lunedì 3 aprile 2017

Il castello detto dell'......


Dopo aver visto i castelli dei dintorni di Napoli, ora andiamo in città, dove c'erano cinque castelli, cinque grandiose fortezze, di cui ancora quattro restano intatti.
Inizio dal più antico, sta lì, nello stesso posto, da quasi duemila anni. Un antico castrum di epoca tardo-romana, che il popolo medievale considerò avvolto da leggende, magie e misteri esoterici.
Per conoscerlo dovrò raccontare una favola lontana, risalente a tre/quattro mila anni fa.
Odisseo e le Sirene
C'era, dunque, una volta, lungo la costa napoletana, una piccola isola senza nome non molto lontana dalla terraferma, ricoperta da una lussureggiante vegetazione e da arbusti tipici della macchia mediterranea. Le popolazioni indigene la consideravano un luogo sacro per la presenza di un grande sepolcro dove si andava in processione per onorarne l'occupante. Chi era costui? Era Partenope, una delle Sirene che avevano tentato di fermare Odisseo, l'eroe di Troia, con il loro richiamo: " Qui, presto, vieni, o glorioso Odisseo ( racconta Omero, in Odissea, libro XII,,184 ess.), grande vanto degli Achei, ferma la nave, la nostra voce a sentire. Nessuno mai si allontana di qui con la sua nave nera, se prima non sente, suono di miele, dal labbro nostro la voce.......".. Le Sirene, in quei tempi lontani, erano uccelli con il volto di donna, abitavano oltre la punta estrema del golfo, su un gruppo di isolette dette proprio Sirenussai. Con il loro canto melodioso attiravano i naviganti che perciò non badavano più alla rotta e facevano naufragio. Il furbo Odisseo però, messo sull'avviso dalla Dea Minerva, aveva otturato le orecchie dei propri compagni di viaggio, mentre lui si era fatto legare al palo della nave in modo da ascoltare il canto ma senza potersi muovere e cedere alle lusinghe. Le Sirene ci restarono male: una di loro, di nome Partenope ( la vergine in greco antico), addirittura morì per il dolore di questa sconfitta, e cadde a mare. Il suo corpo, dopo un lungo tragitto tra le onde del mare, si spiaggiò su quell'isolotto. Lì fu trovato e fu eretto un sepolcro, onorato da tutti gli abitanti del luogo.
Intorno al X secolo a.C. sbarcarono su quell'isola navigatori Achei, Micenei e Fenici, La chiamarono Megalia e poi Megarides, termine greco che indicherebbe o la casa , l'abitazione ( Rocci, vocabolario Greco-Italiano). Essi conoscevano la storia di Odisseo e di quella grande guerra che si era combattuta a Troia, e trovarono il sepolcro. Apprezzarono l'area, la ritennero idonea per fermarsi e stabilirsi, videro di fronte all'isola una grande rupe a picco sul mare, una spiaggia e la grande foce di un fiume. "i primi coloni approdarono nell'isola di Megaride e nell'insenatura creata dalla foce del Sebeto, ai piedi del promontorio di Pizzofalcone" (C.de Seta, NAPOLI, ED. Laterza, 1981 ).
C'erano tutti gli elementi a loro necessari, l'altezza del promontorio che garantiva la sicurezza, l'acqua salata per le navi e la pesca, l'acqua dolce per bere e coltivare la terra. Lì si stabilirono e al villaggio diedero il nome di Parthenope, in onore di quel sepolcro per il quale diedero luogo a feste e cerimonie annuali.. Possiamo pensare anche che quel nome dal significato di "vergine" poteva indicare o una qualche fanciulla morta giovane o anche un terra intatta, non occupata a da nessuno..
La favola finiva quì, i primi coloni, in realtà, cercavano di stabilire empori commerciali e basi navali oltre che colonie: essi portavano con loro miti e leggende, che poi ambientarono in quei luoghi, a Ischia dove nel vulcano sarebbe stato nascosto il gigante Tifeo che provocava terremoti e eruzioni, alla punta della Campanella e poi alle isole Li Galli, i luoghi delle Sirene, di fronte a Positano, dove le correnti marine portavano spesso le imbarcazioni a schiantarsi contro di esse, naufragando, per non parlare dei Campi Flegrei dove, tra i fumi e i vapori dei vulcani era stato individuato l'ingresso dell'Averno, il regno dei morti.
Qualche secolo dopo, circa il V a.C., fu fondata Neapolis, la nuova città per distinguerla da Partenope, con le sue alte mura e dopo ancora, arrivò Roma. Ma il culto della Sirena restò, i conquistatori Romani non toccarono i miti locali, ma, incantati dalla bellezza dei luoghi, lungo le colline di Posillipo, sulla Riviera e altre zone vicine, iniziarono a costruire domus e ville.
Fu così che nel I secolo a.C., a Pizzofalcone, si stabilì Lucio Licinio Lucullo, romano.
