Napoli e il dott. Faust
“…...Then
up to Naples,
rich Campania,Whose buildings fair and gorgeous to the eye, The
streets straight forth, and pav'd with finest brick, Quarter the town
in four equivalents:There saw we learned Maro's golden tomb, The
way he cut,* an English mile in length, Thorough a rock of stone,
in one night's space; …...”, (dott.
Faustus di Crisstopher.Marlowe, 3° atto, scena prima).
                                                          Introduzione
Enzo Scala, direttore della Scuola superiore di
arte drammatica con sede a Tenerife, Canarie,  regista e attore e
docente, mi scriveva qualche giorno fa:
"Caro Giovanni, sto dirigendo l'atelier di teatro
classico con i miei alunni del cuarto e ultimo anno. Ho scelto il
Fausto di Marlowe ,  e grata é stata la
mia sorpresa quando leggo que di ritorno da un viaggio que gli
propone Mefistofele, Fausto commenta cosí la gita: 
“…...e dopo, la Campania felice, fino a
Napoli: le case son belle qui a vedersi, lussuose,le strade ben
diritte, e lastricate di bei mattoni; e lì, la tomba d'oro vedemmo
di Marone il savio, e quella strada ch'egli tagliò, lunga d'un
miglio traverso una pietrosa rupe, in una notte soltanto...”
A margine del
testo inglese c'è inoltre una nota: “During
the middle ages Virgil was regarded as a great magician, and much was
written concerning his exploits in that capacity. The LYFE
OF VIRGILIUS,
however, (see Thoms's
EARLY PROSE ROMANCES, vol. ii.,) makes no mention of the feat in
question. But Petrarch
speaks of it as
follows” ,seguito da un brano in latino: "Non
longe a Puteolis Falernus
collis
attollitur, famoso palmite nobilis. Inter Falernum et mare mons est
saxeus, hominum manibus confossus, quod vulgus insulsum a Virgilio
magicis cantaminibus factum
putant: ita clarorum fama hominum, non veris contenta laudibus, saepe
etiam fabulis viam facit. De quo cum me olim Robertus
regno clarus, sed praeclarus
ingenio ac literis, quid sentirem, multis astantibus, percunctatus
esset, humanitate fretus regia, qua non reges modo sed homines vicit,
jocans nusquam me legisse magicarium fuisse Virgilium respondi: quod
ille severissimae nutu frontis approbans, non illic magici sed ferri
vestigia confessus est. Sunt autem fauces excavati montis angustae
sed longissimae atque atrae: tenebrosa inter horrifica semper nox:
publicum iter in medio, mirum et religioni proximum, belli quoque
immolatum temporibus, sic vero populi vox est, et nullis unquam
latrociniis attentatum, patet: Criptam
Neapolitanam dicunt, cujus et in
epistolis ad Lucilium Seneca
mentionem fecit. Sub finem fusci tramitis, ubi primo videri coelum
incipit, in aggere edito, ipsius Virgilii busta visuntur, pervetusti
operis, unde haec forsan ab illo perforati montis fluxit opinio."
ITINERARIUM
SYRIACUM,—OPP. p. 560, ed. Bas.] ".
Non conosco l'inglese ma è stato
facile riconoscere due nomi, Virgilio e Petrarca e
capire, dal brano latino, che si parlava di Napoli ai tempi di Re
Roberto d'Angiò e della leggenda di Virgilio Mago. 
La citazione, così' particolareggiata,
di Napoli, in un dramma inglese del '500,e l'accenno alla leggenda di
Virgilio Mago, ha suscitato ovviamente  curiosità  e poi stimolo a
saperne di più e a capire come l'autore del dramma conoscesse storie
e leggende di una città così lontana.
Iniziamo
prima di tutto  con un po' di storia del periodo.
                                         L' Europa del periodo
Siamo nel XVI secolo. Il
periodo  in Inghilterra e anche in tutta l'Europa, non era dei
migliori.
L'Inghilterra e gli altri paesi
europei erano tutti  coinvolti in guerre di religione, cristiani
contro cristiani, calvinisti, luterani e cattolici. 
I
protestanti luterani seguaci di Martin Lutero, che aveva dato il via
alla riforma protestante a negli anni veti del 'XVI secolo, i
calvinisti seguaci di  Giovanni
Calvino, che in verita era svizzero
e si chiamava Jehan
Cauvin. Con Lutero
, fu anche egli riformatore religioso del cristianesimo europeo degli
anni venti e trenta del secolo, anche se il suo pensiero si distinse
in parte dal quallo luterano. 
La
chiesa cattolica, per correre ai ripari, con papa Gregorio XIII e poi
con Sisto V, avviò la controriforma con il 
concilio di Trento che durò  18 anni, dal 1545
al 1563.  Quel concilio però, invece di conciliare, sconfessò
tutto ciò che Lutero e gli altri riformatori sostenevano e, così
facendo, diede il via a dissidi, ribellioni e guerre.  Molti Stati
tedeschi si schierarono contro il Papa. 
In
   Inghilterra, Enrico
   VIII, non avendo ottenuto l'annullamento papale del matrimonio con
   la spagnola Caterina, che non poteva aver figli, si ribellò al
   papa, allontanò  Caterina, abbracciò il protestantesimo, si
   dichiarò capo della chiesa di Inghilterra e sposò Anna Bolena,
   dalla quale nacque nel 1533, Elisabetta.
  | 
| Elisabetta I | 
Nel
1558, Elisabetta, sostenuta dai suoi seguaci protestanti, salì al
trono d'Inghilterra. Fu un periodo difficile funestato da forti
tensioni religiose e tentativi di congiure contro di lei, e guerre
contro la Spagna cattolica, dalla quale l'Inghilterra uscì
vittoriosa . Sotto il suo regno  furono poste le basi della futura
potenza commerciale e marittima dell 'Inghilterra. La sua epoca fu 
anche un periodo di straordinaria fioritura artistica e culturale:
William Shakespeare, Cristopher Marlowe, Ben
Jonson, Edmund Spenser e Francis Bacon sono solo alcuni degli
scrittori e pensatori che vissero durante il suo regno. 
L'impero spagnolo era mondiale,
con Carlo V e poi il figlio Filippo II, aveva possedimenti e colonie
nella Americhe, nelle Filippine, nei paesi Bassi e dominava il
Mediterraneo dai territori insulari siciliani e continentali con
Napoli capitale.
La
Spagna fomentava ribellioni contro l'inghilterra e lo stesso Papa
Gregorio inviava truppe a combattere  a favore dei cattolici
d'Irlanda. La  Francia cattolicissima  era attraversata da dissidi
interni con altre religioni non ancora però in grado di fomentare
rivolte. Il re Carlo VIII, nel 1495, era sceso in Italia ed era
arrivato fino a Napoli nel tentativo di toglierlo agli Aragona, ma
aveva dovuto desistere e tornarsene  indietro.
Il
suo successore Luigi XII, nel 1498, riprese la guerra e accordatosi 
con il re di Spagna, Ferdinando detto il cattolico,(quello che
insieme alla moglie Isabella di Castiglia aveva dato tre navicella
