martedì 26 novembre 2013

Progetto: storia delle prigioni e delle pene, Università terza età








Estratto e riassunto del 3° incontro università della terza età di Trieste

 Prima di iniziare sarà bene ribadire un concetto fondamentale: il sistema giudiziario, penale e penitenziario è strettamente collegato al periodo storico – intendendo per tale l’ambiente politico, sociale, economico, culturale.. – in cui nasce, si sviluppa e vive. Ed è bene tener sempre presente quella frase che avevo citato al primo incontro: “ la civiltà di un paese si giudica dalle sue carceri”( Voltaire).
Gli ascoltatori, tra l’altro, sono stati presi dalla smania di far domande sull’attualità di certe sanzioni e sul valore e le funzioni di certe pene; non potendo non dare risposte, non c’è stato più tempo per proseguire nell’argomento prefissato, anche se anche l’attualità e le esperienze personali sono previste nel progetto, ma nell’ultima parte.
  Ciò premesso, Il periodo che esaminiamo oggi è pieno di eventi che modificheranno la storia dell’umanità e dell’Europa: l’impero romano occidentale si è frantumato in tanti piccoli regni barbarici, nel  476 d. c., che è solo una data convenzionale, il barbaro Odoacre depone l’ultimo imperatore Romolo Augustolo, il piccolo augusto, e lo manda a trascorrere il resto dei suoi giorni a Napoli, restituendo le insegne imperiali a Zenone imperatore d’oriente a Costantinopoli, che invece resisterà per altri 1000 anni.
Il cristianesimo, proclamato religione ufficiale nel 380 d.  c. dall’imperatore Teodosio, aveva prodotto mutamenti di mentalità, di costumi e valori anche se per quel che ci riguarda il nostro tema.

Teodosio
La chiesa e la religione cristiana si stavano organizzando, iniziava  l’intolleranza religiosa di cui già si era avuta avviata ai tempi di Teodosio che aveva riconosciuto il cristianesimo come la religione ufficiale dell’impero, i cristiani si trasformarono da perseguitati a persecutori.
Ma con la formazione delle prima Chiesa  stava cambiando anche il concetto di pena, grazie alle prime formazioni di diritto canonico, che non doveva essere per forza quella capitale, ma si iniziava a pensare alla penitenza dei peccati, alla sofferenza corporale e forse al perdono.
, Il principio del carcere come luogo di espiazione della pena  secondo alcuni risalirebbe alla Chiesa delle origini e al diritto canonico, che, pur prevedendo il ricorso all'afflizione del corpo per i peccatori e autori di reati,   non ammetteva le cosiddette pene di sangue.
Costantino
A Roma la chiesa era rimasta l’unica istituzione sopravvissuta al crollo delle altre e il vescovo della città si stava trasformando nel Papa con potere temporale e politico, basandosi sulla cosiddetta donazione di Costantino. La donazione di Costantino non era altro che un documento, tirato fuori da l vescovo di Roma, datato nell’anno 315,  nel quale  l’imperatore Costantino aveva attribuito al vescovo di Roma, il papa, Silvestro I° e ai suoi successori, il primato su tutte le chiese patriarcali (oltre Roma, anche Costantinopoli, Alessandria, Antiochia e Gerusalemme), la sovranità  su tutti i sacerdoti del mondo e anche la superiorità del potere papale su quello imperiale. C’erano inoltre molte concessioni, come gli onori, le insegne e il diadema imperiale ai papi e soprattutto la sovranità temporale su Roma, l' Italia e l'intero Impero romano d’occidente; venivano inoltre donate diverse proprietà immobiliari in città e in altre zone del mondo e anche la donazione a Silvestro in persona del palazzo del Laterano.
E altre chiese quelle orientali non vollero riconoscere il vescovo di Roma come capo della cristianità, da qui vari concili e incontri e scissioni, alla fine era solo una questione non religiosa e interpretativa delle scritture e dei vangeli, ma di potere e di soldi.
La donazione di Costantino però era una invenzione, quel  documento era falso, come fu dimostrato poi nel  1440 da  Lorenzo Valla studioso e letterato, filologo. Egli dimostrò in modo inequivocabile come la donazione fosse un falso, mettendo in evidenza anacronismi e contraddizioni di contenuto e di forma
Ma era tardi, il guaio era fatto , la chiesa e i papi ormai erano una Stato potenza temprale e ancora oggi lo Stato vaticano deriva da quelle basi .

Il caos, le distruzioni operate dalle invasioni barbariche in Italia, in Gallia e Spagna, in Africa e in Britannia avevano provocato periodi di incertezza oltre che di violenze, bande armate giravano per boschi e città abbandonate, strade e palazzi distrutte e sommerse da rifiuti e sterpaglie, campagne non più coltivate ma coperte da boscaglie, città intere crollate, costituzione di nuovi stati basati su violenza, guerra e rapina: difficilmente queste società in formazione potevano pensare a tribunali, a magistrature, a polizia e a repressioni di criminalità e brigantaggio, spesso confusi con truppe  barbare, composte da ex soldati e  sfollati. In Britannia, la futura Inghilterra, la totale mancanza di magistrati romani e di diritto romano fece sorgere man mano un altro ordinamento, dal quale deriva quello ancora oggi vigente, con le giurie popolari.  Mentre in alcuni paesi resistevano e continuavano ad esistere funzionari e magistrati ti tipo romano,  Il sistema penale barbarico introdusse la “faida”, che autorizzava direttamente la vittima a rivalersi in qualsiasi misura sull'aggressore.  La giustizia divenne privata con la faida e l’ordalìa…….. e la morte era l’unica pena possibile, variando, come al solito solo il modo di infliggerla, dall’impiccagione alla decapitazione, e dalla tortura alla gogna.
 La faida era la possibilità per un privato di ottenere soddisfazione per la lesione di un proprio diritto ricorrendo all’uso della forza  Secondo il diritto dei popoli germanici,  la tutela del diritto spettava in primo luogo al singolo, alla sua famiglia e al suo clan, e, in caso di necessità, all'intero popolo o ai suoi capi. Il danneggiato aveva il diritto di vendicarsi, e di dare inizio di propria mano ad una faida, così da costringere chi gli aveva procurato danno a espiare la propria colpa.
Notiamo che anche se la  morte e la vendetta privata, come la faida,continuano ad essere le modalità di esecuzione di un qualsiasi delitto, dall’omicidio al rapimento al semplice danno economico, cominciano però a farsi strada alcune possibilità alternative alla morte. Addirittura nel 643, ci fu anche chi provò a intervenire a favore del più debole e del danneggiato, con l'Editto di Rotari , re longobardo che stabili il “guidrigildo” al posto della faida. Il guidrigildo consisteva nel pagamento di una determinata somma di denaro chiamata guidrigildo), ed in questo modo si ripristinava la pace tra le parti. Era comunque una possibilità alternativa alla faida,  qualora il danneggiato non volesse o non potesse avvalersi del suo diritto di faida. Chi aveva provocato il danno veniva portato di fronte ad un tribunale e costretto a dare soddisfazione economica al danneggiato.
L'ordalia o  ordàlia  significava "giudizio di Dio": è un'antica pratica giuridica, che risalirebbe a millenni prima di Cristo. 
Secondo questa pratica, l'innocenza o la colpevolezza dell'accusato venivano determinate sottoponendolo ad una prova dolorosa o a un duello. La determinazione dell'innocenza derivava dal completamento della prova senza subire danni (o dalla rapida guarigione delle lesioni riportate) oppure dalla vittoria nel duello. L'ordalia, , era un “iudicium Dei”: una procedura basata sulla premessa che Dio avrebbe aiutato l'innocente in caso ci fosse davvero.

