martedì 27 dicembre 2016
Baia, il castello aragonese
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parco archeologico sommerso |
Baia è oggi
una frazione del Comune di Bacoli : siamo a nord di Napoli, nel cuore
dei Campi flegrei, un vasta area di numerosi, grandi e piccoli
vulcani, dei quali il più famoso e visibile è la Solfatara di
Pozzuoli. I vulcani davano, e danno, luogo a acque
termali, utilizzate e sfruttate dall'antichità, dai Romani e e
altri dominatori, fino ai giorni nostri.
Era
normale per i Romani benestanti andare in vacanza a Baia e, in
generale, in tutta l’area dei campi Flegrei, della costa, Baia,
Bauli, Puteoli, c'erano ville sontuose: a
Baia Seneca, il filosofo si ritirò a vita privata nella sua villa,
a Baia aveva villa anche la madre di Nerone, Agrippina, che proprio
lì fu uccisa dai sicari del figlio. Lo storico Tacito scriveva che, su una altura dominante il golfo di Baia, c'era un grande complesso residenziale, una grande villa dei Cesari, cioè degli imperatori.
Ma l'area non era solo luogo di delizie e otium. Poco più avanti, a Miseno, c'era tutta un'altra vita.
A Miseno Ottaviano Augusto, circa nel 27 a.c., aveva istituito la base navale della “ Classis praetoria Misenensis”, per il controllo del Tirreno, e un rapido intervento, con almeno 250 imbarcazioni; la base navale e i dintorni erano densamente popolati da almeno diecimila militari, marinai, legionari, carpentieri e artigiani, moglie, figli e schiavi. C'era poi la “ militum schola”, da cui deriva il nome odierno di Miliscola, scuola militare per le reclute: Aggiungiamo poi l' indotto, fornitori vari, servizi e poi trattorie, tabernae e popinae, e lupanari che, penso, non potevano mancare. Fu lì che nel 79 d.C, Plinio il vecchio, comandante generale della flotta, vide la grande eruzione del Vesuvio, ordinò la partenza delle navi disponibili per i soccorsi e morì anch'egli durante le operazione di salvataggio.
Le cose andarono avanti cosi per molto tempo ma erano in corso grandi cambiamenti: Roma non era più la capitale di un impero troppo grande, Ora c'erano Milano, Costantinopoli, Ravenna, i templi erano stati abbattuti, invasioni e distruzioni avevano fatto il resto: le magnifiche ville dei secoli passati erano distrutte, sopravvivevano pochi ruderi coperti da erbacce e sassi, la grande villa sul promontorio era ora stata sostituita da un fortilizio bizantino, poi Normanno. Sopravvivevano a stento le Terme, poco utilizzate.
Il promontorio costituiva un punto strategico per la difesa e il controllo del sottostante mare insieme ai Castelli di Procida e Ischia, soprattutto contro le incursioni dei pirati Saraceni. Nell'area di Lucrino, sulle rive del lago d'Averno, gli Angioini incoraggiarono l 'uso delle Terme a fini terapeutici, e edificarono un castello intorno al quale sorse anche il villaggio di Tripergole.
I re Aragonesi si dedicarono molto alla difesa del regno e costruirono ex novo o, essendo mutate le tecniche militari e gli armamanti, ristrutturarono i preesistenti castelli sia della capitale sia dei dintorni. A Baia la ricostruzione del castello,con l'aggiunta di mura, fossati e ponti levatoi, fu avviata nel 1495. Dopo questi interventi, il castello, di cui non restano tracce dell'originaria architettura, risultò praticamente inespugnabile. La posizione, l'inespugnabilità e la stessa struttura ricordano gli altri edifici aragonesi, quello di Ischia e quello di Procida.
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Castello |
Tutta la zona fu scossa da grandi boati e brontolii, il fenomeno bradisismico ascendente si accelerò e scoppiarono terremoti, i crateri eruttarono sassi pietre e altro, il lago Lucrino venne sommerso e completamente ridimensionato, il villaggio di Tripergole distrutto cosi come pure tutte le strutture termali, la topografia del luogo cambiò totalmente, sorse infine Monte nuovo. Don Pedro di Toledo. accompagnato da nobili, e studiosi, corse ad assistere al fenomeno e a dare disposizioni per i soccorsi..
I lavori di ristrutturazione del castello, gravemente danneggiato dal terremoto e dall'eruzione, proseguirono negli anni successivi, fu ampliato e assunse il suo aspetto attuale, a forma di stella. Tutto l'edificio assunse un aspetto più imponente del passato, con mura poderose e alti bastioni che lo proteggevano ancora maggiormente sul lato meridionale. Altri lavori di rammodernamento furono operati successivamente, tra il 1575 ed il 1643,come il ribassamento delle torri aragonesi e la costruzione di un fortino a mare per contrastare gli attacchi navali; questo fortino era unito alla terraferma mediante un pontile interrotto da un ponte levatoio. L'edificio mantenne la sua funzione di fortezza militare nei successivi periodi fino al 1860, altri interventi ci furono, ma si ridussero ad opere di manutenzione e di restauro, necessarie per il trascorrere del tempo e per l'incuria, anche a causa dell'assottigliarsi del numero dei soldati presenti.
Dopo l'unità per il castello subentrò un periodo di lenta decadenza, poiché non fu più considerato utile ei fini militari: Durante la Prima Guerra Mondiale fu un campo di concentramento per prigionieri austro - ungarici, durante la Seconda Guerra Mondiale fu installata una batteria contraerea.
