e paesi dell’area orientale dall’altra, una divisione che si è trascinata fino a pochi anni fa quando è crollato l’URSS e il muro di Berlino. Nasceva l’ONU, l’organizzazione delle nazioni unite; negli anni ’60, in America c’è ’elezione di Kennedy e anche al suo assassinio, c’è il ’68 e la contestazione giovanile, poi il Vietnam e la sconfitta degli USA, si parlava già di Europa unita e di moneta unica.

In Italia, finisce la monarchia Savoia e veniva instaurata la repubblica, si organizzavano i partiti, quelli che tutti ricordiamo e che oggi  sono spariti;   entrava in vigore, nel 1948, la Costituzione.
Gli anni ‘60 sono quelli del boom economico, , poi anche da noi arriva la contestazione, e successivamente il terrorismo e la criminalità organizzata.
Da ricordare il referendum sul divorzio e aborto. E poi in anni più vicini a noi, tangentopoli e la sparizione dei partiti storici. Caduta del muro di Berlino e dell’URSS, Europa allargata e arrivo dell’EURO, l’ America e le inutili  guerre in medio oriente, il fenomeno grave dell’immigrazione che in questi ultimi periodi sta diventando drammatico.
Sono di quegli anni ‘50 le regole minime dell’ONU e  Europee e la Convenzione europea dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, e la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950,  e alle regole minime sia dell’ONU sia  Europee, per il trattamento dei detenuti, degli stessi anni ’50  e poi aggiornate negli anni ’80 del XX sec.
Per la prima volta al mondo ci si occupa dei diritti e delle libertà fondamentali dell ‘uomo e per la prima volta si parla del trattamento dei detenuti.
Si raccomanda la funzione rieducativa della pena e soprattutto l’abolizione della pena di morte.
La nostra Costituzione già nel 1948 aveva abolito la pena di morte.
 La nostra Costituzione, stabilisce la funzione rieducativa della pena detentiva, che chiariamo consiste soltanto nella privazione della libertà personale.
Cito alcuni articoli della Costituzione  sulla giustizia e la libertà personale
   art. 13 :   la libertà personale è inviolabile . Non è ammessa forma alcuna di detenzione , di ispezione o perquisizione personale , né qualsiasi altra restrizione della libertà personale , se non per atto motivato della autorità giudiziaria e nei soli casi  previsti dalla legge.
 Solo in casi eccezionali di necessità e urgenza , l’autorità di pubblica sicurezza può adottare provvedimenti provvisori di tipo restrittivo , che  però devono  convalidati dalla Autorità giudiziaria entro 48 ore E’ punita ogni violenza fisica e morale sulle persone comunque sottoposte a restrizioni di libertà.  La legge stabilisce i limiti massimi della carcerazione preventiva.
 Art. 27 , 2. 3, 4 :l ‘ imputato non è considerato colpevole fino alla condanna definitiva . Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato . Non è ammessa la pena di morte ….
La teoria sulla funzione della pena e del carcere, generalmente si dice che sono due: la prima è la punizione del reato e quindi l’allontanamento del reo dalla società, e la seconda la rieducazione o risocializzazione, funzionano tutte e due? No, solo la prima, la seconda non dipende dal carcere, ma da altri fattori, che sono all’esterno. Il carcere può organizzare tutti i corsi professionali e culturali che vuole, ma poi il detenuto deve uscire, viene messo alla porta e dove va?
Non fa male ricordare che NON si può parlare di carcere solo in riferimento ai detenuti, ma bisogna sempre  tenere presente anche le leggi che regolano il trattamento del personale sia della polizia penitenziaria sia del personale amministrativo, educativo e sanitario.
Bisogna poi tener presente le vittime del reato, soprattutto nei casi di reati gravi ricordarsene non fa male, anche se non spetta al carcere occuparsene.
Il carcere oggi, in Italia, è regolato dall’  Ordinamento penitenziario, che è una insieme di disposizioni legislative , comprese  anche nel codice penale e di procedura penale, che partono dal 1975 e arrivano fino ad oggi.
Oggi, in Italia Il carcere viene distinto in linea di massima tra case circondariali, che ricevono persone in attesa di giudizio e si trovano presso ogni sede di Tribunale, e case di reclusione che accolgono persone condannate. Poi ci sono altri tipi di istituti particolari di cui ora è inutile parlare, anche perché c’è, attualmente, una continua modifica in corso sia per tossicodipendenti, sia per i malati psichiatrici, sia per i minori.
Il carcere ha sua una organizzazione amministrativa  e burocratica, come altre amministrazioni dello Stato, quindi uffici, circolari, relazioni . domande, e autorizzazioni, ecc. inserita nel Ministero della giustizia,  Al vertice c’è il Dipartimento amministrazione penitenziaria, nato nel 1990, che ha a disposizione  un corpo di polizia, la polizia penitenziaria.
La polizia penitenziaria è nata nel 1990, un corpo di polizia a ordinamento civile, con competenze in materia di sorveglianza e trattamento detenuti, sicurezza degli istituti penitenziari e sedi del ministero della giustizia, traduzioni e piantonamenti, ordine pubblico. Organi decentrati del DAP sono i provveditorati regionali, che coordinano e dirigono le attività delle periferie, cioè le scuole di formazione della pol pen del proprio territorio, gli istituti penitenziari, gli uffici per l’esecuzione penale esterna gestiti dai servizi sociali del DAP, una volta c’erano i centri clinici e  gli ospedali psichiatrici giudiziari, che dovrebbero essere chiusi.
Oltre al personale di polizia penitenziaria, operano nel DAP, e nelle sedi periferiche, anche personale amministrativo, educatori, medici, generici e specialisti come psichiatri, e infermieri, cappellani di rito cattolico, assistenti sociali, consulenti psicologi, criminologi, ecc..; il carcere è poi collegato con gli altri Enti locali, in primis Regione, poi Comune e Provincia, e ASL per i servizi sanitari specialistici ,per i tossicodipendenti e altro.
Esigenza prioritaria del carcere è, da una parte, la sicurezza interna ed esterna, assicurare che ad esempio, non si verifichino evasioni, e la sicurezza degli stessi detenuti da eventuali violenze, suicidi e altro, l’ordine e la disciplina interna e, in linea con quanto prevede la Costituzione, la rieducazione del soggetto, attraverso vari strumenti e opportunità
L’Ordinamento penitenziario ha inizio nel 1975, con la legge n. 354. Precisiamo che rispetto alla vecchia normativa questa nuova è una legge ordinaria, approvata dal parlamento e perciò valida erga omnes, cioè fatto obbligo a tutti di osservarla e farla osservare.
Prima si trattava invece di regolamento, valido, nella gerarchia delle leggi, soltanto per i destinatari, cioè detenuti e addetti ai lavori.
 È in  quell’epoca in quell’anno che ho iniziato il mio lavoro, grosse novità oltre ad  adeguarsi alle regole minime, la grande novità furono il permesso per uscire accompagnato per gravi casi, la funzioni del magistrato di sorveglianza e del tribunale di sorveglianza e ma soprattutto le misure alternative al carcere, cioè una diversa modalità di  scontare la pena, come la semilibertà o l’affidamento in prova ai servizi sociali, la detenzione domiciliare, per detenuti condannati definitivi  in determinate condizioni e con certi presupposti da valutarsi caso per caso, attraverso il cosiddetto trattamento individualizzato. Fu prevista anche una particolare forma di lavoro per i detenuti, cioè all’esterno del carcere. Non mi soffermo su questi argomenti per mancanza di tempo.
 All’epoca  questa legge costituì un grosso passo avanti,  anche forse troppo avanzata e sbilanciata nella parte della esecuzione penale, l’inizio fu difficile, sia perché l’ambiente, la società non era pronta per certe aperture, sia   perché poco dopo dovette fare i conti con un sistema penale ancora arretrato e poi con le emergenze del terrorismo e della criminalità organizzata.
Tuttavia erano troppi anni che si rimandava questa riforma, anche per adeguarsi  prima di tutto alla Costituzione della Repubblica  del 1948, alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950,  e alle regole minime sia dell’ONU sia  Europee, per il trattamento dei detenuti, degli stessi anni ’50 del XXsec.
Ma non bastava, perché non solo bisognò aspettare il 1976 per il regolamento di esecuzione, poi solo nel 1986 la cosiddetta  legge Gozzini, dal nome del parlamentare relatore, che aggiornava e modificava alcuni articoli e introduceva altre novità come la detenzione domiciliare e i permessi premio. 
Una legge salutata come un grande progresso di civiltà ma che diede luogo, come è ovvio anche a molte critiche e a problemi applicativi; Una ottima legge quindi, ma di difficile applicazione, terrorismo e criminalità organizzata si incontrarono nelle carceri e collaborarono almeno in parte, noi non eravamo pronti né preparati per affrontare queste emergenze, mancavano leggi apposite, si fece ricorso alle carceri speciali del generale Dalla Chiesa, poi finalmente a nuove carceri a leggi di emergenza solo per noi e al 41/bis.
Rimanevano irrisolte le questioni relative ai codici penali, che saranno in parte riviste e modificate solo dopo le emergenze terroristiche e quelle relative alle norme sul personale.
La legge 354 e  quella del 1986 ( Gozzini) si caratterizzarono però per:
Misure alternative al carcere, in particolare semilibertà e affidamento ai servizi sociali, e l’affidamento terapeutico per i tossicodipendenti, oltre a detenzione domiciliare, permessi premio
Le misure non furono accolte sempre bene dall’opinione pubblica e  da certa classe politica, si sono verificate molti cambiamenti in senso restrittivo, per soddisfare  il bisogno di sicurezza della gente davanti a certi delitti violenti.