aun certo Colombo), tornò  nel sud Italia e insieme agli alleati
spagnoli, riusci ad avere ragione del re di Napoli, che si arrese.
Ma
il patto tra Francesi e Spagnoli durò poco, ben presto si
scontrarono  per la spartizione del bottino. Per non farla lunga, gli
Spagnoli ebbero la meglio e il 14 maggio 1503, il Gran capitano don
Consalvo di Cordova entrò a Napoli e tutto il sud fino alla Sicilia,
divenne una provincia spagnola. A Napoli e a Palermo furono inviati
dei Vicerè che, generalmentem sfruttavano le risorse dei territori
loro affidati, senza produrre niente di  buono per il popolo e le
città.
Tranne
uno, secondo me. Napoli fu completamente trasformata e abbellita da
don Pedro di Toledo che governò 21 anni, dal 1532 al 1553, e il cui
nome resta legato a quella strada lunga, dritta e lastricata che
ancora oggi porta il suo nome. 
Ora,
però, andiamo a conoscere Cristopher Marlowe e il suo Faust.
                                        Marlowe
e Faust
  | 
| Cristopher Marlowe | 
Christopher
Marlowe,
fu drammaturgo, poeta e traduttore inglese. La data di nascita viene
collocata nel 1564 , ma non è certa, mentre certa è quella della
morte avvenuta il 30 maggio 1593 a 29 anni, nel corso di una
misteriosa rissa avvenuta in un locale malfamato. Il giovanotto si
laureò presso l'Università di Cambridge, studiava e
traduceva anche  i classici latini e i poeti italiani dei secoli
precedenti. Da quel che raccontano i suoi biografi, la sua breve vita
fu avventurosa e dissoluta. Fu accusato anche di libertinaggio e
omosessualità, e anche di essere uno 007, un  agente del servizio
segreto di sua Maestà Elisabetta I. 
Tra
le altre opere come
Dido, Queen of Carthage
(Didone, regina di Cartagine,
1586 circa) Tamburlaine,in due
parti(Tamerlano
il Grande,, 1587/1588 circa) o anche
traduzioni di classici latini come Pharsalia
di Marco Anneo Lucano
(1592 circa) e
Amores
di
Publio Ovidio Nasone (1592 ),
egli compose il dramma che ci interessa, cioè 
Doctor
Faustus (La
tragica storia del Dottor Faust, nel
1590 circa). 
Dottor Faustus
   è basato su un antico racconto popolare, forse di origine
   germanica,  che, secondo alcuni storici, potrebbe a sua volta
   essere stato influenzato da precedenti trattati latini, ma tutto è
   andato perso.
Il dramma si sviluppa  con la
   presenza di due angeli, uno maligno e uno buono che invano provò
   a redimerlo e fargli rompere l'accordo con il diavolo. 
La trama è semplice e  sarà
   ripresa con qualche modifica, nel XIX secolo, da  Wolfgang Goethe.
   Faustus  era un grande studioso 
   avido di conoscenze,e non gli bastava più quello che si studiava
   nelle Università e nelle Accademie. Egli voleva di più, si
   avventurò nel campo della magia e della stregoneria. Nello studio
   dove aveva appena fatto un incantesimo gli apparve  il diavolo,
   Mefistofele, che gli propose un patto: Faustus, potrai avere
   tutta  la conoscenza e il sapere che desideri, aiutato da me,
   avrai la tua vita per 24 anni e al termine di questo tempo, in
   cambio, avrò la tua anima. Faustus accettò il patto.    Inutile dilungarsi molto sullo
   svolgimnto della tragedia. Ciò che mi interessa non è la qualità
   stilistica o  artistica della tragedia, né le imterpretazioni o
   l'idea dell'autore,  o il significato della leggenda, ma soltanto
   esaminare  l'origine di quelle affermazioni relative a Napoli.
Esaminiamole
   quindi nella loro completezza.
Siamo nel 3° atto, scena prima. Faustus e Mefistofele si trovano
   a Roma, addirittura negli appartamenti papali.
Faust:
   Gentile
   Mefistofele, or che abbiamo con gran diletto vista la città di
   Treviri
   grandiosa,
   tutta cinta da cime aeree, da rocciose mura, da fondi specchi
   d'acqua per fossati, di certo inespugnabili ad un principe che
   venga per conquista; e da Parigi
   poi,
   osteggiando il regno della Francia, vedemmo il Meno traboccar nel
   Reno, che folte ha rive di feraci vigne e di foreste;
   e dopo, la Campania felice, fino a Napoli: le case son belle qui a
   vedersi, lussuose, le strade ben diritte, e lastricate di bei
   mattoni; e lì, la tomba d'oro vedemmo di Marone il savio, e
   quella strada ch'egli tagliò, lunga d'un miglio traverso una
   pietrosa rupe, in una notte soltanto; e
   poi, verso Orïente a Venezia, ed a Padova; ed in una di queste
   s'alza un tempio sontuoso a minacciar le stelle con le sue
   ambiziose guglie, e le strutture d'infinite pietruzze colorate son
   ricoperte, e tutta un' opra strana d'oro
   è la volta.
   In
   tal modo, finora, passai il mio tempo. Ma ora dimmi, a quale tappa
   noi siamo? E non m'hai tu condotto tra le mura di Roma, come io
   volli?
Mefistofele:
   ora tu devi sapere,
   Faust, che questa Roma sorge su sette colli, che le fondamenta ne
   reggono: e trascorre proprio in mezzo l'onda ratta del Tevere e
   divide con sinuose sponde la città.
S'inarcano su d'esse
   quattro ponti superbi, ed apron facile il passaggio verso ogni
   parte. E sopra uno, ch'è detto Ponte Angelo, s'eleva poderoso
   molto un castello, dove tu vedrai d'artiglieria tal copia, che i
   cannoni doppi gettati in bronzo sono tanti quanti giorni vi sono
   dentro il giro di un anno; ed alle porte è un obelisco alto, che
   portò Cesare dall'Africa”.(1)
   Il
   racconto come si vede procede a zig-zag: Marlowe  cita Treviri,
   antica città tedesca, di origine romana, che egli doveva
   conoscere bene dal momento che parla di alte mura imprendibili e
   fossati intorno. Mentre sorvola su Parigi perchè avverso al regno
   di Francia, e salta direttamente ai confini tedeschi sul Reno. E'
   possibile che la Francia e Parigi vengano ignorate per i contrasti
   religiosi esistenti tra protestanti inglesi e cattolici francesi?
   Mentre alla Germania viene dedicato più spazio perchè luterana?
   Poi
   Faustus scende in Italia e illustra prima la Campania, poi Venezia
   e Padova, ma  non sa dove sia un  “tempio sontuoso” che
   infatti non nomina, ma che immagino si riferisca alla basilica di
   San Marco a Venezia: strana questa ignoranza su uno degli Stati
   più importanti della penisola, la Repubblica Serenissima di
   Venezia.. E infine Roma, la città papale odiata dai
   protestanti,di cui Marlowe doveva conoscere la storia avendo
   studiato classici latini e anche medioevali. 
    
