lunedì 11 giugno 2018

VOMERO




Larghi e strade

Le vie dello shopping

Per interrompere il racconto di larghi e strade dalla storia antica, millenaria, oggi parleremo di vie e piazze di un quartiere definito, da alcuni, “senza storia”. Si chiama Vomero, è in collina, ed è nato, come quartiere, appena nel 1885. Fa parte del sistema collinare che abbraccia la città: va da Capodimonte verso i Colli aminei, attraversa il Vomero e si dirige verso Posillipo. La storia della collina è, in realtà, molto antica, e   oggi le strade più moderne si incrociano con i resti di antichi sentieri e vecchi edifici.
Iniziamo dal nome. “Vòmero” deriverebbe dal “vòmere”, l’organo principale dell’aratro, perché su questa collina, anticamente, c’erano poderi e masserie, campi coltivati e perciò contadini. Alcuni parlano anche di un "gioco del vomere" che i contadini della collina praticavano nei giorni di festa, sfidandosi a tracciare con l'aratro il solco più diritto.
In epoca romana, il Vomero veniva chiamato “Paturcium”, e in epoca ancora più antica veniva indicata, insieme a tutto il sistema collinare, “Pau-silipon”, parola del greco antico che significa pausa che acquieta il dolore, che libera dagli affanni. Tutta la zona era indicata, infatti, per l’aria buona e per l’ ”otium”, il riposo dalla vita pubblica, e la meditazione.



Collina del Vomero, dipinto 1795

Tutta l’area restò cosi per secoli: campi coltivati, pascoli e molte ville e masserie, raggiungibili dalla citta bassa attraverso sentieri, che ancora oggi possono essere percorsi a piedi: la Pedamentina che arriva a San Martino, la salita del Petraio (che parte da Chiaia), l'Infrascata (Salvator Rosa), i Cacciottoli (da piazza Leonardo), e Calata San Francesco che parte da via Belvedere.
Questa ultima è, da sempre, la via che congiunge il Vomero Antico, sorto in epoca romana, e il Vomero Moderno, insieme a Antignano.
Qui si arrivava partendo da Neapolis: il sentiero, costeggiando corsi d’acqua e tra pini e querce, si inerpicava su per i Ventaglieri o il Cavone giungendo nella zona di piazza Mazzini. Da qui si saliva per l' Infrascata, via Salvator Rosa e via Conte della Cerra, dove troviamo ancora oggi tracce di un ponte viadotto di epoca romana vicino alla stazione della Metropolitana.
Intorno alla strada, sorsero sicuramente case e casali rustici, poderi e masserie, ma anche un mercato, “cauponae”, taverne e luoghi di ristoro per mercanti e viaggiatori, militari e corrieri e almeno un villaggio. La strada detta “via per montes”, dopo qualche tempo, cominciò ad essere chiamata “Antiniana” e così il villaggio “Antignano”, cioè, ante Anianum.
Da Antignano infatti si poteva proseguire verso Agnano, per poi raggiungere Pozzuoli e Cuma o per la via Belvedere e la Canzanella fino a via Terracina, o per la via delle Case puntellate e la Pigna.
Al XIII secolo risalirebbe “Jesce sole, jesce sole, nun te fa cchiù suspirà, siente maje che li’ figliole hanno tanto da prià”, una preghiera rivolta al Sole di uscire per asciugare i panni appena lavati nei lavotoi pubblici del Vomero, che si dice esistessero ancora a fine ‘800.
Fino al XIX secolo quest'area era quasi totalmente agreste, e vi si potevano trovare solamente sporadiche masserie e qualche villa nobiliare, come a Antignano, quella di Giovanni Pontano,poeta e umanista del XV secolo, invisibile oggi ai più malgrado una grande tabella sulla parete esterna.
Poco distante dalla villa fu posto il dazio del regno, con la costruzione di una lungo muro – dalla Maddalena ai Colli Aminei e dal Vomero a Mergellina - detto Finanziere -, per impedire l’ingresso di merci di contrabbando, intervallato da accessi doganali.
Uno di questi è ancora visibile in largo Antignano sul muro di un vecchio fabbricato a due archi dove oggi c'è una tabaccheria: nascosta e scolorita dal tempo e dalla incuria, una piccola lapide ci avverte con l'iscrizione: Qui si paga per gli regj censali. 