Ovviamente perciò tutto dipende dalla politica dominante e dalla situazione sociale, economica e criminale: non dimentichiamo che in alcune aree del paese: negli anni passati c’erano  il terrorismo, è rimasta invece la criminalità organizzata  sono aumentati i delitti che cerno grande allarme sociale, soprattutto omicidi, violenze alle donne, rapine,  droga e anche delitti commessi al volante.
L’articolo1  della legge 354 del 1975 stabiliva che il trattamento penitenziario deve essere conforme a umanità  e assicurare il rispetto della dignità della persona, deve essere improntato ad assoluta imparzialità, senza alcuna discriminazione per nazionalità, razza e condizioni economiche e sociali, a opinioni politiche e a credenze religiose.
Premesso che deve essere mantenuto l’ordine e la disciplina, nessuna restrizione può essere adottata se non giustificata da  dette esigenze.
I detenuti devono essere chiamati  per nome( cognome), gli imputati devono essere trattati tenendo presente il principio che  non sono considerati colpevoli fino alla condanna definitiva.
Per i condannati è previsto un trattamento rieducativo, che costituisce l’obiettivo prioritario della legge ed è il linea con la previsione costituzionale della funzione della pena.  Come viene praticamente messa in atto questa funzione? Attraverso l’osservazione e il TRATTAMENTO individualizzato: l’osservazione della persona si attua attraverso colloqui con i vari operatori, educatori, assistenti sociali che operano sull’esterno, psicologi e altri consulenti, medici, polizia penitenziaria., volontari, cappellano, che raccolgono non solo informazioni ma ne studiano il comportamento. L’osservazione deve durare in genere almeno tre mesi,         
Malgrado questi bei princìpi, l’anno 2013 non è iniziato proprio bene per le carceri italiane, anzi per l’Italia: infatti siamo stati condannati dalla corte europea per i diritti dell’uomo per violazione dei diritti umani, tortura e trattamento disumano o degradante” per  il sovraffollamento degli istituti penitenziari e per tutta una serie di mancate riforme nel settore giustizia. L’Italia è stata anche condannata a risarcire i danni a 3 detenuti ricorrenti, mentre altri stanno aspettando l’esito di altri ricorsi, che sono più di 500. E probabilmente visto l’andazzo e questa sentenza se ne aggiungeranno altri.  Leggiamo qualche riga di una relazione sul problema del sovraffollamento:
 “ Le carceri vivono in condizioni disumane e illegali. I detenuti vivono ammassati in carceri, spesso in edifici secolari- su i posti disponibili e  le presenze effettive c’è una differenza di circa 15.000 unità - , Ai detenuti non sono garantite né l’incolumità fisica né la vita, né la salute, né possibilità di lavoro. 206 tra suicidi e tentati suicidi” E’ una relazione che parla della situazione carceraria italiana partendo dal sovraffollamento e proseguendo su violenze ed altro. Solo che è del 1983, è di Luciano Violante, parlamentare dell’epoca.
Perché ho citato questa relazione? Perché il sovraffollamento non è una novità di oggi, in quell’anno i numeri erano di 27.000 posti e 41.000 presenze.
E non finisce qui perché la situazione di sovraffollamento si ripete ogni 5/6 anni: Secondo i dati attuali forniti dalla associazione Antigone,  onlus che si occupa di problemi della giustizia e della detenzione con un proprio osservatorio ed effettuando visite negli istituti, ci sono poco più di 45000 posti e le presenze sono di circa 65000, un terzo è straniero.
Quali sono le cause?  Bisogna allargare il discorso a tutto il sistema penale e alla lentezza dei processi penali, all’abuso della carcerazione preventiva, alla politica con i suoi interventi poco incisivi in materia, alle riforme di cui si parla sempre ma che poi vengono dimenticate oppure se fatte non risolvono i problemi, alla eccessiva penalizzazione di alcuni fatti, all’economia, cioè di soldi che mancano, perché  Tribunali, carceri e organizzazione di polizia, costano molto alla comunità, un detenuto costa al giorno dai 300/400 euro al giorno, alle cosiddette “porte girevoli” di cui ha parlato solo l’ultimo ministro della giustizia anche se gli operatori penitenziari lo sapevano da sempre, si tratta cioè di quegli arresti inutili, di persone portate in carcere la sera, mentre dovrebbero essere trattenute nelle camere di sicurezza, e scarcerate al mattino dopo, che però accrescono il numero dei presenti.
Il sovraffollamento perciò non è più una emergenza, e dovrebbe essere affrontato e risolto una volta per tutte con altre misure, iniziando dalla depenalizzazione, dal funzionamento dei processi e dalla semplificazione delle procedure, e poi tutto il resto dall ‘ incremento delle misure alternative, dalla limitazione della carcerazione preventiva soprattutto per reati minori, dall’’obbligo di utilizzare le camere di sicurezza dove possono stare non più di 48 ore, evitando inutili ingressi in carcere, e pensare anche all’ l’edilizia penitenziaria, e al personale.
La problematica del sovraffollamento riguarda in massima parte quei detenuti in attesa di giudizio e che sono in carcerazione preventiva in attesa di processo o in appello o in cassazione. 
Ritorniamo perciò alla lentezza dei processi e quindi a un discorso sulla giustizia.
Il sovraffollamento non significa che in quella città o in quell’area c’è un alto tasso di criminalità o delinquenza: a TS, a GO, a UD tanto per fare esempi vicini a noi, gli istituti risultano sovraffollati-, il che non significa che TS, GO, e UD siano città inquinate da delinquenti. Basta leggere o sentire i bilanci dei CC o della PS  dicono che la situazione di queste città è tranquilla anzi che i furti ad es. sono diminuiti.
Allora perchè  anche qui lamentano il sovraffollamento ? Perché la maggioranza dei detenuti presenti in questi luoghi proviene dai grandi centri urbani come Padova, Verona, a anche Milano, Bologna, che vengono trasferiti nelle zone dove c’è più posto.
Poi succede che nelle classifiche che si fanno annualmente sulla vivibilità delle città in materia di sicurezza Trieste ad esempio sembra  paragonabile  a Milano o Napoli.
Siamo al solito sistema quello dell’AMNSTIA e dell’ Indulto, per fortuna non sono separati, perché l’ultima volta fu fatto solo l’indulto, il che significo che comunque si facevano i processi e poi venivano indultati, per cui perdita di tempo e denaro.
Camera tipo
La differenza tra i due provvedimenti è presto detta, il primo l’amnstia estingue il reato, cioè il fatto o i fatti vengono cancellati e si applica ai processi in corso, naturalmente la legge decide  a quali reati si applica, il secondo invece, l’indulto estingue la pena, cioè chi in carcere sta scontando una condanna definitiva, che sarà stabilita dalla legge, chiude con il carcere, viene dimesso.
Da ultimo parliamo della pena dell’ergastolo, cioè la pena detentiva perpetua, cioè a vita.
E quì già si pone un problema, non ancora risolto o risolto in parte, ammorbidendo poco la perpetuità: se la pena tende alla rieducazione del condannato, così come previsto nella Costituzione e nelle leggi, significa che al condannato spetta almeno una opportunità di uscire dl carcere rieducato e reinserito nella società. Ma se la pena è perpetua, cioè non esce più, quale rieducazione è possibile? E’ incostituzionale l’ergastolo? La legge è uguale per tutti?
Vediamo in altri paesi come è regolata la pena dell’ergastolo.
in Austria è ammesso il carcere a vita. Dopo un periodo minimo di 15 anni, è tuttavia possibile un provvedimento di scarcerazione, se e quando viene accertato che non c'è più possibilità di recidiva.
In Francia, le persone condannate all'ergastolo, se incensurate, possono beneficiare di un provvedimento di scarcerazione dopo 18 anni,  un minimo di 22 anni per i recidivi. Esclusivamente per l'omicidio di bambini con torture, l'ergastolo può essere portato a un minimo di 30 anni. 
In Germania, il periodo minimo di detenzione da scontare prima di presentare una richiesta di scarcerazione è di 15 anni. La corte costituzionale tedesca ha affermato che il carcere a vita, privo di qualsiasi prospettiva di recuperare la propria libertà, lede la dignità della persona contrariamente ai principi fondamentali della costituzione tedesca.  Un minorenne non può essere condannata all'ergastolo. In questi casi la massima pena è di dieci anni di carcere.
TORNAMO IN Italia:  In Italia esistono due tipi di ergastolo: quello normale e quello ostativo. Il primo concede al condannato la possibilità di usufruire di permessi premio, semilibertà o liberazione condizionale. Il secondo, invece, nega al detenuto ogni beneficio penitenziario, a meno che non sia un collaboratore di giustizia.
Ostativo è uno status particolare di quei detenuti (non necessariamente ergastolani) che si trovano ristretti in carcere a causa di particolari reati classificati efferati dal nostro ordinamento giuridico: art.416 bis c,cp., art. 630 c. p., art. 74 Legge 309/90, ecc. i quali ostacolano la concessione dei benefici previsti dalla legge (ad esempio: assegnazione lavoro all’esterno; permessi premio; misure alternative alla detenzione; affidamento in prova, detenzione domiciliare, ecc. ).
Tuttavia, vi è da sottolineare che il carattere di perpetuità di tale pena è mitigato dalla possibilità concessa al condannato di essere ammesso alla libertà condizionale dopo avere scontato 26 anni, qualora ne venga ritenuto attendibilmente provato il ravvedimento.
Tale limite è ulteriormente eroso dalle riduzioni previste per la buona condotta del reo, grazie alle quali vengono eliminati 45 giorni ogni sei mesi di reclusione subiti.

