Estratto-riassunto del 4° incontro
Prima di iniziare sarà bene
ribadire un concetto fondamentale: il sistema giudiziario, penale e
penitenziario è strettamente collegato al periodo storico – intendendo per tale
l’ambiente politico, sociale, economico, culturale.. – in cui nasce, si
sviluppa e vive. Ed è bene tener sempre presente quella frase che avevo citato
al primo incontro: “ la civiltà di un paese si giudica dalle sue carceri”(
Voltaire). C’è un aspetto sociale, economico e culturale che non va
dimenticato, nelle società antiche non esisteva alcuna concezione di diritti
umani né di dignità della persona, sono concetti che arriveranno dopo con
l’illuminismo, non era concepibile neanche una prigione rispettosa della
persona, le crisi sociali, politiche ed economiche, ma anche la grande e facile
mortalità, le malattie incurabili- anche
un semplice raffreddore -, le pestilenze e carestie, terremoti ed altro non
lasciavano spazio ad altre possibilità, in maniera molto democratica, poiché
colpivano alla stessa maniera
poveri e ricchi.
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Voltaire |
Alla fine del XVI secolo, iniziavano in
Italia, alcune nuove esperienze in campo penitenziario, che all’epoca dovevano
essere considerate moderne:
a Firenze all’interno
dell’Ospizio del S. Filippo Neri per giovani abbandonati viene istituita una sezione destinata
fondamentalmente a giovani di buona famiglia con problemi di disadattamento. E’ il primo caso di isolamento cellulare a
scopo correzionale: la sezione era infatti composta da otto
cellette singole in cui i giovani erano rinchiusi in isolamento giorno e notte.
A Milano poco dopo vengono realizzati una “Casa di
Correzione”, dove vengono rinchiusi i colpevoli di reati minori tenuti in
regime di separazione cellulare; e un ERGASTOLO, nel quale stanno i condannati per gravi reati che non vivono
in isolamento (diverrà obbligatorio in seguito) e vengono utilizzati in lavori
di pubblica utilità. E’ la prima volta in assoluto che non si pensa alla pena
di morte
A Napoli invece è in
funzione la Vicaria ( Castelcapuano), e non sembra esserci nulla di moderno: vi
sono rinchiusi un migliaio di prigionieri in condizioni terribili,
molto al di sotto dei livelli di sopravvivenza. Sembra che questa prigione avesse anche una “ grotta
di massima sicurezza”, cioè un imbuto sotterraneo dove venivano calati i
prigionieri ritenuti più pericolosi.
A Roma nello stesso periodo viene realizzato
il carcere cellulare del San Michele (prigione vaticana).
Iniziava in tutta Europa alla fine di quel secolo e
all’inizio del XVIII quel
movimento culturale e filosofico che fu chiamato “illuminismo” che, come si può facilmente capire significa genericamente ogni forma di
pensiero che "illumina" la mente degli uomini, ottenebrata dall'ignoranza
e dalla superstizione, servendosi della
ragione e dell'apporto della scienza.
E’ il risveglio della mente dopo secoli di
sonno. Tutta quell’ epoca è anche indicata come l'età dei lumi: con questa espressione, che mette in evidenza
l'originalità e la caratteristica di rottura consapevole nei confronti del
passato.
Esso si
diffuse prima in Francia e presto in
Europa, con i francesi, come Voltaire, Montesquieu, Rousseau, Diderot e
altri.
La
Francia è in quel periodo il paese più importante e potente in Europa,….lo è
diventato con Luigi XIV, il re Sole, 1638/1713 e le sue vittorie sia in guerra
sia a livello diplomatico, i Borbone, la famiglia di Luigi XIV, regnano oltre che in Francia anche in Spagna,
e in Italia, a Parma e Piacenza e a Napoli. In tutte le corti europee si parla
francese che è la lingua della diplomazia internazionale, un po come oggi è
l’inglese. E’ uno stato assolutista, fortemente accentrato, con grandi
divisioni sociali, e che a breve sarà
sconvolto dalla rivoluzione.
