lunedì 9 maggio 2011

S.Angelo in formis





Da tempo , il mio amico Antonio mi invitava ad andarlo a trovare , perché voleva portarmi a visitare una antica chiesa , bella e interessante , a suo dire , sia per la storia e sia per l’ arte , situata nella zona di Capua .
Alla prima occasione , perciò , in una giornata grigia e un po’ piovosa , con un treno locale da Napoli , che , contrariamente a quanto si potrebbe pensare , è partito ed è arrivato in perfetto orario , sono arrivato in una stazioncina , persa in mezzo alla campagna .
Si chiama Falciano del Massico , centro agricolo noto per la produzione di latticini (le mozzarelle di bufale), conosciuto già ai tempi antichi per la produzione del rinomato vino Falerno, tanto caro ai Romani. Caro e anche costoso, se il poeta Orazio lamentava di non poterlo offrire ai suoi ospiti, quando invitava nella sua modesta casa, il ricco Mecenate .
A pochi chilometri, verso il mare, ci sono le cittadine di Cellole e di Mondragone, quasi disabitate di inverno, ma con una popolazione moltiplicata d’estate, come tutte le località di mare . Più avanti c’è Gaeta, da un lato il Volturno e da un altro il Garigliano. Non si può fare a meno di ripensare alla battaglia combattuta qui nell’ottobre 1860, tra truppe garibaldine e piemontesi e i resti dell’esercito borbonico, e all’assedio di Gaeta, episodio volutamente dimenticato o mal raccontato dai libri di storia.
Arriviamo a S. Maria Capua Vetere e a Capua, dove vediamo antichità e ruderi d’ogni tipo, archi, mura, ponti e soprattutto il bellissimo anfiteatro.
Siamo nella Campania, una volta “felix”, a Capua, antica città etrusca, rinomata nell’antichità per le rose e per i gladiatori: non a caso ebbe inizio qui la rivolta del gladiatore più famoso, Spartaco. Affiorano ricordi classici, gli otia di Annibale, che mise l’accampamento proprio lì, dove ci stiamo recando ,sotto il monte Tifata; il “ placito capuano “, quel documento che viene comunemente considerato l’atto di nascita della lingua italiana.
In pochi minuti, raggiungiamo un minuscolo centro agricolo, tutto in salita, situato ai piedi del monte Tifata : S.Angelo in Formis .
Qualcuno si chiederà subito: perché in “ Formis “? Che significa? La parola latina “forma“ - tra i vari significati attribuiti - indicava le falde acquifere o i doccioni, cioè tubi o canali per le acque, perciò acquedotti, allora esistenti nei pressi del monte Tifata: ”in o ad formas“ si riferirebbe, perciò, alla posizione del paese “ presso “ quegli acquedotti o sorgenti che portavano l ‘acqua, dal monte fino a Capua .
Arrivati a un incrocio, giriamo a sinistra e attraversiamo una porta, detta Arco di Diana .
Oltre l’arco, in un solitario piazzale, affacciato sulla pianura circostante, troviamo la chiesa di S. Michele Arcangelo, un bella costruzione romanica, con un portico ad archi acuti e fiancheggiata da un campanile a bifore.
Prima del tempio cristiano, su quello stesso posto, ne esisteva uno pagano del I° sec. A.c., intitolato alla dea Diana Tifatina, dal nome del monte, detto anche ad arcum Dianae : così si spiega anche il nome della porta che prima abbiamo attraversato.
Come accadded dappertutto, al momento del trapasso dalla religione pagana al cristianesimo, sull’antico tempio andato in rovina, fu edificata la chiesa cristiana, utilizzando i vecchi materiali preesistenti , marmi , colonne ecc.
La sua edificazione risale, secondo gli storici, al IX sec.: costruita in stile romanico, per conto di monaci benedettini, la sua gestione subì varie peripezie fino al 1073.
In quell’anno, Riccardo Drengot, principe normanno di Capua, la restituì definitivamente a Desiderio, potente abate della Abbazia di Montecassino, che la riedificò nelle forme che vediamo oggi .
La facciata è costituita da un portico di cinque arcate, sostenute da quattro colonne, due di granito e due di marmo cipollino, con capitelli di tipo corinzio.
In fondo all’arcata mediana c’è il portale di marmo bianco, classico, fiancheggiato da due colonne corinzie.
Sopra e intorno al portale si notano affreschi di grande interesse storico e artistico: una Madonna orante e, nelle lunette, la Tentazione di S. Antonio abate e S. Paolo eremita nella grotta, che a dire degli studiosi sono del XII e XIII sec.
Entrando si notano subito le colonne – 14 – che dividono le tre navate; esse sorreggono archi a pieno centro