D'altro canto la riforma dell'O.P. italiano, attraverso le previsioni degli artt. 30-ter, comma 4, lett. d) e 50, comma 5, della legge n. 354/1975, ha contribuito a rimodellare i contenuti dell'ergastolo anche al di là dei profili che attengono alla liberazione condizionale: ha consentito infatti che il condannato all'ergastolo possa essere ammesso, dopo l'espiazione di almeno 10 anni di pena, ai permessi premio, nonché, dopo 20 anni, alla semilibertà.
Nell'ordinamento italiano l'ergastolo è previsto per alcuni delitti contro la personalità dello Stato, contro l'incolumità pubblica e contro la vita: omicidio volontario con premeditazione, omicidio volontario con crudeltà e aggravanti, omicidio a scopo di terrorismo, strage epidemia causata volontariamente che uccida almeno una persona, avvelenamento volontario di acque e pozzi che causi la morte di almeno una persona, omicidio con associazione mafiosa, omicidio connesso a Traffico di droga internazionale, traffico di esseri umani con circostanze aggravanti, alto tradimento, tentativo di eversione dell’ordine democratico con gravi atti di violenza e atti correlati, attentato contro il Presidente della Repubblica, sequestro di persona a scopo di estorsione o di terrorismo con conseguente uccisione dell'ostaggio, spionaggio e rivelazione di segreti di stato, attentato contro capi di stato esteri, genocidio e altri gravi crimini contro l’umanità, crimini di guerra.