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NOTA
   1:  I
   ponti importanti a Roma, inel XVI secolo erano effettivamente
   quattro:  Ponte Milvio, Ponte Sisto, Pnte  Elio o Sant'Angelo, e 
   Ponte Maggiore. C'era in realta anche un altro ponte che univa
   l'isola tiberina in mezzo al fiume alla terraferma, ma non era 
   importante.
   Il castel S.Angelo
     era  stato in realtà un Mausoleo, voluto da all'imperatore
     Adriano come tomba per se stesso  e per i suoi successori, 
     fu iniziato    intorno al 123 e terminato un anno dopo la morte
     di Adriano dal successore Antonino Pio.
     
                                        La
   Campania e Napoli
   
   
   Ed eccoci invece
   in Campania. La descrizione che ne fa Marlowe attraverso Faust è
   precisa e dettagliata. E' sorprendente che, alla fine del XVI
   secolo, un poeta e scrittore inglese che mai si era mosso dalla
   sua isola, parli così di una lontana città mediterranea. 
    
  | 
| Tavola Strozzi, Castel nuovo | 
Cosa
   dice Faust ?
1)
   La Campania è felice:,
   
   
2)
   Napoli ha case belle e lussuose,  
   
3)
   Napoli ha strade dritte e lastricate
   con bei mattoni, 
   
4)
   Napoli ha
   una  tomba d'oro di un tal Marone detto il savio,
5)
   Napoli ha una strada
   lunga che questo  Marone tagliò in una sola notte attraverso una
   montagna pietrosa.
La
   domanda alla quale vorrei rispondere è: Come faceva  Marlowe a
   conoscere  certi particolari della città e anche una
   specifica leggenda partenopea?
Forse
   qualcuno gli aveva raccontato di case belle e strade drittee
   lastricate ? Sarà andato lui stesso a Napoli? Avrà parlato forse
   con qualche emigrante napoletano a Londra? Forse  Marlowe
   considerava Napoli un luogo lontano e esotico,  avvolto da
   misteri, da leggende e superstizioni ? 
 In
   Inghilterra, in quel periodo, l' Italia non era amata troppo
   perchè considerata un
   grave pericolo per il corpo e per l'anima: i
   rigidi protestanti pensavano che nella penisola ci fosse molta
   libertà sessuale (pensa un po'!) e troppa tolleranza verso forme
   di perverione sessuale come l'omosessualità ( ripensa un po'!).
   Inoltre essi la ritenevano anche pericolosa per la presenza del
   Papa e dei nemici cattolici. E anche andare a Napoli, essendo un
   possedimento spagnolo, poteva essere era pericoloso. Però a
   Napoli c'era già da qualche anno una bella strada
   dritta e lastricata con bei mattoni: era
   la strada fatta costruire nel 1536 circa dal Vicerè don Pedro di
   Toledo e che ancora oggi porta il suo nome
  | 
| Decumano maggiore( via Tribunali) | 
   E
   le case belle e lussuose? Tutte
   quelle che l'aristocrazia  napoletana iniziò a costruire lungo la
   strada di Toledo. Potrebbe
   essere questa la risposta alla domanda che ci siamo posti oppure
   puo essercene un' altra e se c'è , dove la troviamo? 
   Una
   possibile risposta  la si può trovare, a mio parere, negli studi
   classici di Marlowe a  Cambridge e nella nota in latino, allegata
   al testo inglese chiamata itinerarium syriacum. 
   Fu
   Plinio il vecchio, scienziato,
   naturalista morto durante l'eruzione del Vesuvio del 79 d.C. a
   chiamare Felix
   la Campania, 
   per
   sottolineare la fertilità della 
   terra. 
Le
      case belle e
      lussuose  possono
      essere identificate con  le domus
      di Neapolis o i
      palazzi medioevali, soprattutto di epoca angioina, che
      sorgevano lungo le strade
      dritte e lastricate con bei mattoni.
E
      quali potevano essere queste strade?
      La risposta, a questo punto, è semplice, non
      è  via Toledo costruita  intorno al 1540, ma sono i
      decumani e i cardini,
      quelle vie cioè che,  sia da est a
      ovest sia  da nord a sud, di origine greca, formavano la
      griglia ippodamea della città antica. 
 Oggi
      corrispondono per esempio a via Tribunali, a Spaccanapoli, a
      via Nilo e via Atri, a S.Gregorio Armeno, tanto per citare
      quelle più note.
Detto
      ciò, ci sono altre due risposte da dare in merito al Savio
      Marone e a un'altra strada lunga scavata nella montagna
      in una notte: per cercarle  si va in un mondo particolare,
      in quello  delle magie, delle  leggende e delle superstizioni
      popolari in città.. 
      
                           Misteri,
       energie e superstizioni
Fenomeni
      naturali, punti e luoghi di forza, paure,  fantasie e
      invenzioni umane, tutto ciò che non si poteva spiegare
      razionalmente hanno dato luogo a leggende e miti in tutti i
      paesi e città della Terra.
I
      punti di forza o di alta energia sono quei  campi magnetici
      presenti sul pianeta, dove persone particolarmente sensibili
      possono avvertire un'atmosfera diversa, che può cambiare
      radicalmente lo stato fisico e mentale.
  | 
| Via Nilo | 
In
      epoche remote,   donne e uomini che vivevano a stretto contatto
      con l'ambiente,
      sapevano
      cogliere meglio di noi le peculiarità di questi siti e li
      sceglievano come aree sacre,
      dove praticavano riti  e misteri di fecondazione, guarigione e
      rigenerazione. 
L'Italia
      è ricca di luoghi di forza:
      dallo spaventoso giardino di Bomarzo,in provincia di Viterbo,
      Il
      cosiddetto Parco
      dei Mostri,
      denominato anche  Villa
      delle Meraviglie,
      un parco nel quale si trovano spaventose sculture, che 
      rapresentano mostri, animali mitologici e divinità, al
       percorso iniziatico di Castel del Monte, vicino
      Bari, costruito da Federico II. Su quella struttura ritenuta
      anomala per un castello dell'epoca, sono sorte interpretazioni
      varie su iniziazioni massoniche oppure sulla presenza del Sacro
      Graal. 
Napoli
      e i dintorni erano pieni di luoghi misteriosi e leggende  ma
      anche di fenomeni naturali inspiegabili per gli antichi
      abitanti che perciò pensarono a Dei e a magie. A Ischia, le
      eruzioni e il fuoco che usciva dall'Epomeo era dovuto alla
      presenza nelle viscere del vulcano, del gigante Tifeo che
      muovendosi provocava eruzioni e terremoti.i movimenti. 
      
