mercoledì 14 giugno 2017

Castello del Carmine


Castello del Carmine

L' area orientale della città di Napoli, una volta extra moenia, zona della stazione centrale e di Poggioreale da un lato, e della Marina dall'altra, era da sempre una zona paludosa e malsana; lì sfociava un fiumiciattolo chiamato nell'antichità Sebeto, attraversato da ponti di cui oggi è rimasto solo il nome: il ponte della maddalena o quello di casanova.
Fu Carlo I d'Angiò che, verso la fine del XIII secolo, spostata la capitale a Napoli da Palermo, ordinò una serie di interventi e lavori, iniziando proprio con la bonifica di quell'area.
Castello del Carmine disegno dall'alto
Diede poi il via a lavori di ampliamento delle mura meridionali arrivando vicino al mare, includendo il cosiddetto Moricino o Muricino, un antemurale situato a guardia del porto, dove si svolgevano attività commerciali o anche artigianali legate al movimento delle navi. Fece poi trasferire in quell' area il mercato ( dove oggi è piazza Mercato) che prima era nel centro vicino S. Lorenzo maggiore (oggi p.za S. Gaetano), e nei pressi fece costruire due chiese, S. Eligio e poi quella di S. Maria del Carmine.
Dopo varie vicende, guerre, assedi e morti, causati da problemi di successione al trono, nel 1382 Carlo III d'Angiò-Durazzo, nuovo re di Napoli, ritenendo che su quel lato fosse necessario una nuova fortificazione, fece costruire lungo la spiaggia, un castello che, per la sua forma a sperone, fu chiamato appunto dello Sperone, e solo molto più tardi del Carmine, dalla vicina chiesa.
Castello dello Sperone
Il progetto prevedeva una destinazione di esclusivo uso militare di difesa da attacchi dal mare: furono edificate due grandi torri cilindriche, un torrione più grande e mura merlate rinforzate da grossi blocchi di piperno, dai quali spuntavano bombarde e altri strumenti di offesa. Il castello disponeva ovviamente di una caserma per i soldati, l'alloggio per il comandante e alcune celle.
Dopo qualche anno, nel 1439, l'area e il castello furono assediati dall' esercito di Alfonso d'Aragona e il forte fu bombardato da ogni lato. Durante questo assedio fu distrutto anche il campanile della vicina chiesa del Carmine: le cannonate colpirono anche l'abside e un grande crocifisso scolpito in legno di tiglio tra il XIII e il XIV secolo. Tutti pensarono che era andato distrutto, ma subito nacque la leggenda:“ grande fu invece la meraviglia del popolo – racconta V. Gleijeses - quando si potè constatare che la statua era intatta e solo la testa del Cristo si era piegata come per evitare il colpo mortale; mentre prima era rivolta verso il cielo, infatti, dopo il colpo tutti poterono constatare che era ripiegata sull'omero destro con la bocca e gli occhi ben chiusi e senza la corona di spine che aveva avuta sul capo”.
Qualche anno dopo regnava la dinastia Aragonese e il re Ferdinando I decise di affidare lavori di rifacimento delle mura e di ampliamento del castello all' architetto Francesco Spinelli o, secondo altri, a Giuliano da Majano.
Tra il 1647 e il 1648, durante la rivolta di Masaniello, il Carmine fu occupato dai ribelli e scelto come dimora da Gennaro Annese, diventato punto di riferimento degli insorti dopo la morte dello stesso Masaniello.
Nel corso del tempo il castello fu più volte ristrutturato e risistemato, poiché subì sempre assedi assalti e bombardamenti: restauri furono eseguiti, ad esempio, nel 1662 quando il viceré spagnolo conte di Pegnaranda fece aggiornare la struttura alle nuove esigenze belliche e anche abbellire gli interni, conferendo maggiore risalto agli arredi e alle stanze che avrebbero dovuto ospitare ufficiali più esigenti.
Nel secolo successivo fu teatro di altre imprese, come nel 1707, quando alcuni aristocratici napoletani organizzarono la “Congiura di Macchia” contro il Vicerè spagnolo, tentando di impossessarsi del castello, ma non combinarono niente, furono arrestati e condannati a morte. O ancora nel 1799, con la fine della Repubblica partenopea, fu conquistato dalle bande del cardinale Ruffo che agiva per conto del re Ferdinando IV. Ospitò, nella Torre Spinella, di cui da poco è stato ritrovato l'accesso, Eleonora Pimentel Fonseca e altri ad agosto di quell'anno prima di essere condotti a morte nella vicina piazza Mercato
Resti del castello in via Marina
Nel 1860, l' ultimo reparto borbonico presente nel castello provò un estremo e ultimo tentativo di resistenza alle bande garibaldine che erano già in città.
Il castello resistette in piedi fino al 1906, quando fu demolito per far posto a via Marina.
Oggi della struttura sono rimasti visibili i ruderi di due torri e una parte di cinta muraria lungo via Nuova Marina, ripuliti ma degradati a spartitraffico nel largo adiacente la chiesa del Carmine.
Con il castello del Carmine termina il racconto delle fortezze poste a difesa della città e del golfo di Napoli. Oltre ai forti c'erano, disseminate lungo la costa fino a Sorrento, varie torri di avvistamento, alcune medievali altre più moderne, a difesa di eventuali assalti dal mare. Alcune di queste hanno lasciato un ricordo nel nome dei luoghi dove sorgevano: a Napoli la Torretta, nella zona tra Riviera di Chiaia e Mergellina, nei dintorni, la Torre del greco e Torre Annunziata, oppure a nord a Torregaveta.