Fino al 1975 fu destinato a orfanotrofio militare, mentre passato quindi alla Regione e nel 1980, a causa del terremoto dell'Irpinia, fu occupato per alcuni anni da famiglie terremotate.
Successivamente fu consegnato alla Soprintendenza Archeologica di Napoli e Caserta perché diventasse sede del Museo archeologico dei Campi flegrei.
La
costruzione del castello iniziò nel 1490, sui resti di una antica
villa romana, in un'area strategica da cui si domina il vasto
specchio di mare che si estende dal golfo di Pozzuoli all'acropoli
giovedì 11 agosto 2016
Margherita d'Angiò-Durazzo
Margherita
d'Angiò- Durazzo
Creato
nel 1140, voluto e desiderato, conquistato, posseduto e perduto da
tante dinastie regnanti, nato in Sicilia, crebbe con i territori
peninsulari del sud: era il Reame di Napoli e di Sicilia.
Nel
1282, regnanti gli Angioini, perse un pezzo, la Sicilia, pure
desiderata e conquistata da molti, autonoma per circa due secoli.
Gli
Angiò si erano allargati troppo dal 1266: avevano sì perso la
Sicilia, ma avevano Napoli e Ie regioni peninsulari, avevano preso
l'Ungheria e l'Albania, con Durazzo, senza contare la terra
d'origine, la Provenza e mezzo Piemonte, e la parentela con il re di
Francia. Il quadro politico ed economico del regno si presentava
piuttosto movimentato e fosco già con re Roberto, detto il Saggio;
chissà poi perchè aveva questa nomea.
Gli
Angiò, infatti, non smentivano la loro fama di crudeli e sanguinari
trasmessa da Carlo I, pronti a uccidere tutti quelli che potevano dar
loro fastidio, indifferentemente dal fatto se erano genitori, figli,
zie e zii, cugini, mogli o mariti, anche se si recavano regolarmante
in Chiesa, che costruirono a più non posso, e ossequiavano il Papa
di turno.
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Margherita, Statua del mausoleo nella Cattedrale di Salerno |
E
la colpa, secondo una storiografia tradizionale misogina, oggi
superata, era attribuita alle donne che governarono il regno in quel
periodo: dal 1343, alla morte di Roberto “ nel regno di Napoli,
la presenza di regine per diritto di nascita nel XIV e XV secolo –
Giovanna I e Giovanna II d'Angiò – per molto tempo è stata
considerata come foriera di guai e sinonimo di governo arbitrario e
di instabilità politica “ ( C.Casanova in “ Regine per caso, ed.
Laterza,2014) .
Aggiungiamo
anche eventi naturali come terremoti, eruzioni del Vesuvio, carestie
e epidemie come la grande peste del 1348 e il quadro diventa
completo.
Giovanna
I fu assassinata dal nipote Carlo di Durazzo, che aveva allevato
come un figlio e aveva nominato erede al trono, che si proclamò re
di Napoli: la sorella della moglie, anche lei nipote della
regina,fatta morire in prigione nel castel dell'Ovo. Guerre lunghe e
difficili contro I cugini d'oltralpe, i francesi di Luigi d'Angiò e,
chi la fa l'aspetti, morte violenta di Carlo in Ungheria nel 1386, a
seguito di una congiura contro di lui. L'
intermezzo maschile era durato poco, solo 4 anni,e non era servito a
dare stabilità al Regno. Giunse il momento, alla morte di re Carlo,
di un'altra donna, rimasta fino ad allora abbastanza appartata e
ignorata, Margherita d'Angiò-Durazzo.
MARGHERITA
era nata nel 1348 in Provenza, da Maria d’Angiò, sorella della
regina Giovanna I, e Carlo d’Angiò Durazzo,( non ci si meravigli,
I nomi degli Angiò erano quasi sempre gli stassi e se li
trasmettevano di padre in figlio). era l'ultima nata della coppia,
che aveva generato altre tre femmine Giovanna, Agnese e Clemenza.
Regnava allora la giovane zia Giovanna I, di 21 anni, essendo nata
nel 1327. Margherita, il
24 genn. 1370, a Napoli, in Castel Capuano, sposò il cugino Carlo
d’Angiò Durazzo,
educato prima a Napoli dalla zia Regina e poi alla Corte
angioina-ungherese dal 1364, Duca di Croazia e Dalmazia. La coppia
risiedette a Zara, dove nacquero Giovanna e poi Maria. Nel maggio
1376 rientrarono a Napoli, dove il 15 febbr. 1377 nacque il figlio
Ladislao. Mentre Carlo era tornato in Ungheria, Margherita visse a
Napoli presso la corte e, con la rinuncia, volontaria o forse
forzata, al trono da parte delle sorelle maggiori, dal 1368 , fu
l’aspirante al trono con maggiori prospettive poichè la regina,
non aveva figli e aveva pensato al nipote Carlo come suo erede. Ma
la pace e la tranquillità familiare durava poco all'epoca, e
malgrado fosse stato nominato erede al trono, Carlo, sobillato dal re
di Ungheria, si diede da fare contro la zia Regina, accusandola di
ogni possibile nefandezza, sostenuto anche dal papa Urbano VI, nemico
di Giovanna; si preparò, nel 1379, alla invasione dei territori
napoletani. Il voltafaccia non piacque e al suo posto, fu nominato
erede al trono di Napoli il francese Luigi d'Angiò. Questa
situazione rese difficile la posizione a Napoli di Margherita
che temeva di divenire ostaggio della regina contro il suo stesso
marito. A giugno 1380 quindi riuscì a fuggire da Napoli con I
figli, e si rifugiò nel castello di Morcone nel Sannio in attesa del
marito.