Voltaire, è uno
pseudonimo di Francois-Marie Arouet, nato a Parigi nel 1694 e morto nella
stessa città nel 1778, fu filosofo, drammaturgo, storico, scrittore, saggista
ed altro ancora. Una vita vagabonda trascorsa tra l’Inghilterra, la Prussia e
la Svizzera, grande ammiratore della monarchia costituzionale inglese in
opposizione a quella assolutista francese.
A proposito dell’argomento che stiamo trattando è sua, - che era stato
prigioniero alla Bastiglia di Parigi - come già avevo detto all’inizio di
queste nostre conversazioni, la frase: la civiltà di un paese si giudica dalle
sue carceri. Il significato è abbastanza chiaro per tutti. Voltaire si
caratterizza nei suoi scritti, per l'ironia, la chiarezza dello stile, la vivacità dei toni e la polemica
contro le ingiustizie e le superstizioni; fortemente anticlericale e laico, è
considerato uno dei principali ispiratori del pensiero razionalista moderno.
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Montesquieu |
Dobbiamo citare poi
Charles-Louis de Secondat, barone di
Montesquieu, meglio noto unicamente come Montesquieu (1689 –1755), che fu filosofo, storico e giurista e
oggi si direbbe politologo. È considerato il fondatore della teoria politica
della separazione dei poteri, che è anche oggi un argomento di forte
attualità. La tesi fondamentale -
secondo Montesquieu -, espressa nella sua opera “Lo spirito delle leggi”, è che
può dirsi libero solo quella Stato, in cui nessun governante possa abusare del
potere a lui affidato. Per contrastare
ogni eventuale abuso bisogna far sì che "il potere arresti il
potere", cioè che i poteri fondamentali siano affidati a mani diverse, in
modo che ciascuno di essi possa impedire all'altro di esorbitare dai suoi
limiti e degenerare in tirannia. La riunione di questi poteri nelle stesse
mani, di uno o di molti o del popolo, annullerebbe la libertà perché
annullerebbe quella "bilancia dei poteri" che costituisce l'unica
salvaguardia o "garanzia" costituzionale in cui risiede la libertà
effettiva. Quali sono questi poteri fondamentali, sono TRE: legislativo, cioè il potere che “fa” le leggi,
cioè il parlamento, il potere esecutivo,
che esegue le leggi e amministra, cioè il governo e i vari ministri e i
ministeri, e il potere giudiziario, che
controlla che le leggi siano eseguite e anche bene.L’argomento in un ‘epoca di
assolutismo e di monarchie per grazia di Dio suscitò grande scalpore: è come si
vede assai attuale e oggetto di discussione, oggi tuttavia in quasi tutti i
paesi del mondo, le varie Costituzioni,
a cominciare dalla nostra, si basano su questa tripartizione e divisione di poteri.
Ovviamente
l'illuminismo doveva scontrarsi con la Chiesa Cattolica, che rappresentava la
superstizione. Il che fece comodo a molti Stati, i quali cominciarono ad
assumere un atteggiamento indipendente, si liberarono da ogni rispetto per la
politica del Papato rivendicarono per i loro affari interni, un'autonomia che
concedeva alla curia un'influenza sempre minore, anche nelle questioni
ecclesiastiche e soprattutto presero e acquisirono i beni ecclesiastici.
L’Inquisizione, ad esempio fu eliminata da molti Stati, restando solo in Spagna
e nello Stato pontificio.
In Italia, tra i grandi illuministi bisogna
assolutamente parlare, per quel che riguarda l’argomento che ci interessa,
Cesare Beccaria. Per l’argomento che stiamo trattando Beccaria assume, non solo
in Italia ma in tutto il mondo moderno, una importanza unica ed eccezionale.