 
 

Nel campo giuridico bisogna ricordare assolutamente la raccolta di leggi più importante dell’epoca, Giustiniano e il  corpus iuris,  e il Digesto, il Codice e le Istitutiones
 Giustiniano, fu  imperatore d’Oriente, dal 527 al 565, alla sua morte, riconquistò parte dei territori dell’impero sia in Africa che in Italia, compresa Roma e anche qui Venezia e Trieste, dove pose un contingente di truppe per la sicurezza contro invasioni da est.  Egli promosse la compilazione e la raccolta di tutte le leggi e le norme vigenti: il Corpus iuris civilis, è una compilazione omogenea della legge romana che è tutt'oggi alla base del nostro diritto civile, e che ancora si studia nelle Università, in particolare si divide in: Digesto,  è  una raccolta in 50 libri, di frammenti di opere di giuristi romani, poi ci sono le Institutiones e il Codice, e novelle constitutiones.
In Africa si verificava un altro fatto importante , i cui effetti si fanno sentire ancora oggi:  un’altra religione monoteista nasceva tra le popolazioni arabe. Il promotore di questa nuova religione si chiamava Maometto, nato nel 571 alla Mecca da una famiglia di modeste condizioni e,dopo aver svolto l’attività di cammelliere e conduttore di carovane, sposò infatti una ricca vedova, che gli procurò molti soldi. Si dedicò alla meditazione e verso il 610 iniziò la predicazione circa l’esistenza di un unico Dio creatore dell’universo e al cui cospetto tutti gli uomini, al momento della loro morte, verranno giudicati in base alle loro opere terrestri ricevendo la vita eterna oppure la dannazione. Nasceva quindi l’Islam, la seconda importante religione monoteista,  che alla morte di Maometto nel 632 portò alla unificazione politica degli Arabi, e poi alla  conquista della Siria, dell’Egitto, della Persia e della Palestina, mentre le loro navi compivano incursioni contro i territori dei Bizantini nell’Egeo che portarono al saccheggio di Creta, Rodi e Cipro. Le  loro conquiste in Oriente arrivarono fino al fiume Indo e ad Occidente fino alla Spagna,attraverso , Gibilterra, che è un nome arabo, e in Sicilia, nell’827.

In Europa il fatto più importante per l’ epoca, la nascita del Sacro Romano impero, con Carlo Magno, e che durerà per 1000 anni, fino al 1800, quando sarà abolito da Napoleone
Carlo, non ancora magno – Grande -, figlio di Pipino nasce secondo gli storici tra il 748 e il 749.  Egli, alla morte del padre e del fratello,  ereditava tutto il regno composto dalla Francia fino al Reno.
Sarebbe troppo lunga la storia di Carlo Magno nei particolari , e quindi sommariamente, si può dire che egli affronto una serie di campagne militari prima all’interno del regno poi all‘esterno, stringendo un patto strettissimo con il Papato. In base questo patto e all’autorità conferitagli dal papa   egli massacrò tutte le popolazioni ancora pagane che si trovavano  al di là del Reno, Avari, Slavi e Sassoni e poi a gli arabi in Spagna.
Per quel che riguarda l’Italia egli venne su richiesta del papa Adriano I per liberarlo dai Longobardi. la cosa si ripeterà spesso:scriveva Montanelli che saranno i papi a ostacolare l’unificazione dell’Italia perché ogni volta chiameranno altri stranieri contro quelli che ci provavano.
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Cividale del Friuli
I longobardi erano arrivati in Italia un paio di secoli prima, ed erano passati proprio da qui, che era la strada per tutte le invasioni dall’est. Nel 568, superato il monte Nanos ( Paolo Diacono, storico di Cividale, Historia longobardorum, parla di Monte del re),  “ il re ( dei Longobardi) Alboino con tutto il suo esercito e con una moltitudine di popolo, uomini e donne”, attraversarono il passo della Selva di Piro, in sloveno Hrusice, tra le valli del Vipacco, percorsero la via Gemina che raggiungeva Lubiana,   penetrarono in Friuli, senza incontrare resistenza e giunsero a Forum Julii ( Cividale), dove, accolti bene anche dalla popolazione, si fermarono per vari mesi”.  Il primo ducato dei Longobardi fu quello di Forum Julii, con capitale proprio la civitas, da cui il nome Cividale, e fu affidato a Gisulfo, nipote del re Alboino: egli completò l’occupazione della regione annettendo al ducato Aquileia, Concordia e Zuglio, mentre non gli riuscì di prendere le zone costiere e lagunari, che restarono invece in mani bizantine.
Secondo molti storici, quest’ultima invasione portò non solo a modificare in maniera  sostanziale il profilo culturale dell’attuale Friuli-Venezia Giulia, ma, in generale, modificò la storia d’Italia: l’arrivo dei guerrieri dalle lunghe barbe, i Longobardi “ ..al di qua delle Alpi determinerà fino al XIX secolo le sorti d’Italia: finì da allora l’unità di quel paese che aveva unificato il mondo”(  H. Pirenne, Storia d’Europa, dalle invasioni al XVI sec. Ed. Biblioteca Sansoni).
Nelle nostre zone, Aquileia era diventata sede dell’autorità vescovile per tutta l’area friulana e istriana.
Ma la città si trovava proprio all’ incrocio delle vie che dalle Alpi e dalle pianure orientali arrivavano in Italia. Oltre il confine del Danubio, nell’attuale Ungheria e Austria, nei Balcani, popolazioni nomadi, definite “barbare”, si affollavano ai confini dell’impero e volevano oltrepassarli, con le buone o con le cattive.
Perciò tra il IV e il V secolo  d. c. le antiche vie consolari, e in particolare la valle del Vipacco, divennero teatro di eserciti, guerrieri e intere popolazioni in movimento che nessuno riusciva più a fermare, se si eccettua Stilicone che “ sconfisse i barbari in due grandi battaglie a Pallanza e a Verona e li respinse nel Friuli” ( H.Pirenne, storia d’Europa, dalle invasioni al XVI sec.).
Fu un periodo di grande confusione e di grandi invasioni:  Goti, Avari, gli Unni guidati da Attila, Slavi, Ungari arrivavano dai valichi alpini e carsici: il sistema di fortificazioni romano che controllava tutte le strade che  giungevano dall’Illirico in Italia, era ormai abbandonato.
Aquileia, saccheggiata prima da Visigoti e poi da Attile e ui suoi Unni, cessò di essere un centro politico e militare, la regione divenne una terra di rovine e desolazione.
Gli abitanti che  riuscirono a fuggire, si rifugiarono oltre il mare, nelle lagune da cui poi nacquero Grado e Venezia.
Negli anni 535/553,  le guerre gotiche/ bizantine promosse dall’imperatore d’oriente  Giustiniano,  consentirono  l’effimera riconquista di parte dell’Italia, da sud a nord, Ravenna, Venezia, a Trieste, dove fu installato uno speciale presidio militare per  difendere il territorio da altre eventuali invasioni.
Verso il 600 furono i popoli slavi che si mossero, occupando i territori dell'Europa centrale lasciati liberi da Goti, Germani e altri popoli: attraverso la Polonia essi giunsero fino alla Pomerania scendendo a sud fino all’Istria e al mare.
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Dopo essersi liberato dei Longobardi con l’aiuto di Carlo, papa Leone III,nella messa di Natale dell’anno 800 a Roma,  lo incoronò  imperatore romano aggiungendo l’aggettivo di Sacro
Carlo aveva unificato quasi tutto quello che restava del mondo civilizzato accanto ai grandi imperi arabo e bizantino ed ai possedimenti della Chiesa, con l'esclusione delle isole britanniche e di pochi altri territori.
Dopo essersi garantito la sicurezza dei confini, Carlo procedette alla riorganizzazione dell'Impero e alla amministrazione dei vari settori e riformò la giustizia con nuove leggi.
 La riforma della Giustizia si attuò tramite il superamento del principio di personalità del diritto, vale a dire che ogni uomo aveva diritto di essere giudicato secondo l'usanza del suo popolo, con la promulgazione dei CAPITOLARI, che servivano ad integrare le leggi esistenti e che spesso sostituirono pezzi completamente mancanti dei vecchi codici. Queste norme avevano valore di legge per tutto l'impero ed il Re volle farle sottoscrivere da tutti i liberi durante il giuramento collettivo dell'806. Cercando di correggere i costumi ed elevando la preparazione professionale degli operatori nella giustizia. Si decise la diversa composizione delle GIURIE  (che da ora in poi dovevano essere costituite da professionisti e non giudici popolari), mentre in Inghilterra resteranno le giurie popolari. e che al dibattimento non partecipassero altre persone se non il Conte coadiuvato dagli avvocati, notai,  e quegli imputati che erano direttamente interessati alla causa.  Le procedure giudiziarie vennero standardizzate, modificate e semplificate.
Alla morte di Carlo viene fuori il caos, i 3 figli si combattono tra loro e si dividono l’impero in vari regni.