Carlo
incoronato re Carlo III dal papa romano, il 2 giugno entrò nel
regno, si scontrò con le truppe i napoletane e dopo averle
sconfitte, nel luglio 1381, entrò a Napoli e mise sotto assedio
Castel nuovo, dove la regina si era rifugiata e resistette a
lungo. Ma dovette arrendersi. Giovanna fu quindi imprigionata
prima a Nocera, fino a marzo del 1382, poi fu trasferita nella
lontana fortezza di Muro lucano, dove, il 12 maggio 1382, fu
raggiunta dai sicari del nipote-re e assassinata. Aveva 55 anni.
In
quegli anni Margherita rimase lontana dalle vicende politiche
comportandosi come regina consorte, assumendo la reggenza temporanea
in assenza del marito impegnato in continue guerre. Come tale seppe
assumere decisioni importanti per reperire le risorse finanziarie per
le spese militari, come ad esempio imposizizione di nuove tasse e
altre misure che divennero sempre più impopolari , allestì poi una
flotta di 12 galee e organizzò nei mesi successivi diverse campagne
per reprimere i partigiani degli Angioini francesi, seguaci del
pretendente al trono, Luigi. In questo marasma ci si mettavano anche
I Papi, da una parte un Antipapa ad Avignone, dall'altra un Papa
romano, entrambi pensavano al Regno come un loro feudo e quindi di
poter fare e disfare Re e Regine. Ora l'atteggiamneto del papa romano
era mutato,non andava più bene quello che facevano a Napoli, e
favoriva ora il francese Luigi. Quando poi giunse nel 1386 la
notizia della morte del re Carlo avvenuta in Ungheria, il clima
cambiò ancora, nonostante che Margherita come Reggente avesse
cercato inizialmente di tenere nascosta la morte di Carlo. La
situazione nel Regno e nella capitale si era fatta difficile e
insostenubile,perché soprattutto da parte dei partigiani del papa,
si organizzavano tumulti contro nuovi aumenti di tasse e dazi, e i
Seggi della città cercavano di ottenere maggiore autonomia e il
diritto di essere consultati per l’imposizione di tasse. Nelle
province imperversavano le milizia francesi di Luigi d'Angiò, era il
figlio, il secondo di questo nome, la nobiltà parteggiava ora per
uno ora per l'altro cercando di trarne più vantaggi personali
possibili.
Nel
1387 arrivò a Napoli anche Ottone di Brunswick (il vedovo di
Giovanna I), che sbarcò con un contingente militare angioino
favorevole a Luigi: sotto la pressione dei partigiani angioini a
Napoli, gli furono aperte le porte della città mentre le milizie di
Margherita riuscirono a conservare i quattro importanti castelli
strategici della città: Castelnuovo, Castel dell’Ovo dove si era
ritirata con I figli, Castel Sant’Elmo e Castel Capuano. il papa
Urbano moriva e al suo posto veniva eletto Bonifacio che invece
incoronò il piccolo Ladislao. Rex
Hungarie, Ierusalem et Sicilie, e
Margherita assunse formalmente la reggenza del regno. A
luglio 1387,
Margherita. con i figli si imbarcò per Gaeta, ancora fedele a lei e
a Ladislao, residenza più sicura di Castel dell’Ovo, dove cercò
di organizzare la resistenza e allargare la cerchia dei sostenitori
suoi e di Ladislao soprattutto tra le importanti famiglie nobili del
Regno, e di approntare un esercito che avrebbe dovuto riprendere
Napoli. Nella capitale si era sistemato Luigi II di Angiò a Castel
S.Elmo, con il suo esercito, mentre l'esercito durazzesco, al comando
di capitani di ventura come Giovanni Acuto, devastarono il
circondario e tentavano di prendere la città per fame.
Cosi
si andava avanti tra alti e bassi, tra tradimenti, alleanze e
voltafaccia, con difficoltà di reperire soldi per pagare i
mercenari, e anche semplicemente per mangiare, ma Margherita, aiutata
dal legato pontificio cardinale Acciaioli che aveva incoronato
Ladislao, nel 1389, pensarono che il ragazzino ( 12 anni) doveva
trovare una moglie ricca con una buona dote. Seguiamo il racconto di
A.Summonte: “ si
volle in quel periodo che alcuni mercanti tornando dalla Sicilia
narrarono delle grandezze e ricchezze di Manfredi di Chiaromonte e
della bellezza della figlia Costanza e la Regina ( Margherita)
allora stabilì di concludere il matrimonio tra il figlio e la
figlia di Manfredi ..”. Si
stipulò quindi il contratto di matrimonio tra Ladislao e Costanza
figlia di Manfredi, potente conte di Modica e signore di Palermo. Il
matrimonio, concluso formalmente il 15 agosto 1390, doveva assicurare
a Margherita e ai suoi figli, il sostegno economico della famiglia
Chiaramonte. La situazione militare era ancora critica, e costrinse
Margherita a concedere ai suoi seguaci e ad altri che si
aggregarono, ricche rendite e beni demaniali in feudo o in pegno, in
cambio di prestiti o sostegno militare. La reggente consigliata anche
dall'Acciaroli, cercò anche di legare più strettamente agli affari
del governo i rappresentanti delle città, specialmente di Gaeta, e
diversi cittadini furono accolti nel Consiglio di reggenza e gli fu
accordato il diritto di consultazione per l’imposizione di nuove
tasse e dazi. Margherita trovò anche il tempo di occuparsi di
riformare in parte l'amministrazione del Regno creando nelle singole
province un ufficio del vicegerens
con poteri straordinari. Ma era già tempo di cedere il governo al
Re, ormai aveva 16 anni poteva essere dichiarato maggiorenne: “
….nel
luglio del 1393, ….., la regina Margherita stabiliva di cedergli
l'effettivo comando, si ritirava dal suo posto di reggente, sin
allora tenuto con tanto accorgimento e tanta forza d'animo, e
lanciava questo giovinetto sedicenne nel teatro della lotta.....”