Cesare Beccarìa, milanese
15 marzo 1738 – 28 novembre 1794) , fu filosofo, economista
scrittore e giurista e come tale ci interessa il suo pensiero che avrà una
grande influenza in tutti i sistemi penali e carcerari successivi. Il suo
libricino “ dei delitti e delle pene” è diventato la base di tutti i sistemi
giuridici e penitenziari moderni, almeno in occidente. Beccaria vuole dimostrare pragmaticamente
l'inutilità della tortura e della pena di morte, più che la loro
ingiustizia. Egli è infatti
consapevole che i legislatori sono mossi più dall'utile pratico di una legge,
che da principi assoluti, di ordine religioso o filosofico. egli afferma
infatti che «se dimostrerò non essere la morte né utile né necessaria, avrò
vinto la causa dell'umanità». Beccaria sostiene che la sanzione deve essere sì
idonea a garantire la difesa sociale, ma al contempo mitigata e rispettosa
della persona umana. E’ la prima volta nel mondo che si parla di rispetto della
persona.
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Cesare Beccaria |
La pena di morte è, secondo Beccaria, “una
guerra della nazione contro un cittadino”, è inaccettabile perché il
bene della vita è indisponibile, quindi sottratto alla volontà del singolo e
dello Stato. Sono concetti modernissimi. La pena di morte non svolge un'adeguata
azione deterrente né intimidatoria poiché lo stesso criminale teme meno la
morte di un ergastolo perpetuo o di una miserabile schiavitù.
Egli suggerisce invece di sostituirla con i lavori forzati, in modo che il reo,
ridotto a “bestia di servigio”,
fornirà esempio duraturo ed incisivo dell’efficacia della legge, risarcendo la
società dai danni provocati; e, così facendo, nel contempo si salvaguarda il
valore della vita… Beccaria ammette che il ricorso alla pena capitale è
necessario, ma solo quando l’eliminazione del singolo fosse il vero ed unico
freno per distogliere gli altri dal commettere delitti, come nel caso di chi
fomenta tumulti e tensioni sociali: ma questo caso non sarebbe applicabile se
non verso un individuo molto potente e in caso di una guerra civile.
Tale motivazione fu usata da Robespierre, durante la rivoluzione francese, per
chiedere la condanna del re Luigi XVI, che invece diede il via ad un uso
spropositato della pena di morte, e poi al Terrore, certamente non ammissibile
nel pensiero di Beccaria, che infatti prese le distanze, come molti illuministi
moderati, dagli avvenimenti rivoluzionari dopo il 1793.
Beccaria esaminò anche la procedura della tortura e
si dimostrò assolutamente contrario per vari motivi come ad esempio quello che
viola la presunzione di innocenza, dato che un uomo non può considerarsi reo
fino alla sentenza del giudice, un principio modernissimo, non è operativa in
quanto induce a false confessioni, poiché l’uomo, stremato dal dolore, arriverà
ad affermare falsità al fine di terminare la sofferenza, non porta all’emenda del soggetto, né lo
purifica agli occhi della collettività
Per quanto riguarda le pene , Beccaria indica come
la sanzione deve essere immediata, cioè decisa con un processo che duri il
tempo strettamente necessario, ( ne parliamo ancora oggi in Italia), certa e
proporzionata al reato commesso, adeguata e di esempio a tutti.
Pertanto il fine della sanzione – secondo lui - non
è quello di affliggere, ma quello di impedire al reo di compiere altri delitti,
e di intimidire gli altri dal compierne altri.
La pena quindi non deve essere quindi una violenza
gratuita, ma invece essenzialmente pubblica, pronta, necessaria, la minima
delle possibili nelle date circostanze, proporzionata ai delitti, dettata dalle
leggi.
