C’era una volta una fanciulla
di nobile e ricca famiglia che fu chiamata Trota, che
indicava il comune pesce di fiume, ma che simbolicamente era di buon auspicio e
significava “fortuna” per chi forse lo portava o lo sognava. Nacque intorno al 1030/1040 a Salerno, la
famiglia si chiamava Ruggiero o de Ruggiero, era annoverata tra le famiglie
aristocratiche della città.
Salerno era, in quell’epoca, capitale di un
principato longobardo dal 774, da quando cioè il duca di Benevento Arechi II, considerata la
vastità del suo Stato che comprendeva i territori
del Sannio, di Capua, del Cilento, della Calabria settentrionale e della Puglia fino a Taranto, vi trasferì la Corte. Il periodo era complicato e instabile, conflitti e lotte
per il potere, epidemie e
carestie, Stati che si formavano e poi cadevano. Nell’800 a Roma era stato
creato il Sacro Romano Impero con Carlo magno, a Oriente continuava il
millenario Impero romano di Costantinopoli, le coste italiche subivano continue
incursioni dei Saraceni. A Napoli sopravviveva il
piccolo Ducato, mentre Salerno dall’839, si era resa autonoma da Benevento.
Nell’anno di nascita di Trota
era “princeps” di Salerno Guaimaio IV al quale, nel 1052, successe il
figlio, Gisulfo II. Era il tempo dei Normanni
che, arrivati come mercenari, si stavano prendendo tutto il sud. Nel 1077
Salerno fu conquistata da Roberto d’ Altavilla, detto il guiscardo, l’astuto, che
tolse di mezzo il principe Gisulfo, ne sposò la sorella Sichelgaita, e fece della città la capitale del suo Ducato di
Puglia e Calabria.
Nella
città, in quel periodo, era attiva una
famosa Scuola medica (vedi miniatura allegata), che aveva due particolarità: era, prima di
tutto, un miscuglio di culture diverse, “magistri” greci, ebrei, arabi e
latini esercitavano la medicina e la insegnavano; in secondo luogo, fatto
davvero eccezionale per l’epoca, era aperta alle donne che avessero voluto
frequentarla.
E Trotula, la piccola Trota? Aveva fratelli, sorelle? Può darsi, ma non se
ne sa niente.
Studiò e seppe leggere
e scrivere, ma non sfuggì al destino di sposa giovanissima di un uomo scelto
dal padre, come era l’usanza: si trattava di Giovanni Plateario, noto medico salernitano, “magister” della Scuola medica.
Probabilmente fu questo matrimonio che le aprì le porte della medicina e la
fece diventare famosa. I suoi maestri furono lo stesso marito e perfino
l'arcivescovo della città, Alfano. Alfano di Salerno, vissuto tra il 1015/1020 e il 1080, non fu solo monaco, abate e arcivescovo, ma fu
anche scrittore e un importante
esponente della Scuola medica salernitana.
Con questi maestri, Trotula, diventata nel frattempo, madre di
due figli Giovanni e Matteo che seguiranno le orme del padre e della madre, si
dedicò alla
medicina e fu il primo professore di medicina di sesso femminile.
Gli studi e l’attività di Trotula si si concentrarono sulla ginecologia, l’ostetricia e
la puericultura e anche
sulla cosmesi.
Non c’erano specialisti in certe materie, le donne non avevano il coraggio di
confessare i propri problemi intimi a medici uomini, le donne che partorivano
erano tutte molto giovani e spesso morivano dopo il parto, la mortalità
infantile era al 40/45% delle nascite.
Le cause
principali erano la cattiva o precaria alimentazione e lo scarso igiene. Nella sua epoca non era sola, sua “collega” e contemporanea fu Sichelgaita,
la principessa longobarda sorella di Gisulfo II, l’ultimo principe di Salerno
e, come avevo accennato, moglie di Roberto il guiscardo, il conquistatore della
città. Alla
morte del marito si dedicò alla medicina.
A
Trotula sono stati attribuiti vari scritti di carattere medico sulle donne, ma
secondo F. Bertini in “Medio Evo al
femminile”, queste opere “ pur
contenendo elementi ascrivibili, in tutto o in parte, al suo insegnamento, in
realtà non furono materialmente scritte da lei”.
In essi
si parla delle malattie delle donne prima,
durante e dopo il parto e sulle cure da farsi. In uno di questi si raccontano le pratiche di alcuni medici salernitani del XII secolo, tra
i quali viene citata anche Trota, definita come “magistra” (insegnante) “et
sanatrix” (guaritrice). Le viene attribuito anche “De ornatu
mulierum”, un trattato di cosmesi che insegnava alle donne come conservare,
migliorare ed accrescere la propria bellezza e come curare le malattie della
pelle.
Trotula o
Trota morì a Salerno nel 1097. Fu vera questa storia o soltanto
una favola? Leggenda o realtà? Cosi
venne raccontata, forse esagerando, da un anonimo autore francese del XIII
secolo: “visse
a lungo (vivere a lungo a quei tempi significava verso i 50/60
anni, infatti si dice
che morì nel 1097), fu
assai bella in gioventù, e dalla quale i medici ignoranti traggono grande
autorità ed utili insegnamenti, ci svela una parte della natura delle donne.
Una parte può svelarla come la provava in sé; l’altra perché, essendo donna,
tutte le donne rivelavano più volentieri a lei che non a un uomo, ogni loro
segreto pensiero e le aprivano la loro natura”.
Una descrizione che secondo
alcuni sembra fatta proprio per creare una leggenda. In epoca tardomedievale si pensò invece che
Trotula era solo una invenzione, compreso un nome così particolare, e che i
testi a lei attribuiti dovevano essere in realtà opera di un uomo. Opinione,
secondo me, poco credibile, basata su una diffusa misoginia dell’epoca.
Secondo altri una donna di nome
Trota sicuramente visse a Salerno e fu medico in quella importante Scuola,
brava e capace di curare donne e anche e uomini senza essere considerata una
strega. Il ricordo di questa donna fece, poi, nascere un racconto leggendario.