Appena si pronunzia il nome Lucullo si pensa immediatamente ai pranzi che da lui prendono il nome, a fastosi e incredibili banchetti e cene. Ma non fu sempre così. Lucullo fu prima di tutto un importante rappresentante del ceto aristocratico che fece il suo cursus honorum e si distinse per la profonda cultura, parlava latino e greco, e le qualità di comandante militare. Dopo la vittoria su re Mitridate , in Asia minore (69 a.C.) egli si ritirò ricco e visse tra la villa di Roma e quella di Baia, dove fu un vero innovatore della pescicoltura di specie pregiate come aragoste, murene e gamberi e piantò il ciliegio e il pesco, portato dall'Asia.
Acquistata tutta l'area occidentale extra moenia di Neapolis, Lucullo edificò una grandiosa villa che dal Monte Echia scendeva fino al mare,dove sfociava il fiume Sebeto, dall'attuale piazza Municipio fino a Santa Lucia, compreso l'isolotto di Megaride.Essa ospitava una tra le più ricche e selezionate biblioteche private dell’antichità, allevamenti di murene e pwsci di varie specie, i frutteti di pesco e di ciliegie. Difficile immaginarne l'aspetto dal momento che oggi non c'è più niente che possa ricordarlo. Una pallida idea può però fornircela ciò che resta della villa di Vedio Pollione, a Posillipo, che scende fino alla Gaiola.
Dopo Lucullo e i suoi eredi, il complesso passò al Demanio dell' Impero che ne iniziò lo divise in varie proprietà e complessi abitativi. Verso il V secolo d.C., tutta l'area ex-lucullana, in particolare nella parte degradante verso il mare, fu fortificata dall’ imperatore Valentiniano III. Appena in tempo, poichè l'impero d' Occidente era giunto al capolinea. Il Mediterraneo non era più il mare nostrum, si stavano formando Regni barbarici e tra poco sarebbero arrivati anche i pirati Saraceni. Ora erano necesarie fortificazioni, bisognava alzare muri, torri di guardia e castelli.
Gli edifici esistenti su Megaride divennero un castrum, un castello, anche se era molto diverso da quello che vediamo oggi. La costruzione di un castrum romano sulla terraferma era in genere preceduta da una ricognizione del terreno, dalla scelta del materiale da utilizzare e intorno veniva scavato un fossato per motivi di sicurezza. Megaride non dava scelta: essendo una insula maris era già abbastanza isolata e protetta da eventuali assalti . Dovevano solo essere eretti muri e torri.
Per la costruzione furono utilizzati grossi blocchi di tufo e pozzolana, materiale molto usato fin dall'antichità: sono state scoperte di recente nei fondali subacquei del castello gallerie, lunghe quattro / cinque metri che si è ritenuto siano dovute a uno sfruttamento del fondo del mare probabilmente come cava di pozzolana.
Nel 476 d. C., il barbaro ma furbo Odoacre, arrestò il giovane Romolo Augustolo Imperatore, che in quell'anno doveva avere circa 12/13 anni, ma non lo ammazzò. Lo fece invece accompagnare a Napoli e lo ospitò nella fortezza di Megaride. Romolo, che per uno scherzo del destino, aveva lo stesso nome del fondatore di Roma e del primo Re, fu invece l’ultimo imperatore dell'impero romano d'Occidente e di lui non se ne seppe più niente.
Napoli e i dintorni erano occupati dai Goti: contro costoro, nel 530 circa l' imperatore d' Oriente Giustiniano lanciò una campagna per riconquistare l'Italia. Fu una guerra lunga e ebbe termine solo dopo circa 20 anni, ma alla fine Napoli, la Sicilia e la Puglia e altre zone a nord , come Ravennafurono orioccupate da truppe romane d'Oriente. Con l'occupazione bizantina arrivarono anche suore e monaci di rito greco come i basiliani, detti così perchè seguivano la regola di S.Basilio Magno.
Napoli si stava trasformando in Ducato autonomo (G. Attinà, il Ducato, ed. Kairòs, 2016), bisognava trovare una sistemazione a quei monaci. Così fu deciso che, fuori le mura della città, c'era, anche se non proprio in condizioni decorose, una antico castrum su un isolotto di fronte alla costa, vicino a una chiesetta intitolata a S.Lucia. I monaci, perciò, furono insediati nel castello di Megaride, che chiamarono del Salvaatore. Essi ristrutturarono le sale del castello, e le destinarono a refettori, a cimiteri per i monaci e a scriptorium, luogo dove venivano trascritti i libri, probabilmente testi che erano stati recuperati e conservati dalla biblioteca della villa di Lucullo.
Napoli si stava lentamente avviando alla conquista dell'autonomia da Bisanzio, che arrivò nel IX secolo. Ma la città era pressata da potenti vicini: i principati longobardi di Benevento , di Salerno e di Capua, i Saraceni, i Papi e, infine, i Normanni. La posizione del castello non era sicura: soggetta ad attacchi da parte dei vari nemici e soprattutto dei Saraceni, fu utilizzata come fortezza difensiva, ma nel IX secolo, verso l'870, fu conquistata dai pirati che vi rinchiusero il Vescovo Atanasio, catturato durante la razzìa in città.