La pena è oltretutto una extrema ratio,
infatti si dovrebbe evitare di ricorrere ad essa quando si hanno efficaci
strumenti di controllo sociale. Per questo è importante attuare degli
espedienti di “prevenzione indiretta”, come ad esempio: un sistema ordinato
della magistratura, la diffusione dell’istruzione nella società, il diritto
premiale, una riforma economico-sociale che migliori le condizioni di vita
delle classi sociali disagiate. Teorie molto moderne e per l’epoca veramente
rivoluzionarie. Sono tutte idee rivoluzionarie per l’epoca e principi sui quali
ancora oggi, almeno in Italia, stiamo discutendo
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Panottico |
Successivamente, le
nuove teorie rivoluzionarie borghesi, politiche e sociali, favoriscono l’affermarsi
di teorie di alcuni “riformatori” inglesi tra cui spicca Jeremy Bentham, che
assegna al carcere, prioritariamente, un carattere intimidatorio e di totale
controllo, al fine di realizzare il ruolo produttivo e risocializzante. E’
interessante rilevare la parola “risocializzante”, che però avrà fortuna solo
in tempi più moderni, nel XX secolo, quando alla pena sarà assegnato la
funzione risocializzante e rieducativa.
Con Bentham si ebbe il progetto Panopticon
basato sul “principio ispettivo” che i pochi (carcerieri) possano controllare i
molti (detenuti), e il controllo possa essere esercitato su tutti gli atti del
carcerato nell’arco delle ventiquattro ore giornaliere. Nasce così la nuova
struttura architettonica del carcere moderno (carcere Benthaniano), fatta di
“bracci” (o “raggi”) e rotonde, costruito cioè in modo che i carcerieri stando
fermi nel posto di guardia situato sulla rotonda possano avere la visuale piena
su un intero braccio di celle, o su più bracci (struttura a raggiera). Al
contempo ogni detenuto sa che ogni suo movimento è controllato “a vista” con
estrema facilità.
Andiamo ora a Venezia, nella famosa prigione , i Piombi, ne parliamo
ora perché in questo periodo ne fu ospite – e furono descritti - da Giacomo
Casanova.
I Piombi sono la parte sottotetto delle
antiche prigioni, situate nel complesso del Palazzo ducale. Risalgono all' XI
secolo, cioè all’anno 1000, e vi si tenevano prigionieri della
repubblica. “Piombi” perché erano camerotti
particolarmente umidi e malsani,
detti piombi perché posti subito sotto il Tetto del palazzo ducale,
costituito da lastre di PIOMBO.
Giacomo
Casanova, diede ai Piombi vasta notorietà poiché li descrisse nelle sue
"Memorie" lasciandoci dettagli
della struttura e delle modalità detentive e ci racconta come riuscì ad
evaderne nel 1756.
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interno Piombi |
Casanova racconta, in forma di romanzo avventuroso, la
sua evasione come un romanzo
d’avventure,, che poi sarà inserito nelle Memorie (scritte in francese). Egli era stato imprigionato nel
luglio 1755, perché accusato di vari delitti come blasfemia, detenzione di libri
proibiti e circonvenzione di alcuni nobili, e probabilmente anche l'essere
membro della Massoneria. Attraverso una narrazione avventurosa, il Casanova
racconta meticolosamente i luoghi e i personaggi incontrati durante il periodo
di detenzione. La prigione dei Piombi era
ritenuta estremamente sicura, luogo dal quale fosse impossibile evadere,
oltreché una prigione terribile per le condizioni della detenzione, con celle
poste sotto i tetti ricoperti da piombo
che, a causa dell'alta conducibilità del materiale, erano molto fredde
durante il periodo invernale ed afose nel periodo estivo. In altre celle, i
cosiddetti Pozzi, la detenzione si svolgeva in situazioni ancora più disumane,
essendo poste sotto il livello del mare e quindi periodicamente soggette ad
allagamento. Appena ripresosi dall'arresto, Casanova cominciò ad organizzare la
fuga. Un primo tentativo fu fatto fallire perché egli fu spostato in un’altra
cella. Ma il secondo tentativo, messo in atto nella notte fra il 31 ottobre e
il 1º novembre 1756, ebbe successo: passando dalla cella alle soffitte,
attraverso un foro praticato nel soffitto da un compagno di reclusione, il
frate Marino Balbi, uscì sul tetto e successivamente si calò con una corda di
nuovo all'interno del palazzo da un abbaino. Attraversati vari ambienti della
cancelleria i fuggiaschi furono notati da un passante, che fece accorrere uno
dei custodi il quale aprì il portone, consentendo ai due di uscire e di
allontanarsi velocemente a bordo di una gondola. Ma forse l'aspetto più interessante
della descrizione casanoviana è quello relativo all'organizzazione carceraria
del tempo. Egli racconta, infatti che I detenuti godevano di anche assistenza
medica, potevano farsi portare un cibo speciale dall'esterno o ordinarlo al
carceriere e godevano anche di un'assegnazione in denaro per le piccole
necessità. Con quest'ultima potevano dare commissioni al carceriere il quale
doveva renderne il conto. Potevano anche farsi portare mobili e suppellettili
come letti, piatti e così via. Le pulizie della cella erano eseguite
regolarmente così come era consentita una passeggiata quotidiana fuori dalla
cella, ma sempre nel sottotetto.