 



 

 

 

 

giovedì 5 dicembre 2013

Storia delle prigioni e delle pene, progetto Università terza età

Estratto-riassunto del 4° incontro




Prima di iniziare sarà bene ribadire un concetto fondamentale: il sistema giudiziario, penale e penitenziario è strettamente collegato al periodo storico – intendendo per tale l’ambiente politico, sociale, economico, culturale.. – in cui nasce, si sviluppa e vive. Ed è bene tener sempre presente quella frase che avevo citato al primo incontro: “ la civiltà di un paese si giudica dalle sue carceri”( Voltaire). C’è un aspetto sociale, economico e culturale che non va dimenticato, nelle società antiche non esisteva alcuna concezione di diritti umani né di dignità della persona, sono concetti che arriveranno dopo con l’illuminismo, non era concepibile neanche una prigione rispettosa della persona, le crisi sociali, politiche ed economiche, ma anche la grande e facile mortalità,  le malattie incurabili- anche un semplice raffreddore -, le pestilenze e carestie, terremoti ed altro non lasciavano spazio ad altre possibilità, in maniera molto democratica, poiché colpivano alla stessa maniera  poveri  e ricchi.
Voltaire
Alla fine del XVI secolo, iniziavano in Italia, alcune nuove esperienze in campo penitenziario, che all’epoca dovevano essere considerate moderne:
a Firenze all’interno dell’Ospizio del S. Filippo Neri per giovani abbandonati viene istituita una sezione destinata fondamentalmente a giovani di buona famiglia con problemi di disadattamento.  E’ il primo caso di isolamento cellulare a scopo correzionale: la sezione era infatti composta da otto cellette singole in cui i giovani erano rinchiusi in isolamento giorno e notte.
A Milano  poco dopo vengono realizzati una “Casa di Correzione”, dove vengono rinchiusi i colpevoli di reati minori tenuti in regime di separazione cellulare; e un ERGASTOLO, nel quale stanno  i condannati per gravi reati che non vivono in isolamento (diverrà obbligatorio in seguito) e vengono utilizzati in lavori di pubblica utilità. E’ la prima volta in assoluto che non si pensa alla pena di morte
A Napoli invece è in funzione la Vicaria ( Castelcapuano), e non sembra esserci nulla di moderno: vi sono rinchiusi un migliaio di prigionieri in condizioni terribili, molto al di sotto dei livelli di sopravvivenza. Sembra che questa prigione avesse anche una “ grotta di massima sicurezza”, cioè un imbuto sotterraneo dove venivano calati i prigionieri ritenuti più pericolosi.
 A Roma nello stesso periodo viene realizzato il carcere cellulare del San Michele (prigione vaticana).