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 si segnala in quegli anni anche la distinzione tra Le lingue  tedesche e francese delle origini. Tutto avviene i14 febbraio dell'anno 842: Carlo II il calvo e Ludovico II il germanico si trovano a Strasburgo,  già allora confine tra Francia e Germania, per giurarsi fedeltà reciproca, e per affermare che nessuno di loro avrebbe stretto patti di alleanza con l’altro fratello, Lotario I imperatore. Essi giurano nelle lingue effettivamente usate dai loro popoli, Carlo, di lingua proto-francese, giurò in antico alto tedesco – la teotisca lingua -, per farsi meglio comprendere dalle truppe di Ludovico; quest'ultimo, di lingua germanica, giurò nella lingua romanza – la romana lingua - del fratello. I rappresentanti dei due eserciti, poi, giurarono ognuno nella propria lingua. Il documento fu perciò compilato non solo in Latino, come era d’uso, ma anche nelle tre lingue. Il documento rappresenta l’atto di nascita del francese e del tedesco.

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Castello
Economia

La caduta di Roma e di tutte le istituzioni romane ha portato come conseguenza anche l’abbandono di terre di agricoltura e  allevamenti, ai prati coltivati si sostituiscono boschi e foreste, le strade romane non vengono più curate non c’è pià manutenzione e spariscono sotto erbacce e foreste, economia chiusa  e ridotta al castello. Prima dell’anno mille si viveva con la paura della fine del mondo e del giudizio universale, tutti vivevano raccomandandosi l’anima a Dio, la religione permeava ogni atto di vita quotidiana, dal castellano all’ultimo contadino, si mangiava molta gente. I mercati rari si tenevano nei castelli e villaggi carne e cacciagione, farro e orzo erano le minestre solite della povera. I feudatari, proprietari dei terreni facevano lavorare la terra dai servi della gleba, i quali erano sottoposti a forti limitazioni della libertà personale. Nello stesso feudo c'erano gli artigiani, il cui lavoro era quello di attrezzi agricoli e manufatti. Non vi erano, quindi, rapporti con l'esterno il feudo era autonomo ed autosufficiente   Dopo il 1000, che era l’anno fatidico che tutti attendevano con a paura del giudizio universale,  secolo le cose cambiarono grazie all'evoluzione della struttura feudale e del commercio. Il feudatario si trasformò in un semplice proprietario terriero; i servi della gleba divennero contadini e si diffuse l'artigianato.  Si sviluppa, dopo il 1000, un sistema economico feudale basato essenzialmente sulla agricoltura, con commercio di prodotti agricoli e artigianali.   Si sviluppò pertanto il commercio di prodotti agricoli e artigianali, quindi vi fu un passaggio da economia di consumo ad economia di scambio.  La vita comincia lentamente a riprendersi dopo il mille e si riavviano contatti commerciali e le città anche ricominciano a vivere, ben presto si formeranno classi borghesi e agiate.

