mercoledì 18 ottobre 2017

Ponti di Napoli, Casanova

Ponti di Napoli
Ponte di Casanova


Chiariamo subito che il famoso Giacomo, veneziano, non c'entra niente. “Casanova” indica soltanto edifici e abitazioni “nuove” costruite nell'area dell'Arenaccia, quando Napoli fu investita dai lavori del Risanamento alla fine del XIX secolo.
"Arenaccia” etimologicamente deriverebbe da “Arena”, sabbia, terreno arenoso, in napoletano “Rena”. Si trova nella parte orientale di Napoli, verso Poggioreale e la zona detta della Doganella.
In questa area, nel XVI secolo, si tenevano tornei e giostre sulla sabbia, che però diventava fangosa per l’accumulo delle acque piovane, dette lave, che scorrevano giú per i Camaldoli, il Vomero, da Capodimonte e Capodichino. Dal vocabolario napoletano di Vincenzo De Ritiis (1845): la "Renaccia. Così chiamasi quella zona di terra incolta all’oriente di Napoli per la quale corrono le alluvioni che discendono dalle alture settentrionali".
Tutte le testimonianze sul Sebeto attestano che il fiume passava per questa strada, prima di gettarsi nelle acque del porto, nei pressi del castello del Carmine.
Via Casanova
La prima costruzione del ponte iniziò solo nel 1812, con il re Gioacchino Murat che voleva raggiungere, da via Foria, il campo di Marte a Capodichino, oggi Aereoporto, dove si effettuavano manovre militari. Ma i lavori non furono iniziati che molti anni dopo, nel 1840, e il ponte venne inaugurato da Ferdinando II di Borbone. Nello stesso periodo si ipotizzarono interventi a occidente nell'area di Chiaia, Posillipo e sulla collina del Vomero, con relative liee di collegamento con gallerie e funicolari. Un progetto molto moderno, poi attuato e perfettamente funzionante ancora oggi. Furono inoltre ideati interventi di risanamento delle aree orientali della città, allora extraurbane , oggi tra il corso Garibaldi e S. Giovanni a Teduccio, e di edificazione di un nuovo quartiere residenziale destinato alle famiglie operaie. Era previsto infatti l'espansione del porto e l'insediamento di industrie, soprattutto siderurgiche, in quell'area dove si trovavano le stazioni delle prime linee ferroviarie. Fu inoltre presentato al Re un progetto nel quale si trovava già il tracciato del Corso Garibaldi ed il disegno di alcuni dei fabbricati lungo il suo percorso.
Gli eventi politici del 1859-1860, la guerra e la fine del Regno non permisero di portare a termine I progetti, già peraltro attuati in parte. Dopo l'unità si fermò tutto e un nuovo progetto, a causa di lungaggini burocratiche, dovette attendere oltre trent'anni e l'epidemia di colera del 1884, per trovare attuazione con la Legge per il Risanamento di Napoli. Fu sventrato il cuore storico della città, furono abbattuti interi quartieri popolari, migliaia di persone persero le loro case per far posto a nuove strade, a palazzi destinati alla media e alta borghesia e a rioni di edilizia popolare. Furono perciò costruite le “Case nove” che diedero il nome al quartiere e al ponte che, però, era ormai a livello stradale (come da foto della via Casanova) e non aveva più alcuna funzione. Oggi non ne ho trovato traccia neanche in un disegno, ed è diventato, come il ponte della Maddalena, solo un toponimo urbanistico.



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