Iniziava in tutta Europa alla fine di quel secolo e all’inizio del XVIII  quel movimento culturale e filosofico che fu chiamato “illuminismo” che, come si può facilmente capire  significa genericamente ogni forma di pensiero che "illumina" la mente degli uomini, ottenebrata dall'ignoranza e dalla superstizione, servendosi della  ragione e dell'apporto della scienza.
 E’ il risveglio della mente dopo secoli di sonno. Tutta quell’ epoca è anche indicata come l'età dei lumi: con questa espressione, che mette in evidenza l'originalità e la caratteristica di rottura consapevole nei confronti del passato.
Esso si diffuse prima in  Francia e presto in Europa, con i francesi, come Voltaire, Montesquieu, Rousseau, Diderot e altri. 
La Francia è in quel periodo il paese più importante e potente in Europa,….lo è diventato con Luigi XIV, il re Sole, 1638/1713 e le sue vittorie sia in guerra sia a livello diplomatico, i Borbone, la famiglia di Luigi XIV,  regnano oltre che in Francia anche in Spagna, e in Italia, a Parma e Piacenza e a Napoli. In tutte le corti europee si parla francese che è la lingua della diplomazia internazionale, un po come oggi è l’inglese. E’ uno stato assolutista, fortemente accentrato, con grandi divisioni sociali, e che a breve  sarà sconvolto dalla rivoluzione.
Voltaire, è uno pseudonimo di Francois-Marie Arouet, nato a Parigi nel 1694 e morto nella stessa città nel 1778, fu filosofo, drammaturgo, storico, scrittore, saggista ed altro ancora. Una vita vagabonda trascorsa tra l’Inghilterra, la Prussia e la Svizzera, grande ammiratore della monarchia costituzionale inglese in opposizione a quella assolutista francese.  A proposito dell’argomento che stiamo trattando è sua, - che era stato prigioniero alla Bastiglia di Parigi - come già avevo detto all’inizio di queste nostre conversazioni, la frase: la civiltà di un paese si giudica dalle sue carceri. Il significato è abbastanza chiaro per tutti. Voltaire si caratterizza nei suoi scritti, per l'ironia, la chiarezza dello  stile, la vivacità dei toni e la polemica contro le ingiustizie e le superstizioni; fortemente anticlericale e laico, è considerato uno dei principali ispiratori del pensiero razionalista moderno.
Montesquieu
Dobbiamo citare poi Charles-Louis de Secondat, barone di Montesquieu, meglio noto unicamente come Montesquieu (1689 –1755), che fu filosofo, storico e giurista e oggi si direbbe politologo. È considerato il fondatore della teoria politica della separazione dei poteri, che è anche oggi un argomento di forte attualità.  La tesi fondamentale - secondo Montesquieu -, espressa nella sua opera “Lo spirito delle leggi”, è che può dirsi libero solo quella Stato, in cui nessun governante possa abusare del potere a lui affidato.  Per contrastare ogni eventuale abuso bisogna far sì che "il potere arresti il potere", cioè che i poteri fondamentali siano affidati a mani diverse, in modo che ciascuno di essi possa impedire all'altro di esorbitare dai suoi limiti e degenerare in tirannia. La riunione di questi poteri nelle stesse mani, di uno o di molti o del popolo, annullerebbe la libertà perché annullerebbe quella "bilancia dei poteri" che costituisce l'unica salvaguardia o "garanzia" costituzionale in cui risiede la libertà effettiva. Quali sono questi poteri fondamentali, sono TRE:  legislativo, cioè il potere che “fa” le leggi, cioè il parlamento, il potere  esecutivo, che esegue le leggi e amministra, cioè il governo e i vari ministri e i ministeri, e il potere giudiziario,  che controlla che le leggi siano eseguite e anche bene.L’argomento in un ‘epoca di assolutismo e di monarchie per grazia di Dio suscitò grande scalpore: è come si vede assai attuale e oggetto di discussione, oggi tuttavia in quasi tutti i paesi del mondo,  le varie Costituzioni, a cominciare dalla nostra, si basano su questa tripartizione e divisione di poteri. 
 Ovviamente l'illuminismo doveva scontrarsi con la Chiesa Cattolica, che rappresentava la superstizione. Il che fece comodo a molti Stati, i quali cominciarono ad assumere un atteggiamento indipendente, si liberarono da ogni rispetto per la politica del Papato rivendicarono per i loro affari interni, un'autonomia che concedeva alla curia un'influenza sempre minore, anche nelle questioni ecclesiastiche e soprattutto presero e acquisirono i beni ecclesiastici. L’Inquisizione, ad esempio fu eliminata da molti Stati, restando solo in Spagna e nello Stato pontificio.
In Italia, tra i grandi illuministi bisogna assolutamente parlare, per quel che riguarda l’argomento che ci interessa, Cesare Beccaria. Per l’argomento che stiamo trattando Beccaria assume, non solo in Italia ma in tutto il mondo moderno, una importanza unica ed eccezionale.
Cesare Beccarìa, milanese 15 marzo 1738 – 28 novembre 1794) , fu filosofo, economista scrittore e giurista e come tale ci interessa il suo pensiero che avrà una grande influenza in tutti i sistemi penali e carcerari successivi. Il suo libricino “ dei delitti e delle pene” è diventato la base di tutti i sistemi giuridici e penitenziari moderni, almeno in occidente.   Beccaria vuole dimostrare pragmaticamente l'inutilità della tortura e della pena di morte, più che la loro ingiustizia.    Egli è infatti consapevole che i legislatori sono mossi più dall'utile pratico di una legge, che da principi assoluti, di ordine religioso o filosofico. egli afferma infatti che «se dimostrerò non essere la morte né utile né necessaria, avrò vinto la causa dell'umanità». Beccaria sostiene che la sanzione deve essere sì idonea a garantire la difesa sociale, ma al contempo mitigata e rispettosa della persona umana. E’ la prima volta nel mondo che si parla di rispetto della persona.
Cesare Beccaria
La pena di morte è, secondo Beccaria,  una guerra della nazione contro un cittadino”, è inaccettabile perché il bene della vita è indisponibile, quindi sottratto alla volontà del singolo e dello Stato. Sono concetti modernissimi. La pena di morte non svolge un'adeguata azione deterrente né intimidatoria poiché lo stesso criminale teme meno la morte di un ergastolo perpetuo o di una miserabile schiavitù.
Egli suggerisce invece di sostituirla con i lavori forzati, in modo che il reo, ridotto a “bestia di servigio”, fornirà esempio duraturo ed incisivo dell’efficacia della legge, risarcendo la società dai danni provocati; e, così facendo, nel contempo si salvaguarda il valore della vita… Beccaria ammette che il ricorso alla pena capitale è necessario, ma solo quando l’eliminazione del singolo fosse il vero ed unico freno per distogliere gli altri dal commettere delitti, come nel caso di chi fomenta tumulti e tensioni sociali: ma questo caso non sarebbe applicabile se non verso un individuo molto potente e in caso di una guerra civile.
Tale motivazione fu usata da Robespierre, durante la rivoluzione francese, per chiedere la condanna del re Luigi XVI, che invece diede il via ad un uso spropositato della pena di morte, e poi al Terrore, certamente non ammissibile nel pensiero di Beccaria, che infatti prese le distanze, come molti illuministi moderati, dagli avvenimenti rivoluzionari dopo il 1793.