Casanova descrive di sfuggita anche la situazione nei cosiddetti pozzi, situazione assai peggiore per
chi vi era recluso. Probabilmente vi era una notevole discrezionalità non solo
nell'irrogazione della pena ma anche nelle modalità esecutive. In particolare i
pozzi erano destinati ai
detenuti comuni, mentre i
piombi ai detenuti di origine nobiliare e a quelli dotati di mezzi economici o
ai preti.
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Durante
la dominazione austriaca si chiudevano nei Piombi i prigionieri politici, come a d esempio Silvio Pellico,
come narra ne Le mie prigioni, e altri patrioti veneziani come Daniele Manin e
Niccolò Tommaseo, anche se ufficialmente già dal 1797 i Piombi erano stati
dismessi come prigioni. Successivamente fu sostituito come carcere cittadino
dalle Prigioni nuove, collegate al palazzo ducale dal ponte detto dei Sospiri,
e poi ancora da un complesso sito nell’isola della Giudecca, attualmente
utilizzato come sezione attenuata tossicodipendenti, fino al 1926, anno nel
quale fu inaugurato il carcere di S.Maria maggiore attualmente ancora utilizzato,
situato nel sestiere di S. Croce.
Alla fine del XVIII secolo stavano per verificarsi due fatti che
avrebbero cambiato ancora una volta la storia dell’umanità: il primo , la rivoluzione americana che
avrebbe portato alla prima ribellione di colonie, alla formazione degli USA, a
una Repubblica, all’epoca incredibile, con una Costituzione che si rifaceva ai
principi illuministici. La rivolta delle colonie inglesi contro la madrepatria,
ebbe inizio nel 1775, e dopo varie battaglie e episodi e l’intervento della Francia monarchica e
assolutista nel 1781.
Ma in Europa alla fine del secolo ci fu la vera
rivoluzione, quella francese, nel 1789.
Come è noto, con la rivoluzione francese crollò
tutto un mondo, quello antico, quello dei privilegi . quello dei baroni,
“egalitè, humanitè, infraternitè”, tutto cambiò, poi la condanna a morte del re
Luigi XVI e di Marie Antonietta, il Terrore, migliaia di morti, le guerre
rivoluzionarie, Napoleone, l’impero e poi la restaurazione, Non posso mettermi
a parlare degli avvenimenti di quei 25
anni circa, ma le riforme della rivoluzione influenzarono tutti gli stati,
anche quelli che erano stati contrari, e
tutto quello che venne dopo, a cominciare dai codici, dalla giustizia e dalle
pene.