Basti
      pensare,  alla tradizione del
       munaciello
      e della bella mbriana,
      al malocchio
      e la fattura, e
      l'interpretazione
      esoterica del bugnato della chiesa del Gesù nuovo.
      E poi ancora la Sanità e le catacombe, il cimitero delle
      Fontanelle e altre meno note come la strega
      di Port'alba Maria la rossa,
      e la leggenda del
      Palazzo Penne,che
      si trova nel largo Banchi Nuovi e che
      ricalca in qualche modo la vicenda di Faust e il diavolo, allo
      scioglimento del
      sangue di
      S.Gennaro,e alla leggenda di castel dell'Ovo. 
Il
      luogo di  più alta energia è stato individuato  in quella
      parte della città dove c'era il vicus Alexandrinus, quella
      che oggi è via Nilo, quartiere di
      immigrati egiziani di Alessandria d'Egitto, dove si
      celelebravano “Misteri” ai quali partecipavano solo
      iniziati che avvertivano “vibrazioni magnetiche del suolo”.
Nella
      zona, da quanto raccontano archeologi e  studiosi di
      esoterismo, già in tempi molto lontani si tramandavano
      leggende e simboli relativi a templi pagani, e a un cosiddetto
      “centro cosmico”, un luogo dove ci sarebbe una
      particolare corrente di magnetismo e di energia. Lì c'era un
      tempio contenente  una statua “velata” di Iside e di
      Horus, Dei egiziani.   
Bartolomeo
      Capasso affermava che “...in fondo alla cella vi era
      l’immagine della Dea, che i filosofi credevano fosse il
      tutto, ciò che fu, è, e sarà: essa, dai soli sacerdoti e
      dagli iniziati poteva essere veduta….”.
  | 
| Cappella S.Severo, Macchine anatomiche | 
D
ue
      millenni dopo, nello stesso luogo, un altro tempio - cristiano
      – accoglie statue “velate” e simboli, visibili dai
      soli iniziati o comunque da studiosi della materia, mentre un
      qualsiasi visitatore può provare  ammirazione, stupore o
      turbamento, ma non può comprendere i segnali esoterici in essa
      contenuti. Si tratta della
      famosa cappella San Severo,  un luogo avvolto da leggende
      popolari e misteri, pieno di magie e simboli esoterici messi lì
      da Raimonsdo di Sangro, principe di San Severo, gran maestro
      della Loggia massonica napoletana del '700. Alchimista,
      studioso di fisica, medicina, e filosofia, realizzò invenzioni
      incredibili per l’epoca, e poichè non ne spiegava mai i
      segreti, gli si creò intorno una inquietante leggenda di
      Stregone e Mago:
      il popolino che vedeva sprizzare dal suo palazzo, di giorno e
      di notte, bagliori di fornelli e sentiva stridori di macchine,
      vedeva gente strana che entrava e usciva, oggetti e opere
      straordinarie, mormorava di patti col demonio.  
Nell'area
       a nord di Napoli, invece, nei cosiddetti Campi Flegrei, da
      Agnano a Pozzuoli, sul misterioso lago d' Averno,, a Cuma dalla
      Sibilla,  nella Solfatara di Pozzuoli, i luoghi
      altamente vulcanici, soggetti a manifestazioni eruttive  e a
      bradisismi,  provocavano la fantasia degli uomini
      e producevano la nascita di miti e leggende, note ancora
      oggi..,Nella prima metà del IX secolo, con il duca Sergio I, i
      Campi Flegrei subirono la loro massima sommersione marina,
      dovuta al bradisismo negativo. A Pozzuoli le colonne marmoree
      dell’antico mercato romano, chiamato erroneamente tempio di
      Serapide, vennero sommerse
      fino a un’altezza di 6,30 metri. La popolazione si era
      spostata sulle colline circostanti. Secondo alcuni autori, in
      questa epoca il lago di Lucrino non esisteva più, essendo
      completamente sommerso dal mare, anzi appariva come una
      profonda insenatura marina che raggiungeva l’imboccatura del
      lago d’Averno. 
      
Il
        lago d’Averno situato
        
        all'interno di un cratere vulcanico spento, avvolto da 
        fiamme,
        fumi, esalazioni, gas, che impedivano a uccelli di volare e a
        pesci di vivere nell'acqua,  fece pensare all'ingresso nel
        mondo dei morti, e lì Virgilio, nell'Eneide, fece andare
        Enea nel suo viaggio agli Inferi. C'era però chi non credeva
        a tante storielle ed era molto più pratico: Marco Vipsanio
        Agrippa, collaboratore e amivo di OttavianoAugusto, nel 37
        a.C. aveva avuto l'incarico di trovare un porto sicuro per la
        flotta romana del Tirreno. Egli perciò individuò il luogo
        per la base navale facendo scavare un canale fra il mare ed
        il lago di Lucrino per formare un porto esterno e un altro
        fra il Lucrino ed il lago d'Averno per avere un porto
        interno. 
        
                                   La
      tomba d'oro di Marone il Savio
 
 
E
      veniamo  alla tomba d'oro e a
      Marone il Savio 
      
Chi
      era Marone? Un illustre sconosciuto ? No, un'altra reminiscenza
      degli studi classici di Marlowe. Si tratta nientedimeno che di
      Publio Virgilio Marone, il maggiore poeta di Roma nel periodo
      Augusteo. 
      Non
      era un romano di Roma, ma un provinciale. Era nato vicino
      Mantova il
      15 ottobre del 70 a.C. e visse in anni di grandi sconvolgimenti
      politici: guerre civili continue, Mario, Silla, Pompeo e Cesare
      e il suo assassinio alle idi di marzo del 44 a.C., poi ancora
      guerre civili, Bruto e Cassio, Ottaviano, Marco Antonio e
      Cleopatra, la vittoria di Ottaviano Augusto e la nascita
      dell'Impero.  
      Durante
      quegli anni, avendo perso molta parte delle sue terre
      mantovane, se ne andò a vivere -  indovina un po' – a
      Napoli.  
        I suoi
        scritti più importanti furono le Bucoliche e le Georgiche,
        componimenti poetici sulla vita dei campi e dei pascoli, che
        gli valsero la conoscenza di Mecenate, che aveva 
        possedimenti in Campania vicino Napoli, e l'ingresso nel suo
        circolo di poeti e  letterati dell'epoca. Egli era in buona
        compagnia, c'erano Orazio, Catullo, Ovidio, Tito Livio e 
        qualcun altro. 
Attraverso
         Mecenate, Virgilio conobbe Augusto, collaborò alla
         diffusione della sua ideologia politica e scrisse il suo
         poema più importante, l'Eneide, nel quale attraverso la
         storia dell'eroe troiano Enea, narra la storia di Roma e
         dello stesso Augusto. Lo scrisse, dicono gli storici, in
         circa dieci anni fra Napoli e Roma.  Morì
      a Brindisi il 21 settembre del 19 a. C.  appena sbarcato dalla
      nave che lo riportava indietro da un viaggio in Grecia.
 