Piazza Vanvitelli


Di quel muro, abbattuto nei primi anni del ‘900, restano ancora oggi tracce ben visibili, sparse un pò dappertutto. Al Vomero se ne possono vedere tratti in via E.A. Mario, così come ai Colli Aminei, dove il Finanziere continua a correre nei pressi della Stazione Metro.
Il nuovo rione fu inaugurato nel 1886/87 con la costruzione delle Vie Scarlatti e via Luca Giordano; lungo queste due strade furono costruiti palazzi e villette che oggi definiamo d’epoca, e che ancora vediamo fino a piazza Vanvitelli e oltre, mentre l’Arenella era ancora un villaggio, e la piazza Medaglie d’oro non era neanche un’idea.

Il quartiere fu quindi ideato e progettato basandiosi sulle due strade più centrali, che a un certo punto si incrociano.  Via Luca Giordano che parte proprio dal largo Antignano e va in leggera pendenza verso il centro incrociandosi con la via Scarlatti che sale verso la pizza Vanvitelli e   prosegue oltre per ricongiungersi ad altre vie per arrivare a S. Elmo e alla Certosa di S. Martino.
Erano gli anni del cosidetto Risanamento, l’intervento urbanistico del 1884 che, con la scusa dell’epidemia di colera, abbattè   edifici pubblici e privati e trasformò il centro storico.
Tutte le strade del nuovo quartiere furono intitolate ad artisti napoletani.
La via intitolata al pittore napoletano Luca Giordano (1634/1707) fu tracciata e lottizzata col primo nucleo del nuovo quartiere tra il 1886-1889 ma il grosso della edificazione si protrasse fino agli anni ’30. All’inizio del Novecento lungo questa strada iniziarono a sorgere i primi palazzi in stile neorinascimentale e alcune villette in stile liberty partenopeo. La via termina con una scalinata che scende in via Aniello Falcone.
Anche via Alessandro Scarlatti ( musicista 1660/1725) fu tracciata nel 1887, insieme alla contigua piazza Vanvitelli, da dove scende  e si allunga fino al ponte di via Cilea proseguendo a sinistra fino all’incrocio con via Doria, via Belvedere e via A.Falcone.
Anche quì furono costruiti   grandi edifici in stile umbertino; quelli della piazza Vanvitelli sono quattro uguali e richiamano alla mente i quattro palazzi della piazza lungo il Rettifilo.
 Il forte sviluppo del quartiere si verificò negli anni '50/'60 del secolo scorso, con una urbanizzazione selvaggia, senza vincoli e controlli. In quegli anni si verificò l’assalto alla collina, l‘ occupazione di zone ancora rurali e la costruzione di condomini alveari, sempre più grandi, e un vero e proprio esodo di intere famiglie che, dal centro storico, andarono a popolare i nuovi rioni.


Via Scarlatti

La conseguenza fu che, insieme ai nuovi residenti, sorsero tutti i servizi e le varie attività commerciali, e perciò scuole, banche, negozi, bar, uffici comunali, uffici postali, ospedali ed altro.
Ben presto le due strade e la piazza diventarono il ritrovo più elegante e ben frequentato di Napoli, oggi sono i luoghi dello schopping più visitato, bar, ristoranti e chiacchiere, sono le strade dello “struscio”, di quella passeggiata, cioè, lento pede, con amici e parenti chiacchierando, fermandosi e poi riprendendo il cammino, guardando distrattamente qualche vetrina, socializzando e prendendo un caffè, insomma perdendo tempo e in una parola “ ca…giando”.
Soprattutto poi da quando le due strade, dalla metà degli anni ’90 del XX secolo, sono state pedonalizzate a danno, però, delle vie laterali invase dal traffico veicolare. All’incrocio delle due strade c’era la “villa di Lucullo”, famosa friggitoria, in concorrenza con l’altra “Imperatore” situata quasi di fronte, in via Scarlatti. Qui trovavi anche il bar Daniele e addirittura un cinema, l’ “Ideal”.
Non è sopravvissuto niente.  Miracolosamente ancora esiste e, soprattutto resiste agli assalti della “civiltà”, uno spazio verde: è la villa  ”Floridiana”, uno dei posti più belli non solo del Vomero, ma della città.



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