domenica 23 maggio 2021

Giustiniano e i Goti

 

Giustiniano e i Goti

 

Nel VI secolo d.C., la penisola italiana fu sconvolta da una “grande” guerra che iniziò nel 535 e durò per più di vent’anni. Fu una guerra di aggressione a uno Stato sovrano riconosciuto dallo stesso Stato aggressore.

L’ Italia non aveva niente che poteva attirare o essere di qualche utilità economica, salvo naturalmente un prestigio politico: la vecchia Roma era solo un ammasso di rovine sulle quali si ingrassavano papi, ecclesiastici e classi aristocratiche.  

Lo Stato aggredito fu il Regno d’Italia, costituito dal 493 d.C. da Teodorico, re dei Goti, con capitale Ravenna: era un Regno cristiano, unitario dalla Sicilia alle Alpi e alla Dalmazia, ormai ben organizzato e con buoni risultati in campo economico. La gestione degli affari civili e diplomatici era generalmente affidata a funzionari romano-italici, mentre la parte militare era organizzata e comandata da ufficiali Goti. Nel 535 si era alla seconda o alla terza generazione gota, nata e educata in Italia secondo la cultura e i sistemi latini ed erano cittadini romani (jus soli?), il Re si chiamava Teodato.

Giustiniano
Lo Stato aggressore era invece l’Impero Romano d’Oriente con capitale Costantinopoli, governato in quell’anno da Giustiniano, “Basileus e Kaisar dei Romei”, ovvero Sovrano e Imperatore dei Romani, il quale si era messo in testa di riprendersi Roma e l’Italia caduta in mano ai barbari. Egli forse non ricordava o ignorava che erano stati i suoi predecessori, come Zenone, a mandare in Italia i barbari Goti di Teodorico e a premettergli di stabilirvisi.

Giustiniano, insieme ai suoi generali, pensava che l’operazione sarebbe stata semplice e di breve durata, che la popolazione latina avrebbe applaudito l’intervento militare e il ritorno dei cugini “romei”.

L’inizio, infatti, non fu niente male: sbarcato in Sicilia nell’autunno del 535, Belisario, il migliore dei generali imperiali, trovò scarsa resistenza, facilmente attraversò lo Stretto e risalì per la Calabria proseguendo verso Napoli. Una vera passeggiata.

Ma non poteva durare.  Davanti alle mura della città partenopea tutto cambiò e niente andò più secondo le previsioni. Davanti a quelle mura, Belisario dovette fermarsi e porre l’assedio. Lì iniziò la vera guerra. Procopio di Cesarea, che aveva preso parte alla spedizione come segretario del generale, scrisse poi la storia di questa guerra fatta di massacri, violenze, distruzioni, crisi economica, migliaia i morti e feriti, carestie e epidemie e, alla fine, dopo circa vent’anni, inconcludenti risultati.

Regni romano-barbarici
 A Napoli iniziò la vera guerra. il grosso dell’esercito aveva posto l’assedio a Oriente, probabilmente davanti a porta Capuana, mentre altri reparti si erano accampati nella vallata sottostante alla Sanità. L’assedio si trascinò per parecchio tempo, la città fu presa per caso, e con l’inganno, attraverso dei pozzi sotterranei che sbucavano poi all’interno delle mura.  Il massacro che ne seguì fu tale da provocare l’intervento del Papa: secondo M. Schipa, il generale Belisario fu aspramente “rampognato a Roma dal pontefice Silverio per gli eccidi commessi nella città”.

 Nel corso della guerra, qualche anno dopo, Napoli fu assediata di nuovo ma questa volta dalla resistenza Gota, che voleva riprenderla, e fu costretta ad arrendersi per fame: alla resa non seguì però alcuna violenza, anzi, il Re Totila risparmiò e sfamò la popolazione e fece anche accompagnare il presidio orientale con cavalli e uomini, senza toccarli, fino a Roma. Che differenza con il massacro compiuto da Belisario e i suoi!

La guerra continuava a mietere vittime tra la popolazione e morti e feriti tra soldati di entrambi gli schieramenti. Buona parte della popolazione italiana fu decimata dagli assedi, dalle carestie e dalla peste.moltissimi – narra Procopio - caddero vittime di ogni specie di malattie... Nel Piceno, si parla di non meno di 50.000 tra i contadini, che perirono di fame, e molti di più ancora furono nelle regioni a nord del golfo Ionico... Taluni, forzati dalla fame, si cibarono di carne umana...”.

I Goti non erano sconfitti, essi difendevano quella che ora era la loro patria da una aggressione straniera, ma la guerra proseguiva tra alti e bassi, tra il Nord e il centro Italia, e diventava sempre più difficile. Totila fu ferito in battaglia e morì, al suo posto fu scelto un giovane ufficiale di nome Teia. La guerra si spostava ora più a sud verso il Vesuvio e i Monti Lattari dove il terreno impervio del luogo, poteva proteggere la resistenza gota dagli attacchi nemici. Ma i Goti erano alla fine, lo sapevano, lo immaginavano, ma non si arresero se non nell'ottobre del 552, dopo una ennesima disperata battaglia che ebbe luogo nel territorio che oggi è tra Angri e S. Antonio Abate. Teia mori in battaglia e fu l’ultimo re dei Goti italiani.

Restavano alcune sacche di resistenza soprattutto nel settentrione dove si verificò una ribellione sostenuta da un esercito franco-alemanno che stava arrivando in soccorso contro l’invasore orientale. La guerra andò perciò avanti fino al 561, quando Widin, il capo della resistenza, fu catturato e messo a morte.

Il regno goto d’Italia era finito, al suo posto nacque una nuova organizzazione amministrativa che metteva la penisola in mano a Costantinopoli e ai suoi funzionari civili e militari con l’istituzione, da nord a sud, dei Ducati.  Ma fu tutto inutile: pochi anni dopo, nel 568, una nuova invasione arrivò da Est, erano i Longobardi che spazzarono via nei territori a nord del Po tutte le difese romano-bizantine. Ne parleremo prossimamente.

 

 

 

 

 

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