 
 
Il corpo fu
      trasportato a
      Napoli,
      dove fu sepolto in una tomba sulla collina di Posillipo, che ha
      preso poi il nome di parco Virgiliano. Sulla tomba fu posta una
      iscrizione che raccontano dettata dallo stesso Virgilio in
      punto di morte:
Mantua
      me genuit( Sono
      nato a
      Mantova),
      Calabri rapuere (il
      Salento mi prese, nel senso che morì  in quella regione a
      Brindisi, Calabri erano  gli abitanti della Puglia, mentre
      l'attuale Calabria si chiamava Brutium),
      tenet nunc Parthenope( ora
      mi tiene, nel senso che è seppellito, Napoli);
      cecini pascua, rura, duces
      ( cantai, cioè scrissi, i pascoli, cioè le Bucoliche, i campi
      o le campagne, cioè le Georgiche ,i duci, cioè i condottieri,
      i guerrieri, cioè l'Eneide).
Da
      nessuna autore si riporta il fatto che la  tomba, come dalle
      parole di Faustus, era d' oro o comunque dorata.
      Anzi non è neanche stata individuata bene. Secondo alcuni
      infatti il tempietto con l' urna contenente le ceneri del poeta
      era collocato sul percorso che costeggiando il mare a Chiaia (
      oggi
      è la Riviera ),
      giungeva alla grotta che poi conduceva a Pozzuoli. Mentre altri
      hanno pensato a un colombario, che era un ambiente
      sepolcrale,  nelle cui pareti erano ricavate le nicchie per la
      custodia delle ceneri, esistente sulla collina di Posillipo,
      all'imbocco della crypta.
  | 
| Virgilio, busto | 
La
      fama letteraria di Virgilio dura ancora oggi, mentre è restata
      solo una curiosità quella più popolare che, a Napoli, nel
      medioevo normanno e angioino, lo indicò e venerò come
      “Savio”, cioè come Mago, attribuendogli poteri
      taumaturgici e protettivi della città. 
Virgilio
      diventò una specie di  patrono della città, dopo la Sirena
      Partenope e prima dell' ascesa di San Gennaro. Gli scrittori
      medioevali biografi di Virgilio scatenarono la propria fantasia
      nell'attribuirgli le cose più strampalate e incredibili, come
      ad esempio la costruzione di
      un
      cavallo di bronzo
      capace di mantenere sani i cavalli, una
      mosca di bronzo
      col potere di allontanare le mosche dalla città, un
      macello
      nel
      quale la carne poteva mantenersi intatta per sei settimane, una
      statua di bronzo che rappresentava un uomo con l’arco teso e
      la freccia pronta a essere scoccata verso il Vesuvio, per
      tenerlo sotto controllo e difendere Napoli dalle eruzioni. E
      non finisce qui. Sarebbe stato Virgilio il mago a consigliare
      all'imperatore di costruire l'acquedotto del Serino, che
      arrivava fino a Miseno; avrebbe poi fatto costruire una rete
      fognaria e pozzi e fontane per la città oltre ai complessi
      termali di Baia e Pozzuoli, per cui fu anche necessario scavare
      un traforo nella collina di Posillipo.  
Evidentemente
      è per questa fama di magia e di alchimie unite a superstizioni
      popolari  e alle paure dei demoni, che Marlowe ne parla
      accennando anche alla costruzione di  una grotta in una sola
      notte, ma dimenticando quella magia ancora più famosa a
      Napoli, quella dell' Ovo nel castello omonimo. 
Al
      tempo della conquista nornanna della città da parte di Ruggero
      II di Sicilia, nel 1140, il castello diventò la residenza del
      re. 
Fu
      allora che si cominciò  a spargere tra la popolazione la
      favola dell'ovo: si disse che, un Mago di nome Virgilio,“in
      una gabbietta che fece murare in una nicchia delle fondamenta”(
      M.
      Buonoconto,
      Napoli
      esoterica
      ),aveva
      chiuso un uovo
      che avrebbe mantenuto in piedi l'intera fortezza. La sua
      rottura avrebbe provocato non solo il crollo del castello, ma
      anche una serie di rovinose catastrofi alla città. La
      voce stravagante si sparse tra il popolo, poi tra i nobili e la
      stessa Corte, andando avanti nei secoli. 
      
                                La
      Crypta neapolitana
      Questi
      non erano tuttavia i soli incantesimi attribuiti a Virgilio, al
      quale si attribuì anche
       l’apertura
      in una sola notte di una strada
      lunga, che questo  Marone tagliò  attraverso una montagna
      pietrosa. 
Si
      raccontava che Marone evocò un gruppo di demoni infuocati per
      fargli scavare una grotta lunga un chilometro, ai piedi di una
      collina. Il lavoro si sarebbe completato in una sola notte, se
      non fosse passato di lì un cittadino il quale,  impaurito dai
      lampi di luce e dal frastuono del lavoro in corso, si mise a
      gridare e i demoni si volatilizzarono nel nulla. La grotta però
      era quasi ultimata perchè mancavano pochi metri alla fine. Il
      lavoro fu poi  portato a termine da altri lavoratori umani. E'
      così che nacque la Crypta Neapolitana, e la leggenda della sua
      costruzione magica si diffuse tanto che era presente ancora ai
      tempi del Re Roberto d'Angiò, e veniva chiamato la
      grotta di Virgilio. 
  | 
| Crypta,, Gaspar Van Wittel  | 
In
      realtà, come narra
      Strabone,  il tunnel fu  realizzato
      da Lucio Cocceio Aucto,
      architetto che nel 37 a.C. aveva già lavorato con Agrippa ai
      canali che univano lago d'Averno e Lucrino al mare, nel golfo
      di Pozzuoli.
 
La
      crypta doveva far parte di una rete di infrastrutture militari,
      ma al termine delle guerre, la grotta continuò ad essere
      utilizzata come infrastruttura civile, per raggiungere più
      facilmenete e velocemente Pozzuoli,  senza dover utilizzare da
      e per  Napoli la via per montes , che saliva sul Vomero
      e attraverso  Antignano riscendeva per la Pigna verso Agnano,
      per poi proseguire per Pozzuoli e il suo porto.  
Originariamente
      però la galleria era molto bassa ed era difficilmte
      percorribile a cavallo o a bordo di carri, si doveva infatti
      scendere e attraversarla a piedi. Come risulta da una
      testimonianza di Seneca, era angusta, buia, polverosa e
      opprimente. Per questo, se è vero che si continuò ad
      utilizzarla per secoli, è altrettanto vero che si cercò di
      ampliarla e migliorarla.  
Solo
      nel 1456 – dice Cesare.De Seta in “ Napoli” - , 
      il re Alfonso ordinò “lavori nella grotta detta di
      Virgilio, che collega Napoli al versante flegreo:  fu abbassato
      il piano stradale  e furono ingrandite le bocche per
      l'illuminazione e l'areazione della galleria”.
Secondo
      Petronio Arbitro, che ne parla nel Satyricon, la crypta era
      consacrata a Priapo, dio della fertilità, lì sarebbe stato
      anche un tempio di Priapo il cui culto si basava su riti
      fallici notturni. Si racconta che in suo onore si celebravano
      cerimonie misteriche e riti orgiastici, durante le quali
      vergini e spose infeconde partecipavano a oscene pratiche
      propiziatorie. 
Si
      verificò nel '500, durante la dominazione spagnola, durante
      alcuni lavori di manutenzione,  un episodio che aumentò il
      mistero e il carattere ambivalente del tunnel: nella grotta fu
      ritrovato
      un bassorilievo marmoreo recante la scena dell'uccisione di un
      toro da parte del dio Mithra. 
      Mithra
      era il dio che conduceva le anime nell'Aldilà e aveva anche
      facoltà di giudicarle. era un culto misterioso, destinato a
      soli uomini  proveniente dall' Oriente, in particolare dalla
      Persia. Mithra era nato dalla roccia e destinato alla salvezza
      del mondo, i riti in suo onore erano misteriosi e si
      celebravano nelle grotte. 
 Molti
      pensano perciò che la crypta fosse utilizzata come Mitreo, il
      luogo ove si celebravano riti in onore di Mitra (2).
       Ben presto i riti misterici legati al culto di Mitra furono
      sostituiti dai riti del Cristianesimo, ai quali si aggiunse, in
      epoca medievale, l' aura di magia e mistero connessa alla
      figura di Virgilio.
L'
      ingresso della grotta sta tra la tomba commemorativa di
      Leopardi e il colombario che conteneva le ossa di Virgilio. 
La galleria
      restò in uso fino alla fine dell'Ottocento, quando fu chiusa
      per problemi di statica, ma dopo che era già entrata in
      esercizio la nuova Galleria delle Quattro Giornate.
 
