“…… si
trovava al livello del pavimento della Piscina Mirabilis. L’acqua
proveniente dal bacino defluiva sotto pressione superando una griglia
di bronzo in una galleria ricavata nella parete, poi attraversava
vorticosa la conduttura ai suoi piedi e infine veniva incanalata
all’interno di tre tubatura disposte a ventaglio che scomparivano
sotto i lastroni di pietra alle sue spalle, rifornendo la città e il
porto di Miseno. Il flusso dell’acqua era controllato da una
chiusa, incassata a livello della parte e azionata da un maniglione
di legno attaccato a una ruota di ferro….”.
Questa
breve descrizione è tratta da “ Pompei”, il romanzo di
Robert Harris, dove, con qualche piccola imprecisione e molta
fantasia, si narra della famosa eruzione del 79 d.c. che distrusse le
citta di Pompei, Ercolano e quelle vicine: Marco Attilio,
“ aquarius ”
– una specie di ingegnere idraulico - responsabile del grande
acquedotto Augusteo, giunto a Miseno, dove è ancorata la flotta del
Tirreno, si rende conto che le sorgenti d’acqua vanno
esaurendosi e si mescolano allo zolfo; la sua indagine inizia proprio
dalla Piscina, che all’epoca non era ancora “mirabilis”, ma una
normale vasca di raccolta di acqua. I fatti si svolgono nel
mese di agosto del 79 d.c., sotto l’imperatore Tito. L’acquarius
dovrà convincere dell’imminente pericolo Plinio, il comandante di
Miseno e altri personaggi. Tutti conoscono il finale di quegli
avvenimenti, ma ovviamente, il protagonista e la sua ragazza forse si
salveranno.Questo racconto mi tornava in mente quando, qualche tempo fa, visitavo la Piscina Mirabilis di Bacoli. Bacoli, chiamata anticamente Bauli, è, oggi, un Comune di quest’area, a pochi chilometri da Pozzuoli e da Napoli; comprende le località di Baia, Fusaro, il lago Averno e Lucrino, Miliscola e Miseno, e Cuma, antichi centri greco-romani.
Miseno oggi
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Per
chi legge e non è nato e vissuto qui, forse è necessaria
qualche sommaria informazione sui luoghi e la loro storia.
Tutta
l’area del golfo di Napoli, dal Vesuvio a Capo Miseno e alle isole
di Procida e Ischia, è di origine vulcanica: in particolare la
zona di Pozzuoli e di Bacoli fa parte del sistema dei campi Flegrei,
una serie di piccoli crateri, che vanno da Agnano alla più famosa “
Solfatara”,
e più avanti il “ Monte nuovo”,
chiamato così perché si è formato solo nel 1538. Sui nomi dei luoghi sono fiorite, nell’antichità, storie e leggende: Miseno il trombettiere – l’eolide Miseno, del quale nessuno più valido ad animare i guerrieri con il corno, e ad accendere Marte con il suono ( Virgilio, Eneide VI,163/165 ), di Enea, il troiano; Baia, da un ignoto Baios, un compagno dei viaggi di Ulisse, Cuma, sede della Sibilla, e il lago Averno dove era stato individuato uno degli ingressi all’Averno, il mondo dei morti, dove sarebbero scesi Ulisse e Enea, per consultare l’indovino Tiresia.
Sui
perché questi luoghi si rifanno alla guerra di Troia, all’ Iliade
e all’Odissea, sono stati scritti libri su libri, formulate teorie
e ipotesi che non posso qui raccontare, ma sembra sufficiente dire
che tutti gli archeologi e gli storici concordano sul fatto che i
racconti e l’individuazione di questi siti, nascono dai viaggi dei
coloni greci nel Tirreno.
Tutta
l ‘area è comunque piena di siti archeologici, che ricordano
non solo la colonizzazione greca – Pozzuoli, Ischia, Procida, Cuma,
e la stessa Neapolis - ma anche la conquista Romana, in ogni
angolo e ogni località, si trovano edifici, costruzioni,
sia civili, sia militari, religiosi di epoca greco-romana, ma tutti
sono abbandonati, maltenuti, spesso sconosciuti dagli stessi
residenti, e inaccessibili, senza una indicazione , una guida, nulla…Baia, la città sommersa – ricordo una Torre in mezzo al mare, che era probabilmente l’ingresso del porto, oggi crollata - in realtà, fu un luogo di villeggiatura alla moda, e di “ otium”, per i ricchi romani e i personaggi di rilievo dell’epoca imperiale, qui Nerone fece uccidere la madre Agrippina da Aniceto, comandante della flotta imperiale del Tirreno di stanza lì vicino, a Miseno, e Miliscola deve il suo nome a “ militum schola”, la caserma dei soldati della flotta.
