Larghi
e strade
ANTICAGLIA
Il termine ‘ anticàglia” indica un oggetto
antiquato e in generale gusti, usi e costumi ormai passati di moda (Devoto/Oli). L
‘ enciclopedia Treccani parla di oggetti fuori moda, vecchi, antiquati: negozio
di anticaglie; una casa piena di anticaglie, per indicare cose
vecchie, antiche. Giorgio Vasari, pittore, scultore e storico
dell’arte, nel XVI secolo, utilizzò quel termine indicando “ l’anticaglie
di Roma, archi, terme, colonne, colisei, aguglie, anfiteatri e acquidotti …”.
Fu probabilmente cosi che a Napoli fu battezzata una strada
ancora oggi esistente. La strada dell’Anticaglia si chiama così perché, piena
di edifici e oggetti antichi di grande interesse archeologico, anche se questo
nome potrebbe essere adatto ad almeno metà delle strade di una città che
ha 2500 anni di storia e, per questo, piena di segni del passato.
Napoli Romana |
L’Anticaglia non è altro che l’antico decumano superiore, quello posto più a nord e più in alto, il meno noto e il meno turistico dei tre esistenti nel centro storico di Napoli. I decumani sono le strade del centro storico, quelle più larghe, che si incrociano ad angolo retto con i cardini, le vie perpendicolari più strette. I decumani sono tre: maggiore cioè la via Tribunali, l’inferiore meglio noto come Spaccanapoli, e il superiore, l’Anticaglia. L’area dell’Anticaglia era la più alta della città antica, dove c’era il tempio di Apollo il dio del sole e c’era anche un vicus solis che non è la attuale via del sole. L’area fu chiamata poi “platea summae plateae” la somma piazza.
Il Decumano superiore, a differenza degli altri due, è
quello che ha subìto, nel corso dei secoli, i maggiori rifacimenti e per
questo, non è lineare come gli altri. I diversi tratti assumono anche nomi
diversi: Partendo oggi da Via Costantinopoli, che segnava il
confine occidentale della città, oggi si chiama prima Via Sapienza, e poi
via Pisanelli, via Anticaglia propriamente detta, poi ancora via
San Giuseppe dei Ruffi e, attraversata via Duomo, via
Donnaregina, via Santi Apostoli, via Santa Sofia. Qui finisce
nell’attuale via S. Giovanni a Carbonara dove, in epoca antica, correvano le
mura orientali della città. Lungo il tracciato delle strade
dell’Anticaglia si trovano molti edifici religiosi e civili,
costruiti nel corso dei secoli come la Chiesa di Regina Coeli, edificata
nel 1594, che secondo Gennaro Aspreno Galante nel suo “Le Chiese di
Napoli”, “è una delle più belle di Napoli”, o anche la chiesa
e il Monastero di Santa Maria di Gerusalemme del XIV secolo, più nota
come chiesa e monastero delle “trentatré”, che era
il numero delle monache che potevano essere ospitate nel convento.
Anticaglia |
Verso la fine della lunga strada si può trovare la Chiesa di
Santa Sofia, la cui costruzione è attribuita addirittura
all'imperatore Costantino intorno al 308 d.C., che la volle sul
modello di S. Sofia a Costantinopoli.
E tra i palazzi civili troviamo quello della famiglia
Bonifacio, dove si racconta l’infelice storia d’amore tra Carmosina
e il poeta Jacopo Sannazzaro (1456/1530), che scrisse: “quisquis
seu vir, seu foemina vidit, deperit”, cioè qualsiasi uomo o donna l’abbia
vista, se ne innammorò perdutamente.
Ma l’Anticaglia prende il nome da un importante reperto
archeologico di epoca greco-romana, sul quale mi sembra più
giusto soffermarmi. Chi percorre questa strada si trova davanti a un
altissimo muraglione che sembra sostenere i palazzi laterali e, per
oltrepassarlo, una specie di piccolo arco. Ma non si tratta di un muro di
sostegno, bensi di una struttura in tufo che serviva, più di duemila anni fa, da
rinforzo esterno alla "cavea" del grande Teatro
romano all’aperto. “Cavea” indica tutti i settori delle
gradinate di un anfiteatro o di un teatro classico, dove si sedevano gli
spettatori.
A Napoli, all’epoca greco-romana, c’erano due teatri, uno
all’aperto, che secondo alcune ricostruzioni, aveva un perimetro di circa 150
metri, tre ordini di archi e, all’interno, tredici file di sedili. Le gradinate
più basse, la ima cavea, dovevano contenere circa 5/6mila
persone, mentre la summa cavea, le gradinate più alte, è andata
perduta. Il teatro coperto detto Odeon, oggi praticamente sparito,
era molto più piccolo, era affiancato all’ altro e sembra fosse preferito
dall’imperatore Nerone, che qui si esibì più di una volta. Entrambi erano alle
spalle del tempio dei Dioscuri, che oggi è la basilica di San Paolo maggiore in
piazza S. Gaetano.
“Per andare a casa di Metronatte bisogna, come sai,
oltrepassare il Teatro dei Napoletani. E’ strapieno e vi si giudica con grande
attenzione chi sia un buon flautista.” Così scriveva Seneca, il
celebre filosofo del I secolo d.C., consigliere di Nerone, nelle
sue Epistole a Lucilio. Metronatte era un filosofo stoico amico di Seneca
che abitava sull’Anticaglia. Seneca vi si recava spesso per ascoltarlo e
discutere con lui.
Cavea Teatro e abitazioni |
Con la fine dell'Impero romano e l’avvento del Cristianesimo
cessarono anche tutti gli spettacoli teatrali, la struttura fu abbandonata,
eventi climatici e metereologici, come alluvioni e terremoti,
contribuirono alla sua fine e all’ oblio nel periodo medievale. Gli
ambienti interni furono adoperati come stalle, cantine, depositi e botteghe (peraltro
fino a poco tempo fa). Quelli esterni diventarono presto una necropoli e poi
una discarica e, dulcis in fundo, tra il XV e il XVII secolo
su quel che restava della cavea furono costruiti vari edifici, ancora
oggi esistenti e abitati.
Le prime scoperte avvennero verso la seconda metà del XIX
secolo, scavando nel giardino dello stabile sopra il teatro: il primo
piano di recupero risale al 1939, ma solo dopo il 2007 sono stati
effettuati lavori che hanno permesso l'affioramento di parte della media
cavea dal giardino interno. Molti resti del teatro, pareti, muri,
colonne e perfino alcune gradinate non sono state abbattute, ma incorporate
negli edifici costruiti sopra, nascoste nelle cantine, o semplicemente dietro
stucchi e pareti imbiancate. Si possono trovare negozi o anche portoni di
edifici abitati nelle antiche mura romane e qualche volta anche segni di
modernità come ad esempio, citofoni installati sulle stesse mura e antenne
televisive.
L'ingresso per la cavea è oggi da via San Paolo e vi si
accede, possibilmente con guida, entrando in un'antica bottega sita nel cortile
di un palazzo di origini quattrocentesche.
Parte del teatro è visitabile, inoltre, sottoterra con
un accesso molto singolare: la guida conduce i visitatori in un locale al
piano stradale, un basso, una volta abitato, e all’interno, aperta una botola
sul pavimento, si scende di pochi metri e ci si ritrova in un altro mondo.