 
 
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NOTA      2:  Mitra      è stato visto da alcuni come un analogia al Cristo. Egli era      nato per salvare il mondo, data      della nascita di Mitra era al 25 dicembre, alcuni giorni dopo      il solstizio d'inverno. Il solstizio coincide con il giorno più      corto dell'anno e dal giorno successivo il sole  riprende la      sua ascesa percepibile tre o quattro giorni dopo; da qui la        data 25 dicembre. 
La      festa del dio “Sol invictus” venne introdotta al 25      dicembre da Aureliano (214 - 275 d.C.); in seconda istanza la      stessa data fu adottata anche per il dio Mitra, detto      ugualmente “Sol invictus”.        
Questa      data la Chiesa l'assunse per Cristo dopo l'editto di Costantino      (promulgato nel 313 a nome di Costantino il Grande, , per porre      ufficialmente termine a tutte le persecuzioni religiose e      proclamare la neutralità dell'Impero nei confronti di ogni      fede sostituendo così la festa pagana del “Sol invictus”. 
      
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                                  Pellegrini
      e viaggiatori
  | 
| Napoli nel '700 | 
E' lecito pensare che tutte le notizie su
      alcune città, non solo Napoli, ma anche le altre che lui cita,
      come Treviri, Venezia, le abbia apprese dai suoi studi e anche
      dalla letteratura di viaggio che iniziava proprio nella sua
      epoca, il XVI secolo. Prima c'erano stati i pellegrini, frati e
      laici, che a piedi o a dorso di mulo scendevano per la via
      Francigena per andare a Roma, la capitale del cristianesimo, e
      forse proseguivano per andare in TerraSanta. Non tutti sapevano
      scrivere e leggere, ma chi sapeva, descriveva i suoi viaggi e
      Roma e Gerusalemme. 
Ma
      già nel XIV secolo ai pellegrini si stavano sostituendo i
      viaggiatori, che non dovevano andare
 
 necessariamente a Roma e
      che viaggiavano in carrozza o a cavallo per scoprire le
      antichità classiche. 
 
E spesso prendevano appunti e scrivevano
      un diario. 
      
   L’iniziatore dei diari di viaggio è considerato fu Michel 
Montaigne, francese di Bordeaux, nato 
 
 nel 1533, famoso più come filosofo e per la sua opera più importante, i “ Saggi”. Ma fu anche 
 
 
 
 
 nel qual indicava usi, costumi, tradizioni dei posti da visitare e anche locande e taverne consigliate.
 
  Ma non andò oltre Roma.
A Napoli ci era arrivato invece un altro viaggiatore, nel XIV secolo, che, da dotto cultore dei classici antichi, scrisse in latino, quell' itinerarium syriacum allegato al testo inglese del dramma Faustus, che sicuramente Marlowe doveva aver letto.
      
                                          Francesco Petrarca 
   
      
Francesco Petrarca,  era nato ad Arezzo a luglio dell'anno 1304, fuo poeta, letterato, umanista e appassionato di antichità greche e romane e viaggiatore autore di memorie di viaggio. 
Come abbiamo già detto, si viaggiava molto nel medioevo, sia pellegrini per motivi religiosi sia  viaggiatori che avevano l'unico scopo di conoscere e di vedere posti nuovi. Ma molti si fermavano a Roma. 
Più a sud  c'era, nel XIV secolo un grande regno, quello di Napoli, che cominciava ad essere scoperto da letterati e altri artisti. Nella capitale c'era stato Giovanni Boccaccio giovanissimo e artisti  come Giotto, Tino da Camaino e Simone Martini, e architetti che avevano costruito la cattedrale e altre basiliche come S.Domenico maggiore, Santa Chiara e san Lorenzo Maggiore. Nell' epoca di Petrarca era re , dal 1309, Roberto d'Angiò, figlio di Carlo II. Egli godeva di grande rispetto, era ritenuto un uomo saggio e molto colto ma non si capisce bene perchè: viene invece descritto come un personaggio enigmatico e controverso, contestato dai Ghibellini,era capo del partito Guelfo,  bigotto in età matura, aveva perso il figlio Carlo duca di calabria e erede al trono, nel 1328, e a succedegli era stata destinata la nipote Giovanna.
  | 
| Francesco Petrarca | 
In quegli anni, 1340 circa, il Regno vide crescere il prestigio del suo regno, il benessere economico, la vivacità e creatività culturale. Napoli era diventata la prima città d'Italia, capitale di un Regno incrocio di diverse civiltà,, francesi, catalani, greci, latini e arabi, centro di quotidiani scambi commerciali, aveva una popolazione già straripante oltre le Mura di circa 60.000 abitanti. Una città variopinta, con una Corte raffinata e mondana e spesso spregiudicata e scanadalistica in contrasto con una plebe che viveva in stradine  sudice, maleodoranti  e pericolose di notte perchè senza illuminazione.       Vicino alla zona portuale, quello più antico detto di Arcina che dal mare si addentrava  nella attuale via Depretis, e quello più recente detto  Vulpulum, nella attuale piazza Municipio e finoa via Medina, e il molo costruito appena allora  sotto il Castelnuovo, si svolgevano attività e commerci, con mercati stranieri, fiorentini, pisani, catalani e amalfitani.
 
Napoli inoltre offriva  con i suoi dintorni, anche grandi possibilità di visitare e vedere antichità romane.
A quel tempo si conosceva la storia, narrata da Plinio il giovane, di una grande eruzione avvenuta in epoca romana, ma non si sapeva dove erano le antiche città di Pompei e di Ercolano, tutto era stato ricoperto dalla cenere a da lapilli che si erano solidificati, il territorio aveva poche abitazioni e piccoli villagi.  Nei secoli comunque non erano mancati  predatori e saccheggiatori alla ricerca di statue e tesori perduti. 
Diversa invece la situazione a nord di Napoli, nell'area dei Campi flegrei, Pozzuoli, Baia, l'antica città sommersa dal bradisismo, di cui restava visibile solo una specie di torre in mezzo al golfo, Averno, Miseno, Cuma, nomi che risvegliavano ricordi di altre epoche e soprattutto di poeti come Virgilio e la sua Eneide.
Petrarca fu un viaggiatore, fin da piccolo. Dalla città natale Arezzo si mosse con la famiglia perchè il padre Petracco andò in Francia, a Carpentras, vicino Avignone, dove lavorò presso la Corte papale. Avignone è una città della Francia meridionale dove ,dal 1309 al 1377, si era trasferita da Roma la Sede papale.  Francesco Petrarca - scrive Attilio Brilli -  “ci appare come l'uomo moderno per eccellenza, il primo pellegrino laico, il viaggiatore in perenne movimento in Italia e fuori d' Italia”.
Egli infatti, sia per motivi personali sia per obblighi di lavoro girò per mezza Europa, da Parigi a Prega, da Colonia ai paesi più a nord, e anche in Italia, a Roma dove  poté toccare con mano i monumenti e le antiche glorie  rimanendone estasiato, e quindi a Napoli e dintorni.
Il suo nome era diventato famoso   anche presso Roberto d'Angiò, che lo invitò  alla sua Corte a   Napoli.     
Prima di lui in quella città aveva   vissuto Giovanni Boccaccio che così poi la ricordava chiamandola    “nostra”: “La nostra città, oltre a tutte l'altre   italiche di lietissime feste abondevole, non solamente rallegra li   suoi cittadini o con nozze o con bagni o con li marini liti, ma,   copiosa di molti giuochi, sovente ora con uno ora con un altro   letifca la sua gente. Ma tra l'altre cose nelle quali essa appare   splendidissima, è nel sovente armeggiare”.     
  | 
| Lago d' Averno | 
Messer Francesco, volendo ricevere    un riconoscimento ufficiale, una incoronazione poetica per la sua   attività letteraria, e volendo averla a Roma,
 caput mundi,   si recò subito a Napoli, parlò con il Re Roberto, che, al   termine dei colloqui, lo raccomandò al Papa per l'incoronazione a   Roma.
 