A
Miseno, l’imperatore Ottaviano Augusto, circa nel 27 a. c., aveva
istituito la base navale della “ Classis
praetoria Misenensis”, sfruttando
quella posizione geografica, che permetteva il controllo
del Tirreno, e un rapido intervento nel mare nostrum. L’altra
base navale, per il controllo dell’Adriatico, era stata istituita
presso Ravenna. Oltre alla posizione geografica, Miseno offriva un
vero e proprio porto naturale, che poteva contenere almeno fino 250
imbarcazioni: quinqueremi, quadriremi e triremi, liburne e
altre ancora. Il porto sfruttava un doppio bacino naturale,
quello più interno di circa 3 km di circonferenza (detto Maremorto
o Lago Miseno),
in epoca antica dedicato ai cantieri e alla manutenzione navale, e
quello più esterno, che era il porto vero e proprio. Gli storici,
sulla base delle testimonianze d’epoca, calcolano che vi fossero
non meno di 10.000 militari di stanza a Miseno, Bacoli e dintorni, se
poi a questi aggiungiamo donne, bambini e schiavi, e quello che oggi
chiamiamo indotto, fornitori vari, servizi e poi trattorie, taberne e
popinae, e lupanari che, immagino, non potevano mancare, si può
ritenere che la zona fosse densamente popolata.
Il
comandante della flotta era il “Praefectus
classis”, ovvero il comandante
dell'intero bacino del Tirreno. Dalla sua residenza di Miseno, Plinio
il vecchio, comandante della flotta nel 79 d.c., assistette alla
eruzione del Vesuvio che distrusse Pompei, Ercolano, Oplontis e
Stabia, ed egli stesso vi trovò la morte, essendosi imbarcato per
vedere da vicino il fenomeno e anche per portare aiuto alle
popolazioni.Fatta questa premessa, qualcuno potrà chiedersi: ma che c’entra la Flotta imperiale romana con la piscina del titolo ?
La parola latina “piscina” – che ancora conserviamo e usiamo in italiano – indicava una vasca con acqua, perciò anche serbatoio, cisterna. E questa era la funzione di questa Piscina di Bacoli, una cisterna di acqua potabile, si ritiene la più grande mai costruita dagli antichi Romani, ed aveva la funzione di approvvigionare le numerose navi e il personale addetto, della flotta ormeggiata nel porto di Miseno.
L’aggettivo
“mirabilis”
– meravigliosa, straordinaria – fu aggiunto molti secoli dopo,
dal poeta Francesco Petrarca, in visita al luogo, quando, anche se
non più utilizzata e ormai in rovina, era ancora piena d’acqua e
bisognava entrarci con una barca.
La
Piscina fu costruita in età augustea, in concomitanza con la
decisione di stabilire in quel luogo l’ormeggio della flotta del
Tirreno; venne interamente “ scavata” nel tufo della collina
vicina al porto, a otto metri sul livello del mare. A pianta
rettangolare, misura quindici metri di altezza, settantadue di
lunghezza e 25 di larghezza, e aveva una capacità di circa 12.000
metri cubi di acqua. La piscina era, ed è, sormontata da un soffitto
con volte a botte, sorretto da 48 pilastri. a sezione cruciforme, ed
è suddivisa in cinque navate longitudinali e in 13 trasversali.
L’acqua veniva prelevata dai pozzetti realizzati su una terrazza
sopra le volte, con macchine idrauliche e da qui, canalizzata verso
il porto. Un’opera immensa, se ci si pensa, tutta scavata e
costruita a braccia, con migliaia di schiavi.