( A.Cutolo, Re Ladislao d'Angiò Durazzo, Ediz. Berisio, 1969).
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Ladislao d'Angiò-Durazzo |
Al
contrario della zia Giovanna, diventata regina giovanissima, senza
marito o figli nè persone di cui fidarsi, soggetta a critiche e
scandali veri o presunti e a ministri e favoriti, Margherita appare
invece come una donna forte, dotata di intelligenza politica e forza
di volontà nel difendere il Regno e soprattutto I figli Ladislao e
Giovanna, ed è l'esempio che smentisce quella tradizione storica
misogina di cui accennavo all'inizio di questo racconto. Il Regno,
anche con Ladislao, che fu un grande guerriero e conquistò mezza
Italia, rimase comunque oggetto di desiderio di tanti e teatro di
instabilità e di scontri, fino all'ìarrivo di Alfonso di Aragona,
nel 1440.
martedì 26 luglio 2016
Carolina Bonaparte Murat.
Carolina
Bonaparte Murat
Ci
fu un breve periodo ( 1808/1815), in cui il regno di Napoli e di
Sicilia ebbe, come Regine, due Caroline. Una, legittima, la figlia di
Maria Teresa d'Austria, moglie di Ferdinando I di Borbone,
trasferitasi con il marito a Palermo, al sopraggiumgere delle truppe
rivoluzionarie francesi e che mai più avrebbe rivisto Napoli.
L'altra, moglie di Gioacchino Murat e sorella di Napoleone Bonaparte.
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Carolina Bonaparte Murat |
A Parigi, dove assunse una posizione di primo piano nella vita cittadina, Nunziatina, che ora si chiamava Carolina, iniziò la sua straordinaria carriera, unica tra le sorelle a diventar Regina, a fianco del fratello sempre più potente, e del marito, prima generale, poi maresciallo dell'Impero, quindi Duca e infine Re di Napoli nel 1808. Carolina seppe fare molte amicizie potenti, come Fouché e Maret, e non si fece scrupoli, benchè già sposata e madre del primo figlio, di andare a letto con personaggi importanti e politicamente utili, come Junot, governatore militare di Parigi, e Metternich, ambasciatore austriaco in Francia. Lei e il marito ebbero anche quattro figli: Achille nel 1801; Letizia 1802, Luciano nel 1803, e Luisa nel 1805.
A Napoli, Murat credette di poter essere autonomo e di essere un vero Re, volle strafare senza capire di essere invece solo un delegato del cognato, un prefetto francese in una provincia francese. Carolina cercò di fare da collegamento tra marito e Napoleone. In una sua lettera al marito, diceva: “ tutta l'Europa è schiacciata sotto il giogo della Francia. Il tuo scopo qual'è? Quello di mantenerci dove siamo e di conservare il regno; occorre dunque fare ciò che egli ( Napoleone) desidera e non irritarlo quando chiede qualche cosa, perchè è il più forte e tu nulla puoi contro di lui.....” ( G. Lefebrve, Napoleone, Ed. Laterza). Come sappiamo il regno murattiano durò poco: nel 1812 la campagna di Russia diede un bel colpo al'esercito francese, poi la sconfitta a Lipsia nel 1814, l'esilio all'Elba, i cento giorni e la definitiva sconfitta a Waterloo. Regina e reggente a Napoli per conto del marito impegnato con il cognato nelle ultime guerre, Carolina si rese conto che la fine dell'avventura napoleonica si avvicinava e cercò di rimediarvi, prendendo contatti con il suo antico amante Matternich, e convincendo il marito a tradire, e stringere una alleanza con l'Austria per salvare il trono. Rientrato a Napoli il 4 novembre, Murat accettò di entrare nella coalizione, ma era un sentimentale e non poteva resistere alle chiamate del potente cognato. Così partecipò all'ultima battaglia a Waterloo, alla disfatta della Francia e volle addirittura gettarsi in una rischiosa impresa: guerra all'Austria, invito agli Italiani a combattere per la libertà e l'unità (30 marzo 1815). Poi avrebbe tentato con lo sbarco in Calabria quell'ultima disperata avventura in cui avrebbe trovato la morte, per fucilazione, il 13 ottobre 1815. Invano Carolina si batté per salvarlo.