Beccaria esaminò anche la procedura della tortura e si dimostrò assolutamente contrario per vari motivi come ad esempio quello che viola la presunzione di innocenza, dato che un uomo non può considerarsi reo fino alla sentenza del giudice, un principio modernissimo, non è operativa in quanto induce a false confessioni, poiché l’uomo, stremato dal dolore, arriverà ad affermare falsità al fine di terminare la sofferenza,  non porta all’emenda del soggetto, né lo purifica agli occhi della collettività
Per quanto riguarda le pene , Beccaria indica come la sanzione deve essere immediata, cioè decisa con un processo che duri il tempo strettamente necessario, ( ne parliamo ancora oggi in Italia), certa e proporzionata al reato commesso, adeguata e di esempio a tutti.
Pertanto il fine della sanzione – secondo lui - non è quello di affliggere, ma quello di impedire al reo di compiere altri delitti, e di intimidire gli altri dal compierne altri.
La pena quindi non deve essere quindi una violenza gratuita, ma invece essenzialmente pubblica, pronta, necessaria, la minima delle possibili nelle date circostanze, proporzionata ai delitti, dettata dalle leggi.
La pena è oltretutto una extrema ratio, infatti si dovrebbe evitare di ricorrere ad essa quando si hanno efficaci strumenti di controllo sociale. Per questo è importante attuare degli espedienti di “prevenzione indiretta”, come ad esempio: un sistema ordinato della magistratura, la diffusione dell’istruzione nella società, il diritto premiale, una riforma economico-sociale che migliori le condizioni di vita delle classi sociali disagiate. Teorie molto moderne e per l’epoca veramente rivoluzionarie. Sono tutte idee rivoluzionarie per l’epoca e principi sui quali ancora oggi, almeno in Italia, stiamo discutendo

Panottico
Successivamente, le nuove teorie rivoluzionarie borghesi, politiche e sociali, favoriscono l’affermarsi di teorie di alcuni “riformatori” inglesi tra cui spicca Jeremy Bentham, che assegna al carcere, prioritariamente, un carattere intimidatorio e di totale controllo, al fine di realizzare il ruolo produttivo e risocializzante. E’ interessante rilevare la parola “risocializzante”, che però avrà fortuna solo in tempi più moderni, nel XX secolo, quando alla pena sarà assegnato la funzione risocializzante e rieducativa.
 Con Bentham si ebbe il progetto Panopticon basato sul “principio ispettivo” che i pochi (carcerieri) possano controllare i molti (detenuti), e il controllo possa essere esercitato su tutti gli atti del carcerato nell’arco delle ventiquattro ore giornaliere. Nasce così la nuova struttura architettonica del carcere moderno (carcere Benthaniano), fatta di “bracci” (o “raggi”) e rotonde, costruito cioè in modo che i carcerieri stando fermi nel posto di guardia situato sulla rotonda possano avere la visuale piena su un intero braccio di celle, o su più bracci (struttura a raggiera). Al contempo ogni detenuto sa che ogni suo movimento è controllato “a vista” con estrema facilità.
Andiamo ora a Venezia, nella famosa prigione , i Piombi, ne parliamo ora perché in questo periodo ne fu ospite – e furono descritti - da Giacomo Casanova.
 I  Piombi sono la parte sottotetto delle antiche prigioni, situate nel complesso del Palazzo ducale. Risalgono all' XI secolo, cioè all’anno 1000, e vi si tenevano prigionieri della repubblica. “Piombi” perché erano camerotti  particolarmente umidi e malsani,  detti piombi perché posti subito sotto il Tetto del palazzo ducale, costituito da lastre di PIOMBO.
 Giacomo Casanova, diede ai Piombi vasta notorietà poiché li descrisse nelle sue "Memorie"  lasciandoci dettagli della struttura e delle modalità detentive e ci racconta come riuscì ad evaderne nel 1756.