Posso però accennare a una prigione di Parigi, la
Bastiglia. Fu una fortezza costruita
nella seconda metà del ‘300 per rafforzare le mura orientali della città, era
altissima,(come un palazzo di 7 piani ai nostri giorni), aveva pianta rettangolare
, otto torri, ed era circondata da un
fossato alimentato dalla Senna. Divenne prigione di stato nel XVII secolo e vi
furono rinchiusi celebri personaggi come Voltaire nel 1717, il Marchese de
Sade, Cagliostro, e altri. Va detto che la prigionia degli aristocratici era
condotta in ambienti e con stili di vita (servitù, alimentazione, spazi) molto
ospitali di quelli destinati ai detenuti qualsiasi. Va detto, pure, che essendo divenuto
inutilmente costosissimo il mantenimento della grande struttura che aveva
perduto quasi ogni utilità, la stessa monarchia francese ne aveva già deciso la
demolizione nel 1784, e ne era già stata ordinata la demolizione nel ’89,
quando pochi giorni dopo fu assaltata il
14 luglio per rubarne le armi e liberarne i prigionieri. Di prigionieri in
realtà ce n'erano soltanto sette: cinque erano semplici ladri e gli altri due
erano stati rinchiusi per volontà delle rispettive famiglie. L'edificio fu poi
saccheggiato e raso al suolo, lentamente e sistematicamente.
Durante la rivoluzione si applicò alla grande la
pena di morte, che fu data solo con un
nuovo strumento che divenne famoso e usato poi in quasi tutti gli stati europei
dell’epoca, la “ ghigliottina”.La ghigliottina è uno strumento con il quale si
taglia la testa del condannato provocandone la morte, non è altro che una forma
di decapitazione o decollazione.
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Ghigliottina
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La decapitazione come metodo di esecuzione
capitale, non era una novità, anzi è stato un metodo antichissimo. Era usata, secondo gli storici, già dagli
Egiziani e poi dai Romani, nell’ impero romano era la pena di morte riservata a
chi era civis romanus, cioè a chi aveva la cittadinanza, poiché ritenuta rapida
e non infamante. Era ampiamente usata anche nel medioevo e dopo almeno fino
alla rivoluzione francese ed era eseguita dal boia con la spada, detta spada da
esecuzione, in alcuni paesi, come in Inghilterra, per esempio, era usata una
Scure. In Francia, dal 1792 fu utilizzata invece la ghigliottina( usata
peraltro fino al 1980). La ghigliottina ha preso il nome dal dottor
Joseph Guillotin, ma non fu inventata da lui, poiché macchinari simili
se ne erano già visti fin da epoche anteriori in alcuni paesi europei ( LA
MANNAIA). Guillotin, insieme ad altri
rivoluzionari presentò all'Assemblea Nazionale, nel 1789, un progetto di legge in sei articoli con il
quale si stabiliva che, in base ai principi rivoluzionari, le pene dovevano
essere uguali per tutti, senza distinzione di rango o di classe del condannato;
nel caso di applicazione della pena di morte, il supplizio avrebbe dovuto
essere il medesimo, indipendentemente dal crimine commesso, e che il condannato
sarebbe stato decapitato per mezzo di un semplice meccanismo. La proposta non
fu approvata subito, ma anzi subì grossi rallentamenti e ostacoli. In mezzo a
molte discussioni, perfino sul modello di macchina e su chi dovesse costruirla,
si arrivò al 1792, quando finalmente la proposta fu approvata.
Sappiamo
tutti come era fatta, l’abbiamo vista in tanti film: ' apparecchio era formato
da una base sulla quale erano fissati due montanti verticali di circa 4 metri
di lunghezza, tra i quali scorreva una lama di acciaio di forma trapezoidale.
Alla lama era collegata una corda passante per una puleggia, che ne consentiva
il sollevamento; sul montante sinistro era presente un meccanismo di blocco
azionabile con una leva, al fine di consentire il rilascio della lama e la sua
caduta libera per gravità. Tra i due
montanti era fissato una specie di collare che serviva ad immobilizzare il
collo del condannato. il meccanismo di
rilascio della lama era immediatamente azionato e la lama cadeva tagliando il
collo. La testa del condannato cadeva in un catino di zinco, mentre il corpo
veniva fatto scivolare in una cassa zincata posta alla base della
macchina. Questo sistema permise alla
Rivoluzione di massacrare migliaia di persone, il cosiddetto terrore fino a
quando lo stesso Robespierre fu ghigliottinato e si terminò. M a la
ghigliottina è stata ancora usata in Francia: l’ultimo condannato a morte a
essere giustiziato con il sistema della ghigliottina in Francia è stato il 10
settembre del 1977. Il decapitato era un
tunisino condannato per l’omicidio e della tortura dell’ex fidanzata Elisabeth
Bousquet. La pena
capitale è stata abolita in Francia solo nel 1981, quando il presidente
Francois Mitterrand firmò un decreto con il quale le esecuzioni capitali
vennero mutate in carcere a vita.