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La caduta di uno Stato forte, come sempre provoca caos e distruzioni
 Sorgeva il sistema feudale, tempo di castelli e fortilizi, un sistema aggressivo e violento, da signori della guerra senza regole,  piccoli e grandi feudatari indipendenti che comandavano su una massa di disperati, in attesa che si formino degli stati forti e organizzati, le regole erano a discrezione e cosi le pene rimasero sempre quelle capitali o comunque fisiche dolorose;  e non è ancora il tempo di pensare alle prigioni, che ore si chiamano le “segrete” dei castelli.
A proposito di castelli e di segrete, accenniamo a un antico castello in Regione e che oggi è un carcere.
Il castello di Pordenone, o meglio la Rocca,- dicono gli storici locali- “ è quell'ibrido ed informe fabbricato che vedesi oggi, ridotto ad uso carceri, affatto spoglio di quel carattere di fortilizio medioevale che tenne per parecchi secoli la supremazia non solo sulla vecchia città, chiusa fra le cerchia delle sue mura, dette castellane, ma eziandio sul territorio delle sette ville, conosciuto col titolo generico di Castello di Pordenone, perchè la Rocca, sotto il suo nome, tutto lo comprendeva".
Nei castelli medievali il termine indicato per le prigioni era le “segrete” e immagino che ci siano state anche a Pordenone.  "Costruito su di un'altura ad oriente del primitivo insediamento abitativo, forse sul luogo della più antica "torre con muta" la rocca di Pordenone ha sempre costituito un fatto estraneo alla città.  Fu edificato dopo il 1270 da un certo Ulrico Filippo di Carinzia, a completamento del sistema difensivo (che si affaccia oggi sulla vicina piazza Motta), contro i possibili attacchi provenienti dal Patriarcato di Aquileia, che aveva distrutto il fiorente porto fluviale della città e i magazzini annessi; posto nella parte est del centro storico, il castello si ergeva, all’epoca, su una collina sopraelevata sulla sottostante bassura, percorsa da rogge e dal fiume, ed era quasi inespugnabile.
Castello di Pordenone,esterno
Il castello ospitò per secoli il "capitano cesareo" asburgico;  luogo-forte isolato dalla città medievale e da questa separato da un fossato e dal soprastante ponte levatoio, anche dopo essere ricompreso all'interno dell'area urbana dalla terza cerchia di mura e dalla conseguente urbanizzazione dell'area di Prà di Castello.
In seguito, con la Repubblica di Venezia, il castello fu sede dei Provveditori-Capitani veneziani. Fu cenacolo di letterati nel primo Rinascimento; decadde nel 1600-1700;  in seguito abbandonato agli usi più strani. Nel periodo della dominazione austriaca fu drasticamente ristrutturato e trasformato in carcere. Destinazione che conserva ancora oggi. Neanche il terremoto del ’76, che in Friuli ha prodotto grossi danni nè morti, neanche quel terremoto ha toccato il castello. Solo qualche piccola lesione ma niente di  straordinario, neanche fosse stato costruito con materiale antisismico. Oggi è sempre la, contiene forse una settanta/ ottanta persone, e dopo che se ne parlava da circa 30anni, sembra si sia trovato uno spazio –   la solita caserma abbandonata nella zona di S.Giovanni a Natisone, per costruirne uno nuovo, solo che ora è intervenuta la crisi economica con pesanti tagli anche in quel settore..
La prima crociata contro i mussulmani e per la conquista di Gerusalemme, è del 1099 e  ce ne saranno altre 4 o 5: una massa di disperati, di avventurieri ma anche di regnanti si precipiteranno in Palestina alla conquista di posti al sole, di potere e ricchezze, e forse anche di penitenze.
In Italia meridionale intanto arrivavano i Normanni che con Ruggero II costituiranno un  territorio unico dal basso Lazio fino alla Sicilia, un regno che durerà fino all’unità d’Italia, tra alterne vicende e conquiste.
Circa nello stesso periodo, in Inghilterra, veniva concessa, o meglio imposta dai baroni, nel 1215, dal re Giovanni senza terra, fratello di Riccardo cuor di leone,   la magna Charta libertatum
Giovanni Senzaterra,( ne troviamo traccia nel romanzo di Robin Hood), che regnava in luogo del fratello Riccardo, prigioniero del duca d’Austria e in attesa di riscatto, aveva dovuto subire la ribellione dei baroni del regno.  Arrivati a un accordo, durante l'incontro con i ribelli, si vide costretto, in cambio della rinnovata obbedienza, a una serie di concessioni che costituiscono il contenuto principale della Magna Charta.
Magna Charta
La Magna Charta Libertatum è stata interpretata a posteriori come il primo documento fondamentale per il riconoscimento universale dei diritti dei cittadini, ma non è così:il documento conferma i privilegi del clero e dei feudatari, eliminando o diminuendo l'influenza del re. Era d esempio prevista l’impossibilità per il re di imporre nuove TASSE ai suoi vassalli diretti senza il previo consenso del consiglio comune del regno, formato da arcivescovi, abati, conti e i maggiori tra i baroni,  la garanzia, valida per tutti gli uomini di condizione libera, di non poter essere imprigionati senza prima aver sostenuto un regolare processo, da parte di una corte di pari, se la norma era incerta o il tribunale non competente.
Viene stabilita anche la proporzionalità della pena rispetto al reato ;  c’ era anche un accenno al principio dell’ “habea corpus” anche se riservato solo a nobili e a classi elevate,
L ’”habeas corpus” è un diritto fondamentale,che letteralmente vuol dire "che tu abbia il corpo", l'ordine emesso da un giudice di portare un prigioniero al proprio cospetto, per verificarne le condizioni personali dell'individuo ed evitare una detenzione senza accusa.
Era, per l’epoca, una grande conquista,ma torno a dire solo per nobiltà baroni e vescovi, il diritto in base al quale una persona può ricorrere per difendersi dall'arresto illegittimo di se stessa o di un'altra persona. Il diritto di habeas corpus nel corso della storia è stato un importante strumento per la salvaguardia della libertà individuale contro l'azione arbitraria dello Stato.
 La sua importanza può meglio essere compresa se si considera che nel diritto delle origini ogni suddito poteva essere soggetto a una pluralità di giurisdizioni locali e signoriali, le quali tutte potevano disporre fisicamente del soggetto. Con l'emissione del decreto di habeas corpus una corte reale poteva ordinare a qualsiasi altra giurisdizione la consegna del prigioniero garantendolo dall’ arbitrio di un signore .  Il ricorso al giudice della Corona (cioè un emissario diretto del Re), costituì così la prima e più importante garanzia verso gli abusi, potendosi scavalcare così l'Ufficiale che aveva eseguito l'arresto. L'habeas corpus, in sostanza, è il diritto di appellarsi al giudice contro una detenzione ingiustificata. 
L’habeas corpus costituì un esempio per molte legislazioni successive per difendersi da detenzioni ingiustificate, ovviamente nei paesi anglosassoni, e poi in tutte le Costituzioni occidentali, compresa quella italiana, di cui parleremo e nel attuale codice di procedura penale, ed esempio l’appello al tribunale del riesame.
LA GOGNA
Gogna
La gogna era uno strumento punitivo, di contenzione, di controllo, di tortura, utilizzato soprattutto nel Medioevo, costruito come un collare in ferro, fissato ad una colonna per mezzo di una catena, che veniva stretto attorno al collo dei condannati esposti alla berlina. Successivamente la gogna si modificò in tavole di legno provviste di cerniera che formano fori attraverso i quali la testa e/o vari arti sono inseriti; le tavole sono poi bloccate insieme per trattenere il prigioniero.
Le gogne erano allestite nelle piazze di mercato e negli incroci per detenere criminali di poca importanza. Spesso un cartello era appeso al collo del malfattore, o nelle vicinanze, sul quale erano scritti il delitto e la pena. Queste punizioni generalmente finivano passate poche ore o qualche giorno. La gogna più comune restava comunque il  ceppo: la vittima, imprigionata mani e piedi, veniva esposta in piazza alla folla, che ne faceva bersaglio delle proprie tensioni, con lancio di sassi e altro.
domenicano
Adesso bisogna parlare di una istituzione che è stata maestra di carcerazione, torture e condanne a morte. In un periodo di grandi movimenti religiosi innovatori in Italia, la Chiesa assume sempre più potere, impone penitenze e pellegrinaggi e scomuniche il Papa lotta con gli imperatori e re per le investiture. Nnascono due grandi ordini religiosi, Francescani e i Domenicani .
Domenico di Guzmán,  spagnolo ( 1170-1221), fu il fondatore dell'ordine dei frati predicatori,che furono istituiti per combattere le eresie dei Catari, cioè i puri, che avevano guadagnato proseliti per la loro cultura e la loro preparazione teologica e il loro stile di vita di povertà e di rigore. Da questo si arrivò, nel 1233,alla bolla papale di Gregorio IX ,con la quale si affidava ai domenicani lo speciale compito di sradicare l’eresia”.( M. Baigent e R. Leigh. L’inquisizione, persecuzioni, ideologia e potere, ed.M.Tropea)
E’ l’atto di nascita dell’ Inquisizione, che può essere definita come quella l'istituzione ecclesiastica della chiesa cattolica per indagare e punire, mediante un apposito tribunale, i sostenitori di teorie considerate contrarie all'ortodossia cattolica.  L’inquisizione ha a che fare direttamente con l’argomento che trattiamo perché nella sua spietata caccia a eretici, streghe e altro, utilizzò tutti i mezzi leciti e illeciti per le confessioni, il  carcere e le  torture e le pene più inumane.
L’inquisizione  iniziò a operare in Francia con “ l’autorità legale di condannare i “sospetti” di eresia senza nessuna possibilità di appello”.
L’inquisizione operò subito contro i catari nella città di Albi, nel sud della Francia, coadiuvata da asserite truppe cristiane, perlopiù mercenari, compirono una strage degli abitanti della zona, incendiando, violentando e torturando.  Allora iniziò un vero sterminio di massa, i domenicani dell’Inquisizione cavalcavano a fianco dei crociati, e assistevano  a uccisioni, stupri , violenze di ogni genere e torture, ma stavano attenti a non sporcarsi le mani di sangue, era vietato dalla religione cristiana. 
Nel 1252, , il papa Innocenzo IV autorizzò l'uso della Tortura e Giovanni XXII estese i poteri dell'Inquisizione nella lotta contro la stregoneria e soprattutto le donne, poiché le streghe erano donne.