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Villa Murat a Trieste |
Viveva ormai in semipovertà, oberata dai debiti contratti dal marito per l'ultima spedizione e doveva restituire ai familiari forti prestiti. I sovrani di Francia e di Napoli la perseguitavano, controllandone ogni mossa e denunciandone l'opera cospiratrice. Mando I due figli Achille e Luciano in America presso lo zio Giuseppe; sposò invece le due figlie a due nobili emiliani, i conti Rasponi e Pepoli. Era sempre accompagnata dal generale Francesco Macdonald, già ministro della Guerra a Napoli, con il quale probabilmente aveva anche una relazione. Dopo il 1830, con il nuovo clima politico creato in Francia dall'ascesa di Luigi Filippo, Carolina tentò di rientrare in possesso dei beni ai quali aveva dovuto rinunziare nel 1808. Non ci riuscì, ma il re le fece assegnare una pensione di 100 mila franchi annui. Si trasferì a Firenze dove condusse una vita ricca di trattenimenti e relazioni sociali, e in questa città si spense nel 1839, a 57 anni.
venerdì 3 giugno 2016
Giovanna II d'Angiò-Durazzo, regina di Napoli
Nel
regno di Napoli, secondo C. Casanova in Regine per caso (Laterza
2014) “ la presenza di regine per diritto di nascita nel XIV e
XV secolo...per molto tempo è stata considerata come foriera di guai
e sinonimo di governo arbitrario e di instabilità politica” .
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Giovanna d'Angiò-Durazzo |
Ladislao
fu re di Napoli: secondo i suoi biografi, fu “soldato e
condottiero non ad essi inferiore” ( A. Cutolo, Re Ladislao
d'Angiò-Durazzo, ed. Berisio, Napoli, 1969), riferendosi a capitani
di ventura come Muzio Attendolo Sforza, Braccio da Montone, Paolo
Orsini. Molti storici risorgimentali crearono il suo mito, ritenendo
che egli non solo era antipapista, ma volesse unificare l'Italia.
Poteva essere anche vero: aveva preso Roma e il Lazio, l'Umbria e si
avvicinava a Firenze, quando improvvisamente, dopo quattro giorni di
agonia per una sconosciuta malattia, forse anche
avvelenato,vegliato dalla sorella Giovanna, morì a Napoli all'
alba del 6 agosto 1414.
Giovanna
aveva allora 41 anni ed era vedova di Guglielmo
d' Austria, sposato nel 1401 e morto nel 1406, e senza figli.
Da
giovane, Giovanna era stata usata come merce per stringere e
garantire alleanze, secondo il momento politico e la convenienza, e
così fu per il duca d'Austria.
IL
matrimonio fu contrastato da Papa Bonifacio IX, contrario soprattutto
alla politica angioina, ma proprio per questo Giovanna, sollecitata
dal re suo fratello, nel 1401, trovandosi nella sua città natale, si
imbarcò per l'austriaca Trieste e da li si recò a Vienna. Il
matrimonio durò poco, circa cinque anni e non ci furono figli. Alla
morte del marito, Giovanna tornò a Napoli, aveva ora 33 anni, non
aveva altre prospettive: si diede perciò alla vita di Corte. Secondo
alcuni autori (V. Gleijeses, Storia di Napoli, Ed. SEN 1974) si dedicò
“ esclusivamente ad una vita di dissolutezza e divertimenti”.
Alla
morte del fratello, senza figli anche lui, racconta il Summonte: “
….gli successe sua sorella Giovanna di anni 44 ( sic!) che per
essere d' età matura fu ritenuta atta a governare...”. Ma
evidentemente ella era matura solo di età e non di cervello,
poiché, racconta sempre lo stesso autore: “ l'amore che portava
a Pandolfello fu cagione che si dimenticasse di se stessa e del
Regno”.
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Tavola Strozzi, particolare |
La relazione era di
pubblico dominio, ma l'errore fu che, divenuta regina nel 1414,
Giovanna promosse Pandolfello alla carica di gran Camerlengo: questo
titolo indicava una delle massime cariche
della Corona e generalmente quel ministro -
oggi lo chiameremmo del Tesoro - che amministrava il tesoro e i beni
dello Stato.
Giovanna
però doveva trovare un marito, almeno pro-forma e per tentare di
assicurarsi una discendenza legittima, cosa difficile, data l'età.
Penso che fosse più per misoginìa dei grandi del regno, per
evitare guai e instabilità politica, più che un reale desiderio
della regina. Comunque Giovanna dovette adempiere a questo dovere e
per marito fu scelto il francese Giacomo di Borbone, conte di La
Marche, al quale però fu riconosciuto solo il titolo di principe
consorte. Il Borbone prima accettò il ruolo, poi ci ripensò, volle
farsi Re, fece uccidere l'amante della regina, Pandolfello, mise
uomini di sua fiducia in alcuni posti chiave, si attirò l'odio della
moglie e di tutta l'aristocrazia. Il popolo, sobillato dai nobili e
dai fedeli di Giovanna, si ribellò, e a Giacomo gli andò anche
bene, perché riuscì a cavarsela e a non finire ammazzato come era
accaduto per altri. Tumulti e rivolte popolari lo convinsero a
lasciare Napoli e tornarsene in Francia nel 1418.
In
questo periodo divenne favorito della regina il giovane Sergianni
Caracciolo, di nobile famiglia napoletana. Giovanna iniziò con lui
una celebre e discussa relazione. Evidentemente non aveva imparato
niente, poiché ripeté lo stesso errore commesso con Pandolfello,
mischiando l'interesse privato con il pubblico: Sergianni divenne una
specie di primo ministro, e fu investito dell'autorità di assumere
motu proprio
molte decisioni cruciali, fino a diventare egli stesso l'arbitro e il
padrone del regno.
Si
ripeteva una storia già vista e vissuta da un'altra Giovanna, la
prima, anche lei senza figli, sposata cinque volte con personaggi
ambiziosi e decisi a impossessarsi del Regno, tra favoriti e amanti
veri o presunti. Su Giovanna II, ormai anziana si
addensavano nuvole e soprattutto dicerie, le malelingue ne
raccontavano di tutti i colori sui suoi costumi e le abitudini sessuali e sulla vera e propria caccia a tutti gli uomini che incontrava, meglio se giovani e aitanti che, dopo l'uso, sarebbero stati gettati nelle segrete di Castel nuovo e divorati da un coccodrillo.