L’interno si presenta oggi come un cantiere, per i restauri in corso: sul lato destro, infatti, è montata una specie di impalcatura che nasconde la parete. Anche il pavimento a mosaico appare malridotto
Sulla sinistra si vedono una acquasantiera formata, mi sembra, da un capitello medioevale, e il fonte battesimale ricavato da due colonne scanalate.
Un pulpito di marmo semplicissimo, è situato sulla sinistra, a lato dell’altare maggiore .
A destra, in fondo, entriamo nella sagrestia, ma è tutto sottosopra, per i lavori di restauro.
A sinistra invece, in una saletta, è sistemata ora una cappelletta, con un piccolo altare per le funzioni religiose, e alcune statue in legno, molto interessanti.
Le pareti della basilica sono tutte piene di affreschi, ma tutti hanno bisogno di restauro, alcuni sembrano persi, altri sono poco visibili: sulla parete interna della facciata, il Giudizio universale, in 5 ordini orizzontali, sulla navata sinistra l’uccisione di Abele, Caino che fugge, Noè, e altre.
Sopra l’altare tutte scene della vita di Cristo, nell’abside Cristo Pantocratore, circondato dai simboli dei quattro evangelisti.
Secondo studiosi dell’arte, gli affreschi sono stati avviati poco dopo la fondazione dell’edificio, nella zona absidale, e successivamente, estesi alle altre pareti.
L’abate Desiderio – futuro papa con il nome di Vittore III - aveva fatto ricostruire completamente l’ abbazia di Montecassino, nel 1071, ornandola di preziosi affreschi e mosaici. Egli fece venire da Bisanzio alcuni artisti, in particolare mosaicisti, poiché, si legge nella Cronica Monasterii Casinensis, da troppi anni, “ i maestri latini avevano tralasciato la pratica di tali arti “.
Questi artisti influenzarono, con il loro stile e la loro scuola, anche le botteghe di artisti locali . Costoro, chiamati a affrescare le pareti di S. Michele Arcangelo, dallo stesso Desiderio, si ispirarono a quei modelli bizantini presenti all’epoca a Montecassino .
Desiderio è nominato nella scritta latina presente sul portale: “ salirai al cielo se avrai conosciuto te stesso, come Desiderio che, ripieno di santo Spirito e osservando la legge, edificò un tempio a Dio per ottenere una ricompensa eterna “.
Gli affreschi, che erano stati ricoperti con stucco nei primi anni del ‘700, furono riscoperti solo nel 1868, e già restaurati. Da quel che ho visto, i restauri continuano.
Anche nel campanile, sono incastrati elementi risalenti al tempio pagano; nelle bifore si nota subito la colonna centrale di stile classico. Mi fa venire in mente il campanile romanico della chiesa della Pietrasanta, in via Tribunali, a Napoli, che presenta le stesse caratteristiche e fu costruita, anche lì, sul vecchio tempio dedicato alla dea Diana.
Dal piazzale antistante la basilica si coglie la visione di tutta la pianura del Volturno.
Anche questo paesino ha partecipato alla unificazione dell’Italia. Proprio qui , infatti , all’entrata di S.Angelo, si verificarono violenti scontri, nei quali fu coinvolto lo stesso Garibaldi.
Si racconta che egli, mentre cercava di raggiungere le sue linee, percorrendo in carrozza la strada tra S.Maria Capua vetere e S.Angelo, fu attaccato dai soldati borbonici che abbatterono cocchiere e cavallo. A stento era riuscito a salvarsi, correndo a piedi verso le proprie linee.
C’è un dipinto di Gerolamo Induno che ritrae il Generale mentre osserva la pianura del Volturno e Capua. Sulla sinistra del quadro, in basso, si può notare S.Angelo in formis. C’è anche un piccolo cimitero abbandonato, dei garibaldini. Quello che non capisco è perché non c’è neanche un posto per i vinti, per quei soldati borbonici che morirono nello stesso luogo, per difendere un’altra idea.



Per chi vuole saperne di più :


Q .Orazio Flacco , i Carmi .
Calonghi , Vocabolario latino-italiano
O.Morisani ,Gli affreschi S.Angelo in formis, Napoli 1962
Barry Strauss , La guerra di Spartaco , ed Laterza
Jerome Carcopino , la vita quotidiana a Roma , ed. Laterza
Gianni Granzotto , Annibale , ed. Mondatori 1980
Claudio Magazzini ,Breve storia della lingua italiana ,ed . Il Mulino
Pier Giusto Jaeger , Francesco II di Borbone , l’ultimo re di Napoli , ed Mondatori , le scie 1982
Gigi di Fiore , I vinti del Risorgimento , ed . Utet 2004

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