giovedì 5 luglio 2018





Larghi e strade


ANTICAGLIA



Il termine ‘ anticàglia” indica un oggetto antiquato e in generale gusti, usi e costumi ormai passati di moda (Devoto/Oli). L ‘ enciclopedia Treccani parla di oggetti fuori moda, vecchi, antiquati: negozio di anticaglieuna casa piena di anticaglie, per indicare cose vecchie, antiche.  Giorgio Vasari, pittore, scultore e storico dell’arte, nel XVI secolo, utilizzò quel termine indicando “ l’anticaglie di Roma, archi, terme, colonne, colisei, aguglie, anfiteatri e acquidotti …”. 
Fu probabilmente cosi che a Napoli fu battezzata una strada ancora oggi esistente. La strada dell’Anticaglia si chiama così perché, piena di edifici e oggetti antichi di grande interesse archeologico, anche se questo nome potrebbe essere adatto ad almeno metà delle strade di una città che ha 2500 anni di storia e, per questo, piena di segni del passato.




Napoli Romana

L’Anticaglia non è altro che l’antico decumano superiore, quello posto più a nord e più in alto, il meno noto e il meno turistico dei tre esistenti nel centro storico di Napoli. I decumani sono le strade del centro storico, quelle più larghe, che si incrociano ad angolo retto con i cardini, le vie perpendicolari più strette. I decumani sono tre: maggiore cioè la via Tribunali, l’inferiore meglio noto come Spaccanapoli, e il superiore, l’Anticaglia. L’area dell’Anticaglia era la più alta della città antica, dove c’era il tempio di Apollo il dio del sole e c’era anche un vicus solis che non è la attuale via del sole. L’area fu chiamata poi “platea summae plateae” la somma piazza.
Il Decumano superiore, a differenza degli altri due, è quello che ha subìto, nel corso dei secoli, i maggiori rifacimenti e per questo, non è lineare come gli altri. I diversi tratti assumono anche nomi diversi: Partendo oggi da Via Costantinopoli, che   segnava il confine occidentale della città, oggi si chiama prima Via Sapienza, e poi via Pisanelli, via Anticaglia propriamente detta, poi ancora via San Giuseppe dei Ruffi e, attraversata via Duomo, via Donnaregina, via Santi Apostoli, via Santa Sofia. Qui finisce nell’attuale via S. Giovanni a Carbonara dove, in epoca antica, correvano le mura orientali della città. Lungo il tracciato delle strade dell’Anticaglia si  trovano molti edifici religiosi e civili, costruiti nel corso dei secoli come la Chiesa di Regina Coeli, edificata nel 1594, che secondo Gennaro Aspreno Galante nel suo “Le Chiese di Napoli”,  “è una delle più belle di Napoli”, o anche  la chiesa e il Monastero di Santa Maria di Gerusalemme del XIV secolo, più nota come chiesa e monastero delle “trentatré”, che era il numero delle monache che potevano essere ospitate nel convento.


Anticaglia


Verso la fine della lunga strada si può trovare la Chiesa di Santa Sofia, la cui costruzione è attribuita addirittura all'imperatore Costantino intorno al 308 d.C., che la volle sul modello di S. Sofia a Costantinopoli.
E tra i palazzi civili troviamo quello della famiglia Bonifacio, dove si racconta l’infelice storia d’amore tra Carmosina
e il poeta Jacopo Sannazzaro (1456/1530), che scrisse: “quisquis seu vir, seu foemina vidit, deperit”, cioè qualsiasi uomo o donna l’abbia vista, se ne innammorò perdutamente.
Ma l’Anticaglia prende il nome da un importante reperto archeologico di epoca   greco-romana, sul quale mi sembra più giusto soffermarmi. Chi percorre questa strada si trova davanti a un altissimo muraglione che sembra sostenere i palazzi laterali e, per oltrepassarlo, una specie di piccolo arco. Ma non si tratta di un muro di sostegno, bensi di una struttura in tufo che serviva, più di duemila anni fa, da rinforzo esterno alla "cavea" del grande Teatro romano all’aperto. “Cavea” indica tutti i settori delle gradinate di un anfiteatro o di un teatro classico, dove si sedevano gli spettatori.
A Napoli, all’epoca greco-romana, c’erano due teatri, uno all’aperto, che secondo alcune ricostruzioni, aveva un perimetro di circa 150 metri, tre ordini di archi e, all’interno, tredici file di sedili. Le gradinate più basse, la ima cavea, dovevano contenere circa 5/6mila persone, mentre la summa cavea, le gradinate più alte, è andata perduta. Il teatro coperto detto Odeon, oggi praticamente sparito, era molto più piccolo, era affiancato all’ altro e sembra fosse preferito dall’imperatore Nerone, che qui si esibì più di una volta. Entrambi erano alle spalle del tempio dei Dioscuri, che oggi è la basilica di San Paolo maggiore in piazza S. Gaetano.
 “Per andare a casa di Metronatte bisogna, come sai, oltrepassare il Teatro dei Napoletani. E’ strapieno e vi si giudica con grande attenzione chi sia un buon flautista.” Così scriveva Seneca, il celebre filosofo del I secolo d.C.,   consigliere di Nerone, nelle sue Epistole a Lucilio.  Metronatte era un filosofo stoico amico di Seneca che abitava sull’Anticaglia. Seneca vi si recava spesso per ascoltarlo e discutere con lui.



Cavea Teatro e abitazioni

Con la fine dell'Impero romano e l’avvento del Cristianesimo cessarono anche tutti gli spettacoli teatrali, la struttura fu abbandonata, eventi climatici e metereologici, come alluvioni e terremoti, contribuirono alla sua fine e all’ oblio nel periodo medievale. Gli ambienti interni furono adoperati come stalle, cantine, depositi e botteghe (peraltro fino a poco tempo fa). Quelli esterni diventarono presto una necropoli e poi una discarica e, dulcis in fundo, tra il XV e il XVII secolo su quel che restava della cavea furono costruiti   vari edifici, ancora oggi esistenti e abitati.
Le prime scoperte avvennero verso la seconda metà del XIX secolo, scavando nel giardino dello stabile sopra il teatro: il primo piano di recupero risale al 1939, ma solo dopo il 2007 sono stati effettuati lavori che hanno permesso l'affioramento di parte della media cavea dal giardino interno. Molti resti del teatro, pareti, muri, colonne e perfino alcune gradinate non sono state abbattute, ma incorporate negli edifici costruiti sopra, nascoste nelle cantine, o semplicemente dietro stucchi e pareti imbiancate. Si possono trovare negozi o anche portoni di edifici abitati nelle antiche mura romane e qualche volta anche segni di modernità come ad esempio, citofoni installati sulle stesse mura e antenne televisive.
L'ingresso per la cavea è oggi da via San Paolo e vi si accede, possibilmente con guida, entrando in un'antica bottega sita nel cortile di un palazzo di origini quattrocentesche.
Parte del teatro è visitabile, inoltre, sottoterra con un accesso molto singolare: la guida conduce i visitatori in un locale al piano stradale, un basso, una volta abitato, e all’interno, aperta una botola sul pavimento, si scende di pochi metri e ci si ritrova in un altro mondo.