Storie che accomunavano le due Giovanne, ed è per questo che le loro vite, nei racconti popolari e nelle leggende che ne nacquero, vengono spesso accavallate e confuse: “ le due immagini si sovrapposero in Napoli a formare l'unico tipo leggendario” ( B. Croce, Storie e leggende napoletane).
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Alfonso d'Aragona |
Storie che accomunavano le due Giovanne, ed è per questo che le loro vite, nei racconti popolari e nelle leggende che ne nacquero, vengono spesso accavallate e confuse: “ le due immagini si sovrapposero in Napoli a formare l'unico tipo leggendario” ( B. Croce, Storie e leggende napoletane).
Impossibile narrare tutte le vicende di questo periodo, tra intrecci strani, alleanze e tradimenti, attacchi interni ed esterni al Regno, pretendenti al trono, congiure e ribellioni, baroni e grandi del regno, morti ammazzati e non, Papa e antipapa, donne e uomini in cerca di potere e di ricchezze, personaggi famosi dalle stelle alle stalle e viceversa, come Muzio Attendolo Sforza capo dell'esercito prima, poi imprigionato poi liberato, poi allontanato e ancora richiamato, e il figlio Francesco, futuro duca di Milano, e l'ennesimo errore della Regina. Senza figli, dovendo trovare un erede al trono, Giovanna scelse prima Luigi d'Angiò, poi cambiò idea e adottò Alfonso d'Aragona, poi cambiò di nuovo e tornò all'Angiò, provocando così solo una guerra che finirà nel 1443 con la vittoria di Alfonso.
Giovanna era morta già da otto anni, nel 1343, a 70 anni.
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martedì 17 maggio 2016
Il Piemonte e Napoli
Quanti
sanno che c'è stata un' epoca in cui il Piemonte fu un possedimento
napoletano? Cosa
c'entrava Napoli con il Piemonte ? Per saperne di più torniamo indietro nel tempo fino al XIII secolo.
L'
Italia era divisa in vari Stati, grandi e piccoli, tutti dipendenti
teoricamente dall'Imperatore del Sacro Romano Impero o dal Papa,
divisi in fautori dell'uno, i Ghibellini, o dell'altro, i Guelfi. Lo
Stato più grande e più forte era quello quello di Sicilia e di
Napoli. c'entrava Napoli con il Piemonte ? Per saperne di più torniamo indietro nel tempo fino al XIII secolo.
Più a Nord, si era consolidato lo Stato pontificio fino alle Romagne, e nel nord-est c'era la Serenissima Repubblica di Venezia. A ovest, nella pianura padana, in Lombardia e anche in Piemonte, c'erano stati i liberi Comuni come Milano e altre città, Piacenza, Novara, Asti, Torino e tanti altri più piccoli, ma nel XIII secolo quel modello politico era in crisi, e si stava arrivando lentamente alla instaurazione delle cosiddette Signorie, come quella dei Visconti a Milano.
In Piemonte erano molto attivi, e volevano allargarsi, i Marchesi di Saluzzo e del Monferrato, e iniziava la carriera di una famiglia che arrivava dalle Alpi, i conti di Savoia. Sul mare si affacciava la Repubblica di Genova.
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Carlo I d'Angiò |
Altri Comuni piemontesi, intanto come Torino, Alessandria, Vercelli e Ivrea gli fecero atto di dedizione. Da quel momento quella zona divenne un possedimento del Re di Napoli.
La politica degli Angioini in quell'area fu molto accorta – stranamente in quanto Carlo e i suoi, alla conquista di Napoli e Palermo, si comportarono da crudeli e sanguinari -, essi non stravolsero gli ordinamenti delle città, ma lasciarono continuare l'amministrazione secondo le tradizioni e gli statuti precedenti, limitando al massimo la loro interferenza e traendone reciproco vantaggio.
In quegli anni l'interesse di Carlo, era volto al Regno dell'Italia meridionale, al suo consolidamento e anche alla sua possibile espansione: gli Angiò persero la Sicilia ma si allargarono oltre l'Adriatico occupando l'Albania con Durazzo e se ne proclamarono Re, e nel 1300 giunsero fino in Ungheria, furono poi principi d'Acaia e Re di Gerusalemme e altro. Il Papa Gregorio X, che, al contrario del suo predecessore, riteneva gli Angiò molto pericolosi per il suo potere, organizzò una Lega alla quale si aggregarono anche nemici Piemontesi e dopo alterne vicende, nel 1275 riuscirono a sconfiggere i presidi angioini e gli alleati, che abbandonarono la regione.
Ma non era finita.
Dopo qualche anno, Carlo II d'Angiò, lo zoppo, Re di Napoli e di Albania, riprese in Piemonte tutto ciò che il padre aveva perso.
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Giovanna I d'Angiò |
I rapporti degli Angiò di Napoli con i possedimenti piemontesi erano frequenti e costanti ed essi vi si recavano personalmete o mandavano membri della famiglia reale. I problemi vennero fuori dopo, alla morte di Re Roberto, con Giovanna I, regina chiacchierata e anche sfortunata: sposatasi ben cinque volte dovette affrontare nemici di ogni genere, anche in famiglia, pestilenze e guerre continue per mantenere il trono.