Più tardi, nel  secolo XV  nacque, in Spagna, un’altra inquisizione famosa, quella spagnola. La sua costituzione era stata richiesta dai sovrani Ferdinando detto il Cattolico e la moglie Isabella, quella che poi concederà le famose tre caravelle a Cristoforo Colombo per l’America.
L’inquisizione spagnola fece di tutto anche nelle colonie spagnole del sud America, ma non riusci a entrare nel Regno di Napoli per la fiera opposizione popolare.
L’inquisizione introdusse anche un altro tipo di processo.
Mentre Il processo accusatorio, previsto dal diritto romano,ed è quello che abbiamo oggi, consisteva nel pubblico confronto orale fra accusatore e accusato, al quale assisteva il giudice: l'onere della prova ricadeva sull'accusatore, che se non dimostrava le proprie accuse, era condannato dal giudice alla pena che avrebbe dovuto subire l'accusato in caso di riconosciuta colpevolezza.
Il tribunale dell'Inquisizione adottò invece la procedura del processo inquisitorio,che è quello che avevamo in Italia fino al ’90, nel quale il giudice è anche accusatore: sulla base di una denuncia anche generica, egli è tenuto a raccogliere le prove della colpevolezza dell'imputato, conducendo indagini “segrete” e dirigendo il processo al quale, il pubblico non può assistere né è ammessa la presenza di un avvocato difensore; le testimonianze e le dichiarazioni dell'imputato sono verbalizzate. Per giungere alla condanna è sufficiente la testimonianza concorde di almeno due testimoni o la confessione dell'imputato, il quale viene detenuto in carcere durante lo svolgimento del processo, che non ha una durata predefinita e le cui udienze – i costituti - si svolgono a discrezione dello stesso giudice. In questo caso non è il giudice che deve dimostrare la colpevolezza dell’imputato, ma è l’imputato che deve dimostrare la propria innocenza, il che, sotto tortura,doveva essere  molto difficile.
Se la prova della colpevolezza non viene raggiunta e allo scopo di sciogliere le eventuali contraddizioni presenti nelle sue deposizioni, l'imputato veniva sottoposto a Tortura.
All’inizio l’inquisitore, pur sempre un prete, non poteva praticare la tortura direttamente , ma dal 1252 una bolla papale l’autorizzò a praticarla direttamente, anche se rimase lo scrupolo contro lo spargimento di sangue, per cui venivano evitati attrezzi appuntiti o lame  e venivano usate ruote, schiacciapollici e altri strumenti come tenaglie incandescenti. Meno male, immaginiamo cosa avrebbero fatto gi inquisitori se non ci fosse stato questo scrupolo.
La condanna che seguiva era generalmente la morte sul rogo, se non era morto prima. Se voleva o poteva, l’imputato poteva abiurare.
Se è recidivo, l'imputato è condannato necessariamente a morte: pentendosi, viene prima strangolato o impiccato e il cadavere viene poi bruciato e le ceneri disperse; se è impenitente, viene bruciato vivo.
L'inquisitore
 La pena viene eseguita dall'autorità civile, il cosiddetto braccio secolare. Fu scritto anche, nel 1378, un Manuale dell’Inquisitore, da Nicolau Eymerich, che a suo tempo era stato il grande Inquisitore di Aragona e aveva operato anche in Francia: contiene le regole sulla tortura, sui se,  quando e  come torturare una  persona.
Alcuni esempi di torture servono per illustrare e chiarire dove può arrivare la mente umana.
La corda
La corda era un  mezzo di coercizione, pure legittimato dalla giurisprudenza,  generalmente consistente nella corda: legate le braccia dietro la schiena, l'imputato, nudo, viene sollevato da terra dalla corda che scorre su una carrucola fissata al soffitto. Egli è tenuto in quella condizione per non più di mezz'ora, perché una durata superiore può comportare gravi conseguenze, dalle lesioni agli arti superiori fino al collasso cardiocircolatorio.
Annodamento
Vergine di Norimberga
Questo supplizio era applicato per lo più alle donne, accusate di stregoneria, e agli zingari. I lunghi capelli venivano avvolti intorno ad un palo che veniva ruotato velocemente da uomini robusti: il dolore era atroce e nella maggior parte dei casi veniva estirpato l’intero scalpo lasciando il cranio scoperto.
Vergine di Norimberga
La tortura consisteva nel costringere il condannato ad entrare in un armadio dalle sembianze umane sulle cui ante erano inserite delle lame affilate: quando l’armadio veniva chiuso le lame trapassavano da parte a parte il corpo del presunto colpevole che era costretto ad una lunga agonia prima di morire dissanguato
Impalamento
E’ una delle forme più antiche di tortura. Veniva attuata per mezzo di un palo aguzzo che veniva inserito nel retto della persone e lo si forzava al fine di farlo penetrare per tutto il corpo e farlo uscire dalla bocca o dal cranio. E’ sicuramente uno dei metodi più orribili di tortura.
Nel XV secolo ci sono inoltre due avvenimenti che cambiano la storia e  i costumi: la caduta dell’impero romano d’ Oriente, nel 1453 cade Costantinopoli conquistata dai turchi, che non si fermano lì, ma arrivano in Grecia, nei Balcani, nell’attuale Bosnia e proseguono la marcia; la grande paura del turco e dei musulmani in generale influenzerà molto anche la reazione con la persecuzione dei Mori soprattutto in  Spagna, sia a livello militare con la riconquista, sia con l’Inquisizione spagnola che si scatenerà anche contro gli Ebrei.
L’altro avvenimento importante avviene nel 1492 e modifica la storia dell’umanità: la scoperta dell’America, nuove economie, nuovi alimenti e nuovi popoli che noi, da bravi cristiani, distruggeremo con le malattie, con la religione, con l’inquisizione, e la schiavitù e infine ammazzandoli tutti.
Nel 1517 Martin Lutero emanò  le sue tesi contro le indulgenze papali, scatenando la reazione della chiesa cattolica. Il pontefice gli scrisse, chiedendogli di ritrattare le sue idee. Lutero, come gesto di rifiuto, bruciò pubblicamente la bolla papale.  Lutero fu condannato a morte dall’Inquisizione ma fu salvato per l'intervento di un suo amico principe. Ciononostante, cominciò a girovagare per la Germania con lo scopo di diffondere la sua dottrina, che venne ben accolta sia dai nobili sia dalle persone più umili.  E perciò si diffuse rapidamente in Germania e in tutta l’Europa del nord.  La Chiesa rispose con il Concilio di Trento e l controriforma sulla quale non sto qui a  parlare perché sarebbe troppo lunga, ma  accenno a Ignazio di Loyola, spagnolo (1491. 1556, il fondatore di altro importante ordine religioso, I Gesuiti, o meglio la Compagnia di Gesù. allo scopo di eseguire lavoro missionario e di ospitalità a Gerusalemme o andare incondizionatamente in qualsiasi luogo il Papa avesse ordinato loro, come veri soldati.
L’Inquisizione si dava da fare anche nel XVI e XVII secolo:  tra le vittime illustri  ricordo Galileo Galilei (1564- 1642), considerato il padre della scienza moderna, ricordiamo il perfezionamento del telescopio.
Fu accusato di eresia per il suo ruolo nella rivoluzione astronomica e il suo sostegno al sistema eliocentrico e alla teoria copernicana, Che significa?
Fino ad allora si riteneva, sulla base delle indicazioni di Aristotele, che la terra fosse al centro dell’universo, concezione condivisa e approvata dalla Chiesa cattolica,  La rivoluzione copernicana, da Copernico un astronomo dell’epoca, e da Galilei scopri invece come oggi sappiamo che la terra, egli altri pianeti, girano tutti introno al Sole che sta al centro . Sospettato di eresia e accusato di voler sovvertire le sacre scritture, Galileo fu  condannato dal l’Inquisizione e costretto all’abiura delle sue concezioni astronomiche e al confino nella propria casa di Arcetri in Toscana. Pensate che solo 359 anni dopo, quindi pochi anni fa, nel 1992, papa Giovanni Paolo II, ha dichiarato riconosciuti "gli errori commessi"dal Sant’Uffizio, e ha riabilitato Galilei.
Castel S. Angelo
Tra il XV e XVI secolo appare più chiaramente, per le persone che vi saranno rinchiuse, la funzione di prigione di un castello romano, Castel S. Angelo, che mai comunque aveva smesso di ospitare personaggi accusati di qualche reato. Il castello è molto antico, fu Iniziato dall'imperatore Adriano nel 125 d. C. che voleva farne il suo mausoleo funebre, ma fu ultimato dal successore Antonio Pio nel 139. Venne costruito di fronte al Campo Marzio, al quale fu unito da un ponte appositamente costruito: Il mausoleo era composto da una base cubica, rivestita in marmo con fregi decorativi. Naturalmente il castello è stato radicalmente modificato più volte in epoca medioevale e rinascimentale situato sulla sponda destra del Tevere, a poca distanza del Vaticano. Il nome S. Angelo è recente, risale agli anni l 1667/ 1669; l papa Clemente IX fece collocare dieci angeli in marmo sul Ponte Elio, che anche cambiò nome in ponte  Sant'Angelo. Nell'Ottocento il castello venne utilizzato esclusivamente come carcere politico, chiamato con il nome di Forte Sant'Angelo.  All'interno del Castello, numerosi sono gli ambienti destinati al carcere, ancora oggi visitabili. nella cella più malfamata e tetra Il condannato vi veniva calato dall'alto e a malapena aveva spazio per sistemarsi mezzo piegato, non potendo stare né in piedi, né sdraiato. C’erano, in un’altra ala,  le celle riservate ai personaggi di riguardo. Qui tra il 1538e il 1539 fu detenuto Benvenuto Cellini, famoso scultore.  Egli riuscì ad evadere una sera di festa al castello calandosi dall'alto del muro di cinta con la classica corda fatta con le lenzuola.  Nella caduta si ruppe una gamba ma riuscì ugualmente a raggiungere la casa del cardinale Cornaro, suo amico. Catturato nuovamente, fu ricondotto a Castel Sant'Angelo e rinchiuso nelle “segrete”: celle, a prova di evasione. Nel castello fu detenuto anche, nel 1789,  il celebre avventuriero Giuseppe Balsamo, detto conte di Cagliostro. Ma era in una cella di lusso destinata a detenuti di riguardo.[
Giordano Bruno
Nelle celle di Castel Sant'Angelo vennero tenuti prigionieri, tra gli altri, Beatrice Cenci, condannata a morte per aver ammazzato il padre dal quale aveva subito violenze e abusi, nonostante la giovanissima età e le attenuanti, e Giordano Bruno, il domenicano filosofo poi bruciato sul rogo nel 1600 in Campo dei Fiori a Roma, oltre ai patrioti italiani durante il Risorgimento. 