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interno Piombi
Casanova racconta, in forma di romanzo avventuroso, la sua evasione  come un romanzo d’avventure,, che poi sarà inserito nelle Memorie (scritte in francese). Egli era stato imprigionato nel luglio 1755, perché accusato di vari delitti come blasfemia, detenzione di libri proibiti e circonvenzione di alcuni nobili, e probabilmente anche l'essere membro della Massoneria. Attraverso una narrazione avventurosa, il Casanova racconta meticolosamente i luoghi e i personaggi incontrati durante il periodo di detenzione. La prigione dei Piombi era  ritenuta estremamente sicura, luogo dal quale fosse impossibile evadere, oltreché una prigione terribile per le condizioni della detenzione, con celle poste sotto i tetti ricoperti da piombo  che, a causa dell'alta conducibilità del materiale, erano molto fredde durante il periodo invernale ed afose nel periodo estivo. In altre celle, i cosiddetti Pozzi, la detenzione si svolgeva in situazioni ancora più disumane, essendo poste sotto il livello del mare e quindi periodicamente soggette ad allagamento. Appena ripresosi dall'arresto, Casanova cominciò ad organizzare la fuga. Un primo tentativo fu fatto fallire perché egli fu spostato in un’altra cella. Ma il secondo tentativo, messo in atto nella notte fra il 31 ottobre e il 1º novembre 1756, ebbe successo: passando dalla cella alle soffitte, attraverso un foro praticato nel soffitto da un compagno di reclusione, il frate Marino Balbi, uscì sul tetto e successivamente si calò con una corda di nuovo all'interno del palazzo da un abbaino. Attraversati vari ambienti della cancelleria i fuggiaschi furono notati da un passante, che fece accorrere uno dei custodi il quale aprì il portone, consentendo ai due di uscire e di allontanarsi velocemente a bordo di una gondola. Ma forse l'aspetto più interessante della descrizione casanoviana è quello relativo all'organizzazione carceraria del tempo. Egli racconta, infatti che I detenuti godevano di anche assistenza medica, potevano farsi portare un cibo speciale dall'esterno o ordinarlo al carceriere e godevano anche di un'assegnazione in denaro per le piccole necessità. Con quest'ultima potevano dare commissioni al carceriere il quale doveva renderne il conto. Potevano anche farsi portare mobili e suppellettili come letti, piatti e così via. Le pulizie della cella erano eseguite regolarmente così come era consentita una passeggiata quotidiana fuori dalla cella, ma sempre nel sottotetto.  Casanova descrive di sfuggita anche la situazione nei cosiddetti pozzi, situazione assai peggiore per chi vi era recluso. Probabilmente vi era una notevole discrezionalità non solo nell'irrogazione della pena ma anche nelle modalità esecutive. In particolare i pozzi erano destinati ai detenuti comuni, mentre i piombi ai detenuti di origine nobiliare e a quelli dotati di mezzi economici o ai preti.

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·                                  Durante la dominazione austriaca si chiudevano nei Piombi i prigionieri politici, come a d esempio Silvio Pellico, come narra ne Le mie prigioni, e altri patrioti veneziani come Daniele Manin e Niccolò Tommaseo, anche se ufficialmente già dal 1797 i Piombi erano stati dismessi come prigioni. Successivamente fu sostituito come carcere cittadino dalle Prigioni nuove, collegate al palazzo ducale dal ponte detto dei Sospiri, e poi ancora da un complesso sito nell’isola della Giudecca, attualmente utilizzato come sezione attenuata tossicodipendenti, fino al 1926, anno nel quale fu inaugurato il carcere di S.Maria maggiore attualmente ancora utilizzato, situato nel sestiere di S. Croce.
Alla fine del XVIII secolo  stavano per verificarsi due fatti che avrebbero cambiato ancora una volta la storia dell’umanità:   il primo , la rivoluzione americana che avrebbe portato alla prima ribellione di colonie, alla formazione degli USA, a una Repubblica, all’epoca incredibile, con una Costituzione che si rifaceva ai principi illuministici. La rivolta delle colonie inglesi contro la madrepatria, ebbe inizio nel 1775, e dopo varie battaglie e episodi  e l’intervento della Francia monarchica e assolutista nel  1781.    
Ma in Europa alla fine del secolo ci fu la vera rivoluzione, quella francese, nel 1789.
Come è noto, con la rivoluzione francese crollò tutto un mondo, quello antico, quello dei privilegi . quello dei baroni, “egalitè, humanitè, infraternitè”, tutto cambiò, poi la condanna a morte del re Luigi XVI e di Marie Antonietta, il Terrore, migliaia di morti, le guerre rivoluzionarie, Napoleone, l’impero e poi la restaurazione, Non posso mettermi a parlare degli avvenimenti  di quei 25 anni circa, ma le riforme della rivoluzione influenzarono tutti gli stati, anche quelli che erano stati contrari,  e tutto quello che venne dopo, a cominciare dai codici, dalla giustizia e dalle pene.
Posso però accennare a una prigione di Parigi, la Bastiglia.  Fu una fortezza costruita nella seconda metà del ‘300 per rafforzare le mura orientali della città, era altissima,(come un palazzo di 7 piani ai nostri giorni), aveva pianta rettangolare , otto torri,  ed era circondata da un fossato alimentato dalla Senna. Divenne prigione di stato nel XVII secolo e vi furono rinchiusi celebri personaggi come Voltaire nel 1717, il Marchese de Sade, Cagliostro, e altri. Va detto che la prigionia degli aristocratici era condotta in ambienti e con stili di vita (servitù, alimentazione, spazi) molto ospitali di quelli destinati ai detenuti qualsiasi.  Va detto, pure, che essendo divenuto inutilmente costosissimo il mantenimento della grande struttura che aveva perduto quasi ogni utilità, la stessa monarchia francese ne aveva già deciso la demolizione nel 1784, e ne era già stata ordinata la demolizione nel ’89, quando pochi giorni dopo fu  assaltata il 14 luglio per rubarne le armi e liberarne i prigionieri. Di prigionieri in realtà ce n'erano soltanto sette: cinque erano semplici ladri e gli altri due erano stati rinchiusi per volontà delle rispettive famiglie. L'edificio fu poi saccheggiato e raso al suolo, lentamente e sistematicamente.
Durante la rivoluzione si applicò alla grande la pena di morte, che  fu data solo con un nuovo strumento che divenne famoso e usato poi in quasi tutti gli stati europei dell’epoca, la “ ghigliottina”.La ghigliottina è uno strumento con il quale si taglia la testa del condannato provocandone la morte, non è altro che una forma di  decapitazione o decollazione.
Ghigliottina
 