Egli era partito da Ostia in nave,   passando al largo di Terracina, Gaeta e Ponza  e quindi Ischia,   Procida Baia e Pozzuoli, e ad ogni avvistamento si affollavano   alla mente versi e scritti di Virgilio, ma anche di anche Omero   davanti al Circeo, e poi  anche Seneca e  altri.
“ non lunge da Pozzuoli si   innalza il colle Falerno celebre per i suoi tralci, e tra questo   colle e il mare sorge il monte e si apre la grotta di Posillippo”    scriveva A.Levati ( Viaggi di Francesco Petrarca in Francia, in   Germania e in Italia, 2° volume), rifacendosi ai diari di viaggio   scritti dal poeta..
A Napoli egli venne accolto dallo   stesso Re Roberto che lo accompagnò personalmente alla crypta e   alla tomba di Virgilio Marone, dove   portò un alloro che depositò sulla tomba.
La grotta era buia e l' aria    irrespirabile, ma essi parlarono sicuramente della leggenda   virgiliana che attribuiva al poeta la costruzione della grotta in   una sola notte. Il Re Roberto chiese al Petrarca cosa ne pensava.    “  Non ho mai letto che Virgilio fosse un mago; d'altronde   veggo n'e sassi le vestigia del ferro e non dei magici carmi”,    rispose Petrarca scherzando.
Fu   alloggiato in un monastero annesso alla basilica di San Lorenzo   maggiore proprio tra il decumanus maior e  il cardine di S.   Gregorio, dove egli poteva girare  studiando la città e le sue   antichità, come i resti del teatro dove si era esibito Nerone,   oppure le antiche colonne  romane del vecchio tempio dei Dioscuri,   trasformato nella chiesa di S. Paolo.
Ma aveva   paura di uscir di sera perchè la città “  per molti   rispetti eccellente, ha questo oscuro e vergognoso e inveterato   malanno, che il girar di notte vi è non meno pauroso e pericoloso   che tra folti boschi, essendo le vie percorse da nobili giovani   armati, la cui sfrenatezza né la paterna educazione né   l'autorità dei magistrati né la maestà e gli ordini del re   seppero mai contenere”.
Era il mese di dicembre e   forse non era consigliabile spostarsi, ma alcuni conoscenti si   offrirono di accompagnarlo fuori città,e il re gli diede una    adeguata scorta militare.      
Per andare nell' area dei Campi   Flegrei evitarono la crypta e presero invece la via per montes,   quella che saliva sulla collina di Paturcium, dove   sostarono,  e poi presero la via Antiniana per scendere verso   Agnano. Da lì poi presero l'antica via Domiziana diretti a   Pozzuoli,la Solfatara e la città vecchia sul promontorio e vide   il Macellum semisommerso dal mare per il fenomeno del   bradisismo.(3)
Il giorno dopo di buon' ora si   diressero verso il lago di Lucrino e quello di Averno, sostando   alle Terme di Tripergole. (4)
  | 
| Piscina Mirabile | 
Petrarca poi si rimise in cammino rimirando   Baia,la città sommersa, l'antica residenza dell'imperatore    allora trasformata in castello a picco sul mare, le antiche ville   romane lungo la strada, fino ad arrivare a Bauli, Bacoli, dove fu   portato nella piscina. Ma non per fare il bagno, perchè quella   piscina indicava un serbatoio, una cisterna antica che riforniva   d'acqua le numerose navi e il personale della flotta militare   ormeggiata nel vicino porto di Miseno.      
Anche se non più utilizzata e ormai in   rovina, la piscina era ancora piena d’acqua e bisognava entrarci   con una barca. ”Mirabilis, mirabilis..” esclamò il   poeta entrandoci, una magnifica  cattedrale sotterranea. Da   allora, fu la piscina mirabile.
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Nota 3
Nella   prima metà del IX secolo, con il duca Sergio I, i Campi Flegrei   subirono la loro massima sommersione marina, dovuta al bradisismo   negativo. A Pozzuoli le colonne marmoree dell’antico mercato   romano, chiamato erroneamente tempio di Serapide, vennero sommerse   fino a un’altezza di 6,30 metri. La popolazione si era spostata   sulle colline circostanti. Secondo alcuni autori, in questa epoca   il lago di Lucrino non esisteva più, essendo completamente   sommerso dal mare, anzi appariva come una profonda insenatura   marina che raggiungeva l’imboccatura del lago d’Averno. 
Nota   4
Tripergole    era un villaggio sorto sul lago Lucrino,  una località termale    nota  per le proprietà curative delle sorgenti flegree.  Già il    re Carlo II , padre di Roberto, aveva fatto costruire una    struttura opsedaliera per ospitare  ch vi sirecava per le curel    nuovo complesso ospedaliero fu posto alla dipendenza    dell’Ospedale    Maggiore di santo Spirito di Roma e affidato ai Frati    Ospitalieri.Furono    realizzate inoltre strutture sanitarie e ricettive più una    farmacia (“Speziària“).     La chiesa e l’ospedale si trovavano nel castello angioino;    l’ospedale nella parte più bassa, sopra i bagni termali    dislocati ai margini di una strada, lungo la quale si trovavano    le tre osterie e la farmacia.
Nel    villaggio si poteva trovare anche una chiesa, alcune case    private, delle osterie e un castello reale per la caccia. Nella    locanda, che dava ristoro solo a persone benestanti, fu ospitato    Patrarca e i suoi accompagnatori. Il    villaggio con Terme annesse sparì completamente con l 'eruzione    del del 29-30 settembre 1538, che portò alla formazione del     Monte    Nuovo.  Da anni la zona era  soggetta  a manifestazioni  come    terremoti e    sollevamento del suolo. Quando questi fenomeni divennero più     intensi e frequenti, la popolazione e i malati abbandonarono il     villaggio e non ci furono vittime, 
Lo sconvolgimento dei    luoghi fa sì che oggi è impossibile localizzare con una certa    precisione il sito dell’antico villaggio di Tripergole  anche    se molti ci hanno provato., ma la questione  qui è di scarso    interesse.
 