  
 
 


 

 

 

domenica 24 novembre 2013

Progetto: storia delle prigioni e delle pene


Estratto riassunto del 2° incontro presso università terza età di Trieste
 
 
Stasera iniziamo un viaggio, un viaggio nella storia dell’umanità, della organizzazione delle società, delle economie e altro, perché di qualsiasi argomento si tratti, lo stesso deve essere inquadrato nell’ambito storico, sociale, economico e geografico in cui nasce e e si sviluppa.
La storia delle prigioni inizia quando nasce una società organizzata, uno Stato centrale e forte.
Dal giorno in cui una società abbandona la fase primitiva della vendetta privata e si organizza politicamente e giuridicamente, quindi diventa uno Stato, avocando a sé ogni potere, e stabilisce leggi e  sanzioni per i trasgressori delle leggi, isolandoli in appositi luoghi detti appunto carceri, prigioni: da quel giorno nasce anche il problema carcerario. 
La storia delle prigioni perciò può essere considerata anche la storia della formazione degli Stati e non solo, ma del tipo di Stato e di società, pacifica o guerriera, violenta, democratica o tirannico, oligarchico ecc., economicamente progredita oppure no,  ecc., perché è dal funzionamento della giustizia e delle prigioni e delle pene cui vengono sottoposti gli individui, che si capisce con quale società si ha a che fare. 

Assiri
Il nostro racconto riguarda i popoli del Mediterraneo e l’occidente – tralasciamo le civiltà orientali che sono più lontane - e dobbiamo partire genericamente da qualche millennio prima dell’era cristiana.
 La nascita della nostra civiltà è avvenuta, secondo gli storici, in  quella regione che oggi è la Siria, e parte dell’Iraq:  partiamo dai Sumeri che secondo la maggioranza degli storici costituiscono la prima civiltà, parliamo degli  Assiri e i Babilonesi, che abitavano la vallata tra i due fiumi, la Mesopotamia,  il Tigri e l’Eufrate, degli Egiziani nella piana del Nilo, dei Minoici che abitavano Creta e costituirono una grande potenza, del grande impero hittita, che si scontrerà con gli egiziani nella battaglia di Qadesch e avrà una sua parte anche nella guerra di Troia, dei Palestinesi e degli Ebrei con le loro storie e i loro profeti, dei Fenici che già vagavano per il mare e fondavano colonie nel Mediterraneo, e trafficavano anche con i paesi baltici per il commercio dell’ambra, arrivando fino in queste zone dell’alto Adriatico.
La nostra storia passa sicuramente per  Troia, sugli attuali Dardanelli, attraverso quello che ci è stato tramandato dalla storia raccontata da Omero, l’Iliade e l’Odissea.
 In Grecia c’era la civiltà detta palaziale, quella dei Micenei,  che verso la fine dell’età del bronzo, intorno al 1200 a c. secondo la tradizione, distruggeranno Troia. Per quanto riguarda la penisola italiana e in particolare l’Alto Adriatico, era già viva la civiltà dei Castellieri. Questi erano villaggi fortificati costruiti generalmente su alture, per esigenze di difesa dai nemici, ed erano muniti, secondo gli storici, di mura in pietra altissime ghe ricordano molto quelle delle città micenee. Per maggiori particolari e per l’economia si può leggere, su questo stesso blog,  il castello di Rubbia”.
Alla fine dell’età del bronzo, circa intorno al 1000 a.c.,   iniziano movimenti e grandi migrazioni di popoli, alla ricerca di nuove terre.  Dopo un qualche secolo di un periodo buio di cui si sa poco, ecco rinascere un minimo di civiltà nell’area Mediterranea, sia in Grecia con le grandi città Stato Sparta e Atene, Corinto e Tebe, nascono anche le Olimpiadi,  nell’ 8° secolo c’è Omero che scrive l’Iliade e l’Odissea, ma nello stesso secolo, per convenzione degli storici, in Italia nasce Roma, con Romolo e Remo e le sue leggende, poi i Fenici con Cartagine,  le guerre greche con i persiani e le vittorie, Maratona e le Termopili, e poi i filosofi Socrate, Platone e Aristotele, e i grandi tragici come Eschilo e Euripide,  e poi le colonie greche in Italia del sud, Cuma, Siracusa e altre.
 Nel IV secolo, Alessandro “magno”,  conquista tutta l’Asia minore, l’Egitto, la Siria  e si spinge fino in Afghanistan e arriva fino all’India. Alla sua morte, l’impero si divide in tanti regni e così resteranno fino all’arrivo di Roma.
Roma diventa repubblica, viene invasa dai Galli di Brenno, inizia poi la conquista delle città greche del sud e  si rivolge anche al nord, fino al Po. Oltre il fiume, nell’ area padana, da quello che oggi è il Piemonte fino a Trieste e oltre, c’erano popolazioni indigene e poi celtiche ma non veri e propri Stati.

Economia

Il sistema economico di queste epoche è molto primitivo, si basa sul possesso di terra per agricoltura e pascolo e sulla mano d’opera a costo zero, gli schiavi.
Ci sono poi i commerci, per terra e per mare, gestiti generalmente da Greci e soprattutto da Fenici, un po’ pirati e un po’ commercianti, che fondano empori commerciali in vari luoghi del Mediterraneo. Nell’alto Adriatico,qui dalle nostre parti, alla foce del Natisone, si svolgeva il traffico dell’ambra, la resina fossile molto ricercata – ne sono state trovate reperti anche in Egitto faraonico – proveniente dai paesi baltici e che in Adriatico proseguiva il viaggio in nave fino ai grandi regni dell’Egeo e del  medio Oriente.


