domenica 16 agosto 2020

MONZU’

 


 

La Torretta a Chiaia, di G.van Wittel


Una strana parola che non esiste nella lingua italiana, ma ha una sua storia.  “Monzù” nacque - e visse - a Napoli, e in tutto il regno di Napoli e di Sicilia, dopo il 1768, presso la Corte borbonica.

Arrivò quell’anno, a Napoli, l’aristocratica e altezzosa sedicenne Maria Carolina d’Asburgo-Lorena, figlia di Maria Teresa d’Austria.               




Maria Carolina


Era la sposa del giovane – 17 anni – Ferdinando, diventato Re “per caso”, (perché appena terzo nella linea di successione), a 8 anni, quando il padre, Carlo, nel 1759, se ne andò a Madrid per diventare Carlo III.  A Napoli Carolina, abituata a un rigido protocollo e a una tradizione culinaria di croissant, zuppette e gnocchetti dal sapore “delicato”, fu costretta a vedere e a mangiare cibi con quei sapori marcati e schietti, piuttosto pesanti, della cucina napoletana. Fu poi fu disgustata dal marito che mangiava gli spaghetti con le mani – ma non era il solo -, uso non proprio consono a un sovrano, specialmente durante pranzi o cene con ministri e ospiti stranieri. Ma a Ferdinando piaceva quella cucina e la pasta.

 Proprio in quel periodo, tra l’altro, fu scoperta l’unione della pasta con il pomodoro, proveniente dalle Americhe ma impiantato nelle terre del Regno, con un clima idoneo e vicino a quello di origine.

Ferdinando cercava di accontentare la moglie, ma con molte difficoltà. Carolina non cambiava idea e perciò decise che doveva non solo salvare palato e stomaco, ma anche la dignità sua e della Corte.

Chiese, perciò, aiuto alla sorella Maria Antonietta, Regina di Francia, altra aristocratica figlia di Maria Teresa d’Austria.

La Francia, fin dai tempi di Luigi XIV, il re Sole, era diventata il punto di riferimento della moda, della musica, dell’arte e della cultura, e così anche nella gastronomia.

Maria Antonietta, il cui destino la portò poi alla ghigliottina, pensò di mandare a Napoli alcuni fra i migliori cuochi francesi per educare i colleghi napoletani e siciliani, a gusti più raffinati e adatti a una Corte regale.

I francesi arrivarono a palazzo reale, portando salse e intingoli in uso in Francia, raffinatezze come zuppette, crostate di tagliolini, soufflésmousseschoux e bigné, ecc.

Mentre in lingua italiana si adoperava, e si adopera, il termine “Signore” seguito dal cognome o dal nome in segno di rispetto, in francese si traduceva – e si traduce - Monsieur. Lo stesso termine veniva usato per i cuochi arrivati a Napoli, che I napoletani fecero presto a deformare in “Monzù” o “Monsiù”. 

I francesi ci provarono, e si misero d’impegno a insegnare ai colleghi partenopei la cucina richiesta dalla Regina.

Ma, come tutti gli stranieri che arrivavano a Napoli con idee di governare e di cambiare, anche i “messieurs” finirono per napoletanizzarsi: la cucina napoletana, così particolare, non poteva essere assorbita da quella d’oltralpe, e avvenne l’esatto contrario. I cuochi napoletani, e siciliani, istruiti dai francesi, crearono una cucina completamente nuova, mischiando quella tradizionale con quella francese.

Nasceva il “gattò”, una torta di patate derivata dal “gateau” con ingredienti locali che sostituirono quelli francesi; nacque il “sartù” di riso, derivato da sur tout” (letteralmente “copri tutto”), un timballo di riso ricoperto da un mantello di pangrattato, nel cui interno furono aggiunti sugo di pomodoro, piselli, uova sode, fior di latte, polpettine e salsicce,

E non dimentichiamo “ ‘o Babbà”, dal francese babà, e ancora i “crocché” di patate, da Croquette.

Ci fu anche, tra i monzù napoletani, il Monzù Gennaro che, su richiesta del Re Ferdinando, inventò la forchetta a 4 rebbi, con la quale anche a Corte si potevano gustare maccheroni e spaghetti, evitando di prenderli con le mani.


Ferdinando I due Sicilie


         

Ben presto anche nelle grandi case aristocratiche del Regno si imitò la Corte, assumendo Monzù per dirigere le cucine, e altri, invece divennero famosi come titolari di trattorie. Da notare che non c’erano donne, la parola monsieur, e monzù, indica solo uomini, e nessuno, fino a poco tempo fa, si sognava di mettere una donna a dirigere una cucina.Oggi li chiamiamo “Chef” e hanno invaso le TV di mezzo mondo.