Si pensò quindi che quella costruzione non era sicura e poteva servire come base agli stessi saraceni per una invasione della città. Ai monaci perciò fu trovata un’altra sistemazione sicura in terra ferma, a Pizzofalcone, mentre si pensò di abbattere l’edificio sito a Megaride, Solo nel X secolo però, tutto il complesso venne distrutto.
Intorno al 1100 però si iniziò a ricostruirlo, almeno in parte tant'è che nel 1140 Ruggero II di Sicilia, conquistata Napoli, ne fece la propria sede provvisoria, quando era nella città.
Fu allora che si cominciò a spargere tra la popolazione un'altra favola e le favole non si sa come bascono né chi le pensa: si disse che prima di terminare la ricostruzione, un Mago di nome Virgilio (M.Buonoconto, Napoli esoterica, ed. Newton) " in una gabbietta che fece murare in una nicchia delle fondamenta"aveva chiuso un uovo che avrebbe mantenuto in piedi l'intera fortezza. La sua rottura avrebbe provocato non solo il crollo del castello, ma anche una serie di rovinose catastrofi alla città. Chi era questo Virgilio? Forse il grande poeta romano, che aveva scritto l'Eneide e che era stato considerato un alchimista e un cultore di misteri orfici ? oppure  un monaco di nome Virgilio operante nel castello anni prima, anche lui conoscitore di segreti e misteri esoterici? Non si sa , ma la voce stravagante si sparse tra il popolo, poi tra i nobili e la stessa Corte, andando avanti nei secoli successivi fino a quando, nel XIV secolo, ai tempi della regina Giovanna I d'Angiò, la denominazione ufficiale del castello era già quella ancora oggi esistente: il Castel dell'Ovo.
Nel 1154 il figlio di Ruggero, Guglielmo fece costruire un altro castello, allo sbocco del decumano maggiore, nel quale egli trasferì la propria residenza e la Corte quando si spostava a Napoli da Palermo, che era la capitale del Regno. In sua assenza vi sedeva il Vicario.
Il castel dell'Ovo continuò la sua funzione di difesa, venne rafforzato con la costruzione di nuove torri, la Normandia e, nel 1222, la Torre Maestra e la Torre di Mezzo. Federico II vi fece insediare l'Erario dello Stato e il tribunale della camera regia.
Nei periodi successivi con gli Angioini fu in parte restaurato e furono apportate modifiche per utilizzarlocome sede per il tesoro e per la corte. Nel 1370, la regina Giovanna I lo fece ricostruire e approfittò dell’occasione per effettuare dei restauri. Il periodo giovannesco si chiudeva con guerre per l'eredità del regno e scontri violenti tra varie fazioni . I castelli della capitale erano ora in mano della regina legittima, altri com il castello dell'ovo in mano al pretendente Carlo di Durazzo. Il castel dell'Ovo divenne prigione di Stato, ospitando avversari politici.
Castel dell' Ovo oggi
Dal 1442 sul trono di Napoli si insediò Alfonso d’Aragona, che insieme ai successori, apportò nuove modifiche a tutte le fortificazioni di Napoli e dintorni, compreso il Castello dell'ovo. Negli anni 50 del XV secolo si iniziarono lavori che ripararono una strada di collegamento tra il castello e il Chiatamone. Lo stesso castello, che era stato bombardato, fu modificato e assunse una struttura più massiccia: ad esempio le alte torri di tipo medioevale, vennero ridotte in altezza e diventarono più spesse. Fu poi durante il viceregno spagnolo che la linea architettonica del castello mutò drasticamente, le torri vennero ricostruite in forma ottagonale, le mura inspessite e gli armamenti ammodernati, fino a giungere allo stato in cui si presenta oggi. Essendosi modificata anche la linea di costa, più vicina al castello, fu costruito un nuovo ponte di collegamento con la terraferma. Ammodernamenti e ristrutturazioni andarono avanti anche nei secoli successivi: i Borbone fortificarono ancora di più il castello e aggiunsero due ponti levatoi, l’edificio e fu utilizzato solo come prigione e avamposto militare. Con l'unità perdeva anche queste ultime funzioni, la struttura fu abbandonata senza o poca manutenzione e ne fu proposto addirittura l’abbattimento. Per fortuna la proposta rimase solo sulla carta, ma il castello restò in stato di abbandono fino al 1975, anno in cui iniziarono i restauri per rimetterlo in sesto.
Oggi il Castello fa parte del panorama classico di Napoli, è stato ristrutturato e un bel ponte illuminato lo collega al via Caracciolo. Il castello è meta turistica ed è inserito nel cosiddetto Borgo marinaro. Vi si tengono convegni e cerimonie.

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