Tutta
la struttura muraria e i pilastri erano ovviamente ricoperti da
materiale impermeabilizzante. L’illuminazione e l’areazione
dell’ambiente erano fornite dagli stessi pozzetti superiori, come
ancora oggi vediamo, e anche da una serie di finestre poste lungo le
pareti laterali. Sul fondo della piscina, nella navata centrale,
abbiamo visto una “ piscina limaria”, una piscina nella piscina,
di circa 20 metri per 5, abbastanza profonda, più di un metro, che
era utilizzata come vasca di decantazione e di scarico, per la
pulizia e lo svuotamento periodico della cisterna. La piscina era
alimentata da uno dei principali acquedotti costruiti dai Romani,
l’acquedotto Augusteo.
L’acquedotto
era stato costruito tra il 27 a. c, e il 14 d. c., iniziava
dal fiume Serino, sull’altipiano Irpino – fino a pochi anni fa e
ancora oggi a Napoli è conosciuta l’acqua di Serino - era di
circa 100 Km: scendendo con lieve pendenza, riforniva le citta
di Nola, Acerra, Atella, Pompei, Ercolano, Napoli – dove
transitava sui cosiddetti Ponti Rossi a Capodimonte -,
Pozzuoli, Baia, Cuma e terminava a Miseno.L’acqua scorreva in condutture di argilla, o più spesso di piombo, materiali che potevano scoppiare in caso di pressione troppo alta: Vitruvio, architetto, ingegnere e scrittore dell’epoca augustea, nel suo “De Architectura”, in 10 libri, nel libro 8° dedicato all’Idraulica, già a quel tempo metteva in guardia dai possibili rischi per la salute dovuti al piombo, e diceva che l’acqua dei tubi di argilla è più sana di quella dei tubi di piombo, e sconsigliava perciò di far passare l’acqua attraverso i tubi di piombo.
Esterno Piscina
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Plinio il vecchio, nella “ Naturalis historia”, studioso naturalista, e anche comandante della flotta di Miseno, affermava( XXXVI, 123): “ se ci si rende conto della sovrabbondanza di acque pubbliche, nei bagni, nei canali, in case, giardini e terreni fuori città, delle strade percorse dall’acqua, degli acquedotti costruiti, delle montagne scavate e delle valli spianate, si è costretti ad ammettere che su tutta la terra non si è mai dato niente di più ammirevole”.
L’acquedotto Augusteo cessò di funzionare, come tante altre cose, con il decadere dell’impero, l’opera fu completamente devastata. Molti secoli dopo, nel XVI°, fu il vicerè don Pedro di Toledo, nella sua opera di ricostruzione, ristrutturazione e allargamento della città di Napoli e dintorni, che ipotizzò un possibile restauro, ma restò solo un’ipotesi. Poi se ne riparlò alla metà dell’800, con i Borbone, ma il regno di Napoli finì nel 1860.
La visita alla piscina ha smentito, per quanto mi riguarda e, almeno in parte, i giudizi negativi: l ‘ edificio della piscina mi è sembrato abbastanza ben indicato e discretamente mantenuto, il che, in tempi di crisi come quelli attuali, non è poco: appositi cartelli indicano gli orari delle visite e le scale interne per la discesa, appaiono ben tenute. Le chiavi della piscina, si dice, sono tenute da una anziana signora che abita lì vicino, come unica custode del sito. Si dice anche che per questo motivo sono molte le difficoltà di rintracciarla, per poter effettuare una visita. Per superare queste difficoltà e garantire una migliore gestione, qualcuno già teme un accordo tra privati e Soprintendenza, che comunque, sembra, abbia provveduto al restauro.
pozzetto visto dall'interno
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La
discesa è emozionante, camminare li dove c’erano, 2000 anni fa,
litri e litri di acqua, immaginare gli schiavi addetti alle
pulizie, la sensazione di trovarsi, non in una vasca ma in un tempio,
o in una cattedrale sotterranea, in puro stile gotico, con la
luce del sole che penetra dai pozzetti superiori, creando
giochi di luci ed ombre e magiche e particolari atmosfere. E’ In
questa cornice quasi surreale che l’attore- regista John Turturro
ha inserito, nel film “Passione”,
dedicato alla musica di Napoli – che consiglio di vedere -
la scena con il “ canto delle
lavandaie del Vomero”,
del XIII secolo, che con ”Jesce Sole”, sono i canti napoletani
conosciuti, più antichi.