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Itinerarium siryacum
Erano diari di viaggio gli scritti chiamati itineraria, molto  diffusi già nell’Impero romano, e costituiscono ancora oggi testi e mappe fondamentali nello studio della topografia antica. Gli itinerari continuarono poi nell'epoca cristiana. Servivano come guide ai viaggiatori o ai pellegrini soprattutto in Terra Santa. Si chiamavano “ grafici” le carte che indicavano le strade e le distanze tra le tappe e le città e i nomi di città e villaggi, locande e porti dove potersi imbarcare..Anche Petrarca ebbe occasione di cimentarsi in questi itineraria.  
 
 
 
 
 
 
Era l'anno 1353, a Milano, Giovanni da Mandello, governatore di Bergamo, gli propose di accompagnarlo in un pellegrinaggio in Terra Santa, ma il poeta declinò l'invito.  Prima della partenza di messer Giovanni, nel 1358, Petrarca gli consegnò un Itinerarium breve de Ianua usque ad Ierusalem et Terram Sanctam (noto con il titolo di Itinerarium Syriacum). Il brano presente nella nota alla versione inglese del Faustus è parte di questo itinerarium.  Quella che segue è il testo nella traduzione di Marisa Attinà:
“Non lontano da Pozzuoli - si erge il monte Falerno, famoso per i suoi vitigni.(5)  Tra il Falerno e il mare vi è un colle roccioso scavato dal lavoro umano che il popolo sciocco ritiene (invece) prodotto da Virgilio con  magici incantesimi: cosi la fama di uomini illustri è sostenuta non solo da reali meriti ma anche da credenze popolari. Un giorno Roberto,famoso per il regno,ma ancora più famoso per il suo ingegno e la sua cultura letteraria,avendomi chiesto se avessi sentito qualcosa su questo argomento,davanti a molti presenti,lui sempre sostenuto da regale umanità, con la quale superò non solo re ma anche uomini,io gli risposi non certo scherzando di non aver mai letto che Virgilio fosse stato uno  stregone:così quello, accennando con un movimento della sua severissima fronte,affermò che in quel luogo non c'erano tracce di magia ma di lavoro umano.Vi è infatti una grotta,stretta,molto profonda e buia,di un monte scavato: l'oscurità è orribile e tenebrosa: nel mezzo c'è un passaggio aperto,bello e quasi sacro, venerato anche in tempo di guerra e,in vero,così è voce di popolo,mai danneggiata da predoni:la chiamano Crypta Napoletana di  cui Seneca fa menzione nelle lettere a Lucilio. Verso la fine di un  percorso oscuro,quando si incomincia a vedere il cielo,in un luogo all'aperto,si vede la tomba dello stesso Virgilio,di fattura assai antica,donde nacque forse questa credenza del monte scavato da quello stesso.”.Petrarca lo scrisse in latino così come aveva fatto per altre opere, come, ad esempio, le Epistole, l'Africa, un poema in esametri, De vita solitaria e altre ancora. Per lui  il latino è la lingua ufficiale, erudita, con cui scrive molte delle sue opere che intendeva affidare ai posteri, mentre la scrittura in volgare doveva essere una scrittura privata e con una circolazione limitata. 
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Nota 5
..Il vino Falerno, che tanto piaceva ai Romani era prodotto nella antica campania settentrionale, nell’ager Falernus, corrispondente alla zona degli attuali comuni di Mondragone,Falciano del Massico, Carinola e Sassa Aurunca e Cellole, alle pendici del monte Massico sito tra il Volturno e il Garigliano. Era ritenuto tra i migliori rossi in assoluto dagli imperatori e dai Patrizi di Roma. ma nonostante la sua straordinaria fama nei tempi antichi, alla fine dell’Impero, se ne persero le tracce.  Negli ultimi 40 anni alcuni produttori di quel  territorio hanno deciso di recuperare la grande tradizione riproponendo un vino che potesse richiamare alla memoria il famoso Falerno. Mi è stato fatto giustamente osservare ( U.Scala) che è inspiegabile il riferimento al Falerno ( alta Campania, area di Caserta) e il monte a picco sul mare ( Posillipo).
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                                                 Conclusioni
Quello che ho esposto è soltanto una mia ipotesi che mi sono divertito a sviluppare, ma è ovvio che possono essercene altre.
Lo scrittore inglese, che aveva studiato a Cambridge e aveva anche fatto traduzioni di opere dal latino, sfruttò i suoi studi classici e la sua abilità di traduttore  per conoscere città, storie e leggende  di Roma e di Napoli. Dove non conosce, come nel caso di Parigi o Venezia, salta e va avanti nel discorso, soffermandosi su magie e demoni, forse più adatte al dramma che sta scrivendo. Egli deve aver letto Plinio il vecchio, Tito Livio e poi anche Petrarca con particolare riferimento a Napoli.  Non capisco altrimenti perchè al testo inglese  del dramma è stata indicata in nota, parte dell'itinerarium relativo a Napoli.
Nello scritto di Petrarca si  nota  una buona  conoscenza della storia della crypta e della leggenda virgiliana, ma ho qualche dubbio – espressomi anche da U.Scala e M.Attinà – sulla conoscenza dei luoghi. Egli vuol mostrare di sapere, ma  accosta il Monte Massico dove si produceva il  vino Falerno, al “ colle roccioso”  dove fu scavata la crypta.  Si tratta infatti del colle di Posillipo che, salvo  mutamenti orografici avvenuti nel corso dei secoli, è molto lontano dal Massico e quindi dal Falerno.
E'stata una ricerca divertente, e mi è piaciuto pensare alle strade di Napoli gia lastricate ai tempi di Roma, mentre a Londra, ancora  nel XVI secolo,  si camminava per vie appena sterrate e fangose.
 
 
Ringraziamenti
Enzo Scala per avermi fatto conoscere questa citazione su Napoli
Marisa Attinà per la traduzione del brano dell' “itinerarium syriacum”
Umberto Scala, per aver rintracciato il libro di Lovati e per avermi fatto notare particolari che mi erano sfuggiti.
Fonti
Attilio Brilli, Il viaggio in Italia,2006 ed. il Mulino.
Mario Buonoconto, Napoli esoterica,1996, ed. Newton tascabili,  
Cesare de Seta, Napoli, Ed. Laterza
Benedto Croce, Storie e leggende napoletane, 1991, ed. Adelphi
Vittorio Gleijeses, La storia di Napoli, 1974, ED. Società Editrice Napoletana
Sigfrido E.F. Hobel, Misteri partenopei, 2004, Ed. Stamperia del Valentino.
Giovanni Liccardo, Napoli sotterranea, 2004, Ed, Newton & Compton
Bartolomeo Capasso, Napoli greco-romana , Berisio, 1905  
Cesare de Seta, Napoli , Laterza, 1981.
Massimo Rosi, Napoli dentro e fuori le mura , Newton&Compton, 2003
Ambrogio Levati, Viaggio di Francesco Petrarca in Francia, in Germania e in Italia, editore                      
Società Tipografica classici italiani, 1820, Milano 
 
         
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