Si recò anche in Provenza ma per trovare il Papa ad Avignone e non ebbe il tempo di pensare alle terre piemontesi, se non quando dovette donare come dote alla sorella Maria, per il suo matrimonio con Carlo di Durazzo, la contea di Alba( V.Gleijeses, La regina Giovanna d'Angiò, Marotta Ed.1990). Il regno era andato allo sbando, l'ultimo marito di Giovanna, Ottone di Brunswick mentre stava combattendo in Piemonte per difendere quei territori, fu richiamato a Napoli, assalita da Carlo di Durazzo; la Sicilia non era stata riconquistata ed era occupata dagli Aragona, Giovanna non aveva avuto eredi diretti.
Il Piemonte perciò fu abbandonato a se stesso, i possedimenti angioini furono occupati dai Signori del Monferrato, Saluzzo,Visconti e dai Savoia, senza alcuna reazione da parte di Giovanna. Anche i successori, gli Angiò-Durazzo furono presi da altri impegni e problemi interni ed esterni al Regno, per cui finì così, lentamente e per abbandono, il governo angioino in Piemonte. Era durato circa ottanta anni.
martedì 26 aprile 2016
Costanza d' Altavilla
Costanza
d' Altavilla
Dopo
Giovanna d'Angiò, dopo Isabella del Balzo e dopo Maria Carolina
d'Asburgo, torniamo indietro fino al XII secolo, in Sicilia, nel
“regno del sole” ( John Julius Norwick, il regno nel sole, ed.
Mursia 1970).
Andiamo
presso la raffinata e colta Corte di Palermo, istituita da Ruggero
II, il Normanno, fondatore del regno di Sicilia e Napoli.
Tutto
ebbe inizio con Ruggero I°, Conte di Sicilia, e il fratello Roberto
il Guiscardo, duca di Puglia e di Calabria. Gli Hauteville,
italianizzati in Altavilla, venivano dalla Normandia, una famiglia
numerosa, arrivati nel sud della penisola, in Puglia, verso il 1040,
vagabondi e mercenari, e trasformatisi presto in conquistatori.
Approfittando delle guerre intestine tra impero d'oriente e
staterelli italiani e Arabi in Sicilia, soli contro tutti, i Normanni
combatterono contro cinque o sei bandiere, cambiandole spesso, come
in un film di avventure, fu un' epopea iniziata come banditi e finita
come Re, duchi e principi. La Sicilia , Ruggero I, l’aveva
conquistata nel 1061 con la forza delle armi, togliendola agli Arabi,
che erano lì da circa un paio di secoli, si era autonominato “gran
Conte”, e l’aveva lasciata ai figli.
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Costanza d'Altavilla |
Ruggero,
come era normale, si preoccupò della successione al trono ed ebbe,
in prime nozze, sei figli di cui i primi quattro maschi morti prima
del padre, in seconde nozze, un figlio morto alla nascita insieme
alla madre, e infine, in terze nozze, nel mese di novembre 1154, una
figlia femmina che egli non conobbe perché morto prima, a febbraio
dello stesso anno. Alla bambina fu imposto il nome di Costanza.
A
Ruggero successe il quinto figlio maschio, Guglielmo, nato nel 1131,
che fu detto il Malo: sotto il suo regno fu costruito a Napoli
castel Capuano. A lui successe nel 1166 il figlio chiamato anche
Guglielmo ricordato come uno dei monarchi normanni
più benvoluto dai sudditi, per la correttezza nell'esercizio delle
funzioni ed il rispetto per le leggi ed il popolo, per l'istruzione e
la mitezza d'indole: per questo fu chiamato il Buono.
Egli sposò il 13 febbraio 1177 Giovanna Plantageneto,
che aveva appena dodici anni, sorella di Riccardo cuor di leone.
Viveva nella raffinata corte palermitana, anche se un pò
in disparte, la principessa Costanza, l'ultima figlia di Ruggero,
sorella di Guglielmo I e zia del Guglielmo il buono. A trent'anni non
erano previste per lei ipotesi o possibilità matrimoniali né
alcuna possibilità di una successione al trono.
Molti storici si sono chiesti come mai, in una epoca in
cui le donne si sposavano a dodici anni, diventavano madri a quindici
e a venti erano già morte o rottami, Costanza non si sia sposata
prima, malgrado l’alto rango e il fatto di essere comunque un buon
partito. Si disse che la donna aveva interesse per la vita monastica,
e ci credettero in molti compreso Dante Alighieri che
la include nel canto III del Paradiso, ma
l'ipotesi non è comprovata però da alcun riscontro.
La sua vita comunque cambiò quando
per porre fine ai contrasti da anni esistenti tra Impero,
rappresentato da Federico Barbarossa e Regno di Sicilia rappresentato
da Guglielmo, si arrivò nel 1184 a un trattato di pace, e fu
richiesta in garanzia la mano di questa solitaria Principessa.
Fu perciò deciso il fidanzamento tra il giovane Enrico,
figlio del Barbarossa, di 20anni, e la trentunenne Costanza
d'Altavilla. Due anni dopo, il 27 gennaio 1186, a Milano fu
celebrato il matrimonio.
La principessa normanna così, dalla calda Palermo
dovette trasferirsi nelle barbare langhe tedesche, e si trovò
proiettata verso una vita diversa da quella vissuta fino ad allora.
Nessuna possibilità di successione al trono di Sicilia era
ipotizzabile, finché invece nel 1189 si verificò l'impensabile e
l'incredibile.
Quell'anno Guglielmo morì, aveva 36 anni e non aveva
eredi, e anche la moglie, Giovanna non visse molto più di lui, morì
nel 1199 a trentaquattro anni.