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Tornando all’argomento che ci interessa, nell’epoca di cui stiamo parlando, la prigione  non era la punizione o meglio la pena, cioè non esisteva la condanna ad esempio, a qualche anno di reclusione o l’ergastolo, ma il carcere era solo un luogo dove la persona, uomo o donna accusata di un fatto illecito, poteva essere messa provvisoriamente, in attesa della vera punizione, della vera sanzione, che poteva essere in primis la pena capitale, cioè la morte, oppure, se andava bene, la vendita come schiavo o un risarcimento economico o, quando si trattava di personaggi di rilievo, l’esilio.
La provvisorietà naturalmente poteva anche durare una vita, spesso  ci si dimenticava di chi era in prigione e poi  accadeva che in particolari occasioni, ad esempio qualche festività o ricorrenza, qualche prigioniero veniva tirato fuori se ancora vivo e quindi ucciso in qualche cerimonia,  o venduto, oppure potevano essere uccisi anche direttamente in carcere senza processo e di nascosto, a discrezione del potente di turno. Sempre, in ogni epoca, comunque, il trattamento era diverso se si trattava di persona povera o invece di persona ricca e influente che o si eliminava in silenzio oppure lo si mandava in Esilio.
 I prigionieri venivano tenuti, visto che comunque erano destinati alla morte, in vecchie cave, grotte, edifici fatiscenti – il che è ancora oggi in molti casi – sporchi, in promiscuità, o solitudine, senza acqua né cibo..
Nella antichità, la pena prevista era di solito la morte, eseguita in varie forme, spesso inventate al momento o comunque anche stabilite per determinati crimini: mi limito a parlare solo di quelle  più ”normali”,  ricordiamo la lapidazione,  la precipitazione, la decapitazione,l’avvelenamento,  l’impiccagione, la crocifissione.
Ovviamente la pena di morte aveva e ha avuto la sua funzione, secondo i maggiori storici e studiosi del problema era una sola, quella retributiva dell’occhio per occhio dente per dente, e quella di deterrente per evitare il ripetersi di altri episodi criminali. Come vedremo però questa presunta deterrenza, non ha impedito, nei secoli, il ripetersi di gravi atti criminosi , delitti, omicidi, sequestri stragi, ecc.

Codice di Hammurabi
La funzione della pena di morte, secondo Eva Cantarella, prof. di diritto greco e romano, nelle società greco-romane, “ emerge dai fatti, dalla scelta delle forme di esecuzione, dal modo in cui questa viene condotta, dai complessi rituali che la circondano”.  Spesso infatti l’esecuzione di una pena capitale, in quel tipo di società era anche un fatto religioso e anche pubblico, una offerta agli Dei ed era accompagnata da processioni, litanie, preghiere, ecc.
Prima di andare avanti devo accennare a  una invenzione dei Sumeri, circa 3000 anni prima di Cristo: parlo della scrittura,  con un sistema che si eseguiva con uno stilo a sezione triangolare, imprimendo sull'argilla, una tavoletta, particolari segni  composti da brevi incisioni a forma piramidale e appuntita, che possono ricordare dei chiodini o dei cunei.  Da cui appunto la definizione di scrittura cuneiforme.
Questa premessa sulla scrittura era solo per arrivare al primo codice penale scritto, più conosciuto, in caratteri cuneiformi: il codice di Hammurabi, ed è la conferma di quanto detto sopra, cioè della esistenza di uno Stato politicamente e giuridicamente organizzato. Lo Stato di cui parlo era Babilonia, in Mesopotamia, l’odierna Siria e Iran, e Hammurabi ne era il Re. Siamo tra il XIX- XVII secolo a.C. ( cioè 1800/1700 anni a.C.), ma non si conosce bene il periodo del suo regno.
 I primi anni del suo regno furono pacifici in quanto Hammurabi utilizzò il suo potere soprattutto per intraprendere una serie di opere pubbliche, tra cui la fortificazione delle mura della città a scopo difensivo, il restauro di alcuni templi e lo scavo di una estesa ed efficiente rete di canali, il più importante dei quali garantiva l'irrigazione Poi, con una risoluta politica espansionistica arrivò a dominare tutta la valle del Tigri e parte di quella dell’Eufrate.Con le sue campagne successive e le conquiste di vasti territori degli assiri e dei sumeri, Hammurabi diventa il primo sovrano dell' IMPERO babilonese.
Il suo governo durò molti anni e per quanto  riguarda la materia che qui ci interessa egli è ricordato per il suo CODICE. Egli, infatti,  fece compilare le leggi che costituiscono il Codice, scoperto nel 1902 da un archeologo francese, tale Jacques de Morgan.
Vai a: navigazione, ricercaSi tratta di una raccolta di leggi- 282 - scolpita in caretteri cuneiformi - su di una stele raffigurante alla sommità il re in piedi, in atteggiamento di venerazione di fronte a Shamash, dio solare della giustizia, maestosamente seduto sul trono. Il dio porge ad Hammurabi il codice delle leggi, che dunque sono considerate di origine sacra.  La stele è di basalto nero, alta circa 2metri; venne rinvenuta nella città di Susa (oggi Shush, capitale amministrativa della Contea di Shush, nella provincia iraniana di Khuzestan).  Dato che ne è stata trovata anche un’altra, probabilmente si trattava di un'opera eseguita in serie, di cui esistevano numerose copie.  Gli archeologi che facevano parte della missione durante la quale fu scoperta la stele riuscirono a decifrarne i segni, e nel 1904 ne pubblicarono la traduzione. Attualmente la stele si trova al Museo del Louvre a Parigi.. Le leggi sono notevolmente dettagliate, e questo ha consentito di ricostruire importanti aspetti pratici di quella società mesopotamica. L'importanza del codice di Hammurabi risiede certo nel fatto che si tratta di una delle prime raccolte organiche di leggi a noi pervenuta, ma soprattutto nel suo essere pubblico, o per meglio dire pubblicamente consultabile, esplicitando un concetto giuridico moderno, cioè della conoscibilità della legge e della presunzione di conoscenza della legge. Potremmo paragonarla alla nostra “gazzetta Ufficiale” o ai nostri codici. Il fatto che ne è stata trovata un’altra copia fa anche pensare che esse fossero più di due e fossero messe in visione al popolo per farle conoscere. Il cittadino babilonese aveva perciò la possibilità di verificare la propria condotta secondo le leggi del sovrano, e quindi di evitare determinati comportamenti, o di scegliere di attuarli a suo rischio e pericolo.
Per la prima volta nella storia del Diritto, i comportamenti sanzionabili e le eventuali pene vengono resi noti a tutto il popolo (o almeno a chi era in grado di leggere). Il codice si occupava di tutto quel che riguardava la famiglia, la proprietà  operazioni di credito e commercio, medici, architetti, agricoltori e marinai, schiavi, tariffe salariali, e reati.In campo penale, Il codice introduce, quello che prima non era previsto, poichè si badava soprattutto al risarcimento danni o si lasciava alla vendetta privata la punizione.  Viene perciò istituzionalizzata cioè la legge del taglione., ben nota nel mondo giudaico-cristiano per essere anche alla base della legge del profeta Mosè,. Occhio per occhio, dente per dente,. La pena per i vari reati è infatti spesso identica al torto o al danno provocato: ad esempio la pena per l'omicidio è la morte: se la vittima però è il figlio di un altro uomo, all'omicida verrà ucciso il figlio; se la vittima è però uno schiavo, l'omicida pagherà un'ammenda, commisurata al "prezzo" dello schiavo ucciso.
Malgrado le leggi scritte e quella che noi oggi definiamo civiltà giuridica, ma anche sociale, quelle società, quelle epoche, così come anche dopo quelle della Grecia classica, quella romana e quelle successive, erano comunque violente, abituate alle morti violente e non, c’era una grande mortalità infantile, l’età media era molto bassa,  schiavitù, pestilenze, carestie e guerre, l’economia era elementare, basata sulla terra, l’agricoltura e l’allevamento di bestiame, erano società in forte contraddizione, capaci di esprimere da una parte testi giuridici di grande civiltà e anche attualità, poeti e grandi poemi a partire dall’Iliade e l’Odissea, ma anche le  avventure indiane di Gilgamesch  e grandi miti e leggende come quella di Orfeo e Euridice, di democrazie come quelle di Atene classica, e dall’altre schiavitù, morte come unica soluzione giudiziaria, violenze e sangue  come gli spettacoli di gladiatori, condanne “ ad bestias” e martiri cristiani a Roma. Erano peraltro anche società molto religiose e credevano fortemente che ogni evento straordinario fosse dovuto a un qualche Dio arrabbiato con gli uomini.  
Il problema giudiziario era chiaramente legato al problema criminale, ai reati. Da che mondo e mondo i delitti in generale sono quasi sempre quelli, furto e rapine, omicidi, poi reati di tipo politico, tradimento e anche di tipo sessuale come rapimento di una donna e violenza.  C’erano inoltre banditi di strada, briganti e pirati, ricordiamo che in Adriatico, qui vicino a noi, già da tempi remoti c’erano i pirati illirici che poi furono sconfitti dai romani. Non esisteva neppure un servizio pubblico di polizia nelle città, ma era tutto affidato a privati danarosi che organizzavano squadre anticrimine a spese proprie: le strade di sera e notte erano  completamente al buio e chi doveva uscire di notte aveva bisogno di una torcia e poteva essere derubato e ammazzato per strada, i più ricchi si facevano accompagnare da schiavi armati, come a Roma
Andiamo nel mondo occidentale, prima di tutto in Grecia
in Grecia bisogna distinguere l’età eroica, quella illustrata da Omero, l’età oscura, il medio evo ellenico di cui si comincia da poco a conoscere qualcosa, e l’età classica che inizia dal VI secolo in poi, con  Atene e la democrazia.
Accennerò ad alcune particolari forme di pena capitale.
Tra le forme più antiche di pena capitale posso ricordare la lapidazione, che consisteva nel lancio di pietre sul condannato fino alla morte, eseguita pubblicamente per strada da una folla di persone, una specie di linciaggio, di cui parleremo. Ricordiamo l’episodio raccontato nel vangelo di Giovanni, quando a Gesù venne portata  una donna sorpresa in adulterio e gli chiesero cosa fare visto che  Mosè aveva comandato che in questi casi le donne  dovevano essere appunto lapidate. Famosa la  risposta: “ chi  di voi è senza peccato scagli per primo la pietra contro di lei”. E tutti se ne andarono senza colpirla. 