Di Napoleone Bonaparte tutti abbiamo sentito e
conosciamo almeno genericamente la vita e le guerre, le conquiste e anche la
fine, ma pochi sanno che egli riformò anche i codici e le pene e influenzò
tutti gli Stati dell’800, compresi quelli Italiani che generalmente
conservarono, tranne pochi mutamenti tutti i codici napoleonici.
ECONOMIA
E’ l’epoca della rivoluzione industriale, cioè quel processo di evoluzione economica o
industrializzazione, che passa da un sistema agricolo, artigianale e
commerciale a ad un sistema industriale moderno, caratterizzato dall'uso
generalizzato di macchine e da innovazione tecnologica. Si va in fabbrica,
appaiono gli operai e le relative problematiche, il salario, il capitalismo
ecc. Secondo alcuni storici il processo di industrializzazione era già in
corso in Inghilterra già intorno al 1760 e poi si è estesa ad altri Stati, la
rivoluzione industriale portò anche allo stravolgimento delle strutture sociali
dell'epoca, alla trasformazione radicale delle abitudini di vita, dei rapporti
fra le classi sociali, e anche dell'aspetto delle città, soprattutto le più
grandi. Fu infatti prevalentemente nei centri urbani, specie se industriali,
che si avvertirono maggiormente i mutamenti sociali, con la repentina crescita
di grandi sobborghi a ridosso delle città, nei quali si ammassava il
sottoproletariato che dalle campagne cercava lavoro nelle fabbriche cittadine.
Si trattava per lo più di quartieri malsani e malfamati, in cui le condizioni
di vita per decenni rimasero spesso al limite della vivibilità. E tutto questo
portò anche come conseguenza un cambiamento della criminalità e un relativo aumento
di casi delinquenziali di ogni tipo. In
campo politico-filosofico è indubbio che siano state le condizioni umane e
sociali delle masse operaie dell'epoca ad aver stimolato le opere di MARX e
ENGELS, che, come sappiamo, avranno una fondamentale importanza nel panorama sociale
e politico mondiale.
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E’ di quell’epoca
un libro famoso, “Le mie prigioni” è il titolo di un libro di memorie
scritto da Silvio Pellico.
Si articola in un arco di tempo che va dal 13 ottobre
1820, data in cui l'autore venne arrestato a Milano per la sua adesione ai moti
carbonari, al 17 settembre 1830, giorno del suo ritorno a casa. In esso,
Pellico descrive la sua esperienza di detenzione - prima ai Piombi di Venezia e
poi nel carcere dello Spielberg di Brno - accomunata a quella dell'amico Piero
Maroncelli, dopo che la condanna a morte fu commutata in detenzione al carcere
duro. Pellico ne iniziò la stesura nel
1831, incoraggiato dal suo confessore, e la concluse nel 1832.Il libro
riuscì a superare i problemi derivanti dalla censura e ad essere pubblicato
dall'editore Bocca nel mese di novembre del 1832. L'opera godette di una grande
popolarità anche al di fuori della penisola italiana, anche se i democratici e
i progressisti sabaudi accusarono l'autore del libro di eccessivo perdonismo
verso gli Austriaci e clericalismo. Tale libro descrive in maniera abbastanza
realistica, ma con eccessivo perdonismo, l'asprezza del carcere austriaco di
Spielberg( oggi si trova nella Repubblica Ceca) e del regime asburgico, e di
cui il primo ministro austriaco Metternich ammise che danneggiò l'immagine
dell'Austria più di una guerra perduta, contribuì a volgere verso i primi moti
risorgimentali molte simpatie dei salotti e degli intellettuali europei.