 
La decapitazione come metodo di esecuzione capitale, non era una novità, anzi è stato un metodo antichissimo.  Era usata, secondo gli storici, già dagli Egiziani e poi dai Romani, nell’ impero romano era la pena di morte riservata a chi era civis romanus, cioè a chi aveva la cittadinanza, poiché ritenuta rapida e non infamante. Era ampiamente usata anche nel medioevo e dopo almeno fino alla rivoluzione francese ed era eseguita dal boia con la spada, detta spada da esecuzione, in alcuni paesi, come in Inghilterra, per esempio, era usata una Scure. In Francia, dal 1792 fu utilizzata invece la ghigliottina( usata peraltro fino al 1980). La ghigliottina ha preso il nome  dal dottor  Joseph Guillotin, ma non fu inventata da lui, poiché macchinari simili se ne erano già visti fin da epoche anteriori in alcuni paesi europei ( LA MANNAIA).   Guillotin, insieme ad altri rivoluzionari presentò all'Assemblea Nazionale, nel 1789,  un progetto di legge in sei articoli con il quale si stabiliva che, in base ai principi rivoluzionari, le pene dovevano essere uguali per tutti, senza distinzione di rango o di classe del condannato; nel caso di applicazione della pena di morte, il supplizio avrebbe dovuto essere il medesimo, indipendentemente dal crimine commesso, e che il condannato sarebbe stato decapitato per mezzo di un semplice meccanismo. La proposta non fu approvata subito, ma anzi subì grossi rallentamenti e ostacoli. In mezzo a molte discussioni, perfino sul modello di macchina e su chi dovesse costruirla, si arrivò al 1792, quando finalmente la proposta fu approvata.
 Sappiamo tutti come era fatta, l’abbiamo vista in tanti film: ' apparecchio era formato da una base sulla quale erano fissati due montanti verticali di circa 4 metri di lunghezza, tra i quali scorreva una lama di acciaio di forma trapezoidale. Alla lama era collegata una corda passante per una puleggia, che ne consentiva il sollevamento; sul montante sinistro era presente un meccanismo di blocco azionabile con una leva, al fine di consentire il rilascio della lama e la sua caduta libera per gravità.  Tra i due montanti era fissato una specie di collare che serviva ad immobilizzare il collo del condannato.  il meccanismo di rilascio della lama era immediatamente azionato e la lama cadeva tagliando il collo. La testa del condannato cadeva in un catino di zinco, mentre il corpo veniva fatto scivolare in una cassa zincata posta alla base della macchina.  Questo sistema permise alla Rivoluzione di massacrare migliaia di persone, il cosiddetto terrore fino a quando lo stesso Robespierre fu ghigliottinato e si terminò. M a la ghigliottina è stata ancora usata in Francia: l’ultimo condannato a morte a essere giustiziato con il sistema della ghigliottina in Francia è stato il 10 settembre del 1977.  Il decapitato era un tunisino condannato per l’omicidio e della tortura dell’ex fidanzata Elisabeth Bousquet.  La pena capitale è stata abolita in Francia solo nel 1981, quando il presidente Francois Mitterrand firmò un decreto con il quale le esecuzioni capitali vennero mutate in carcere a vita.
Di Napoleone Bonaparte tutti abbiamo sentito e conosciamo almeno genericamente la vita e le guerre, le conquiste e anche la fine, ma pochi sanno che egli riformò anche i codici e le pene e influenzò tutti gli Stati dell’800, compresi quelli Italiani che generalmente conservarono, tranne pochi mutamenti tutti i codici napoleonici.
ECONOMIA
E’ l’epoca della rivoluzione industriale, cioè quel  processo di evoluzione economica o industrializzazione, che passa da un sistema agricolo, artigianale e commerciale a ad un sistema industriale moderno, caratterizzato dall'uso generalizzato di macchine e da innovazione tecnologica. Si va in fabbrica, appaiono gli operai e le relative problematiche, il salario, il capitalismo ecc.  Secondo alcuni storici il  processo di industrializzazione era già in corso in Inghilterra già intorno al 1760 e poi si è estesa ad altri Stati, la rivoluzione industriale portò anche allo stravolgimento delle strutture sociali dell'epoca, alla trasformazione radicale delle abitudini di vita, dei rapporti fra le classi sociali, e anche dell'aspetto delle città, soprattutto le più grandi. Fu infatti prevalentemente nei centri urbani, specie se industriali, che si avvertirono maggiormente i mutamenti sociali, con la repentina crescita di grandi sobborghi a ridosso delle città, nei quali si ammassava il sottoproletariato che dalle campagne cercava lavoro nelle fabbriche cittadine. Si trattava per lo più di quartieri malsani e malfamati, in cui le condizioni di vita per decenni rimasero spesso al limite della vivibilità. E tutto questo portò anche come conseguenza un cambiamento della criminalità e un relativo aumento di casi delinquenziali di ogni tipo.  In campo politico-filosofico è indubbio che siano state le condizioni umane e sociali delle masse operaie dell'epoca ad aver stimolato le opere di MARX e ENGELS, che, come sappiamo, avranno una fondamentale importanza nel panorama sociale e politico mondiale.

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E’ di quell’epoca  un libro famoso, “Le mie prigioni” è il titolo di un libro di memorie scritto da Silvio Pellico.
Si articola in un arco di tempo che va dal 13 ottobre 1820, data in cui l'autore venne arrestato a Milano per la sua adesione ai moti carbonari, al 17 settembre 1830, giorno del suo ritorno a casa. In esso, Pellico descrive la sua esperienza di detenzione - prima ai Piombi di Venezia e poi nel carcere dello Spielberg di Brno - accomunata a quella dell'amico Piero Maroncelli, dopo che la condanna a morte fu commutata in detenzione al carcere duro. Pellico ne iniziò la stesura nel  1831, incoraggiato dal suo confessore, e la concluse nel 1832.Il libro riuscì a superare i problemi derivanti dalla censura e ad essere pubblicato dall'editore Bocca nel mese di novembre del 1832. L'opera godette di una grande popolarità anche al di fuori della penisola italiana, anche se i democratici e i progressisti sabaudi accusarono l'autore del libro di eccessivo perdonismo verso gli Austriaci e clericalismo. Tale libro descrive in maniera abbastanza realistica, ma con eccessivo perdonismo, l'asprezza del carcere austriaco di Spielberg( oggi si trova nella Repubblica Ceca) e del regime asburgico, e di cui il primo ministro austriaco Metternich ammise che danneggiò l'immagine dell'Austria più di una guerra perduta, contribuì a volgere verso i primi moti risorgimentali molte simpatie dei salotti e degli intellettuali europei.