Il Regno era in pericolo per la mancanza di un erede, ma
ci si era dimenticati di Costanza, l'ultima figlia di Re Ruggero,
La morte del nipote apriva a lei, e al marito diventato
intanto Imperatore, - Barbarossa era morto nel 1190 – l' imprevista
strada del trono di Sicilia. Costanza in quel momento era l'unica
erede legittima e diretta vivente, di Ruggero II.
Ma l' aristocrazia e il clero siciliano, appoggiati
anche dal Papato si opposero per la presenza del marito tedesco; essi
non amavano i tedeschi e la loro politica, si ribellarono alla
sola idea e elessero Re Tancredi, cugino di Guglielmo II, nipote di
Ruggero II, unico discendente maschio, per quanto illegittimo, di
stirpe normanna.
Ovviamente
Costanza, ora
Imperatrice. ma soprattutto il marito Enrico, si oppose a questa
elezione, rivendicando il proprio diritto ereditario. Perciò,
nel 1191, partìrono per la conquista della Sicilia, attraversando
l'Italia, L'esercito tedesco, ingrossato da altre truppe di Stati
italiani ghibellini, fu fermato davanti alle mura di Napoli, che
erano imprendibili e ben difese. Per giunta, a causa di una
pestilenza, fu decimato e si fermò nei pressi di Salerno e da lì
dovette far rientro in Germania.
Preso
da questioni tedesche, l'imperatore abbandonò momentaneamente il
problema siciliano, fino a quando nel 1194 il re Tancredi
morì e gli successe un bambino di nove anni, Guglielmo III, con la
reggenza della madre,
Sibilla
di Medania.
Quell'anno
Costanza era incinta, erano trascorsi
ben
nove anni di matrimonio, aveva ormai 40 anni, una età all'epoca
molto avanzata, ed era già molto se era ancora viva, visto che i
suoi fratelli e nipoti erano morti giovani, Molti non credevano alla
gravidanza di Costanza. Nacquero voci, dicerie e dubbi sia sulla
reale madre che sul padre. Il nascituro sarebbe stato addirittura
l'Anticristo
Ciò nonostante, ella si mise in
viaggio per raggiungere la Sicilia. Lungo il cammino però Costanza
dovette fermarsi per evitare problemi per il prossimo parto.
Enrico, che era un violento e sanguinario, con il
grosso dell'esercito proseguì l'avanzata, massacrando e uccidendo
tutti quelli che si opponevano, conquistò finalmente Napoli e ne
abbattè le mura, si imbarcò e arrivò a Palermo già fiaccata e
sottomessa, il 20 novembre.
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Costanza con il figlio Federico |
Giovanni Villani storico del secolo
successivo scriveva: “Quando la 'mperatrice Costanza era
grossa di Federigo, s'avea sospetto in Cicilia e per tutto il
reame di Puglia, che per la sua grande etade potesse esser grossa;
per la qual cosa quando venne a partorire fece tendere un
padiglione in su la piazza di Palermo e mandò bando che
qual donna volesse v'andasse a vederla; e molte ve n'andarono e
vidono, e però cessò il sospetto»
Ci
sono alcune imprecisioni, come il fatto che non era Palermo, ma
Jesi, nelle Marche , mentre
sembra vero l'episodio relativo all'allestimento di un
tendone al centro della piazza di Jesi, dove
Costanza partorì pubblicamente, sotto gli sguardi delle donne
maritate per dimostrare la propria maternità al fine di fugare
ogni dubbio sulla nascita del figlio. Il maschietto fu chiamato
Federico Ruggero.
Costanza regnò
dal 1194 insieme al consorte, ma da sola dal 1197 alla morte di
Enrico: fu
la prima donna, Regina legittima del regno del sud, per trovare
un’altra donna al comando del regno passeranno quasi duecento
anni.
Si trovò
con un figlio di soli 4 anni ed una corte disunita ed infida,
nella quale non era ben vista poiché considerata da molti come
traditrice del proprio popolo e della famiglia degli Altavilla.
Essendo
ormai vecchia, da madre intelligente, assunse il ruolo di tutrice
del piccolo Federico e reggente del regno e comprese che per
garantire il trono di suo figlio era necessario scendere a patti
con la Chiesa
per averne la protezione dopo la sua morte. ,Mise
perciò il figlio sotto
la tutela di Papa
e rinunciò
al titolo di imperatrice del Sacro
Romano Impero. Morì a quarantaquattro anni, il 27 novembre del
1198, e fu sepolta nella cattedrale di Palermo.
.Donna
forte e combattiva secondo alcuni,, cosciente del proprio ruolo e
dei suoi il suo potere alla Sicilia.
Secondo altri traditrice del proprio popolo e della famiglia.
Secondo me, più che traditrice, fu succube del marito finche
questo fu in vita. E.Horst, scrittore tedesco sostiene (
Federico II di Svevia Rizzoli Ed. 1981)
che morto Enrico, Costanza procedette contro i tedeschi e li bandì
dal regno e altri li fece arrestare. Secondo questo autore “
Costanza
aveva un unico obiettivo: ricostruire la Sicilia come regno
normanno, assicurarne l'indipendenza conservandone l'eredità al
figlio”.
Il
piccolo
Federico
diventò da grande uno dei più importanti personaggi dell' epoca.
Ciò che non era riuscito al padre, l'unione delle corone di Sicilia
e di imperatore, riuscì a lui, Federico
II di Svevia.
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