impiccagione
Antichissima è anche l’ impiccagione: essa consiste nel sospendere per il collo una persona tramite una corda. L’impiccagione fu chiamata popolarmente anche forca in quanto i due pali verticali che sostenevano la traversa, dove il boia appendeva il condannato, ricordavano i denti (detti rebbi) dell'omonimo attrezzo agricolo.  Questa era solo la parte superiore della struttura che era detta patibolo. In un primo tempo al condannato era posta una robusta corda al collo con un nodo scorsoio detto cappio; l'apertura di una botola sotto i piedi provocava la sospensione della vittima che ne causava la rottura delle ossa del collo e l'asfissia e di conseguenza in breve la morte, oltre all'estroflessione dei bulbi oculari e della lingua. L’impiccagione è la pena capitale più longeva, ha continuato ad essere utilizzata fino ai nostri giorni, soprattutto nei paesi anglosassoni, Inghilterra, USA, pochi anni fa impiccato è stato Saddam Hussein.
Tornando però all’antico, voglio leggere un passo di un poema molto antico, l’Odissea, che immagino più o meno tutti conoscano, almeno nelle linee generali: è il racconto molto poetico e pieno di leggende di Odisseo – cioè Ulisse – che torna finalmente a casa,a Itaca, dopo varie avventure, e  la trova occupata dai pretendenti alla mano di Penelope, la moglie, che lo riteneva ormai morto, cosi come il figlio Telemaco. Molti suoi antichi servi e ancelle hanno ormai fatto lega con i proci e ormai la sua casa è diventata un porcile. La vendetta di Odisseo sarà terribile, aiutato solo dal figlio e dal porcaio e dal pastore, ammazzerà tutti.
XXII° libro, Odisseo fa radunare le ancelle infedeli e dopo averle costrette a ripulire tutta la sala sporca del sangue dei pretendenti, Telemaco, il bovaro e il porcaio : “ spingendo le ancelle fuori dalla sala massiccia, tra la rotonda e la cinta del ben fatto cortile, in breve spazio le strinsero, da cui non potevano fuggire. E agli altri il saggio Telemaco prese a parlare: non certo con morte pulita toglieremo il respiro a quelle che sul mio capo versavano insulti, e sulla madre, e coi pretendenti giacevano!. Cosi diceva e un cavo di nave prua azzurra a una colonna attaccò, lo stese intorno alla grande rotonda , alto tendendolo, perchè nessuna coi piedi toccase la terra.” Qui c’è il paragone, un classico in Omero, con i tordi (le tordelle) o colombe che si impigliano in una rete tornando al proprio nido, così le ancelle infedeli: “ avevano le teste in fila, al collo di tutte era un laccio, perché nel modo più tristo morissero. E coi piedi scalciavano,per poco, però, non a lungo”.  Questo è il racconto poetico di una impiccagione di gruppo.
La vendetta di Ulisse inoltre ci mostra il sistema punitivo come era o comunque come Omero lo  conosceva. Ulisse ammazza tutti i  proci perchè gli avevano occupato la casa e avevano mangiato e bevuto e andati a letto con qualche  schiava. Cosa che all’epoca era perfettamente normale, ma qui abbiamo una classica vendetta privata, Ulisse è il re ma agisce non in base a leggi scritte,  ma a una sua decisione.
Trasferiamoci ora ad Atene, nel V° secolo a.c. e parliamo di Socrate. E della prima prigione di cui sappiamo, quella dove fu appunto rinchiuso Socrate e della sua condanna a morte.
I tempi sono cambiati dall’epoca di Ulisse e di Omero, sono passati molti secoli, l’azione dell’Odissea si svolgeva nel 1200/1100, mentre ora siamo nel 400 a.c.,  Atene è diventata uno Stato organizzato, il popolo partecipa alle elezioni, ci sono tribunali e giudici, il concetto di pena e di prigione però non è mutato. Pena capitale o corporale e prigione solo in attesa della pena.

Socrate
Socrate era un filosofo, non si hanno molte notizie della sua vita né sul suo pensiero filosofico , perché egli non lasciò nulla di scritto, e quello che si sa, lo si deve ai suoi discepoli, in primis Platone. Egli nacque sembra nel 469, ad Atene, da famiglia benestante, il padre era uno scultore, la madre levatrice.  Non si hanno descrizioni sul suo aspetto giovanile, Platone, che lo conobbe come discepolo già in età matura, lo descrive come un uomo avanti negli anni e piuttosto brutto. fisicamente simile a un satiro, e tuttavia sorprendentemente buono nell'animo, per chi si soffermava a discutere con lui.
La città era all’epoca passata dall’apice del potere a una sconfitta nella cosiddetta guerra del Peloponneso ad opera della tradizionale rivale, Sparta. Socrate si era arruolato e aveva combattuto in alcune battaglie dei quella guerra e sembra fosse stato anche decorato.
In quel periodo Atene fu governata dai cosiddetti trenta tiranni, un regime di tipo oligarchico e poco democratico. Socrate fu immediatamente individuato come nemico politico e perseguito per le sue idee considerate contrarie alla tradizione e alla religione. Non fa parte dell’argomento che trattiamo il pensiero filosofico di Socrate, a noi interessa arrivare al processo cui fu sottoposto e soprattutto alla prigione in cui fu rinchiuso e al tipo di pena cui fu condannato.
Il filosofo fu accusato di: corrompere i giovani insegnando dottrine che propugnavano il disordine sociale e non credere negli dei della città e tentare di introdurne di nuovi. Accuse  chiaramente pretestuose, usate per liberarsi di un personaggio scomodo.  Il processo si tenne nel 399 a.c., l’Accusa, rappresentata da un tal Meleto, con il sostegno del governo oligarchico, chiese la condanna a morte, mentre Socrate chiese, provocatoriamente, di essere mantenuto in prigione a spese dello Stato oppure una multa, ma sembra che rifiutò l’esilio. Le richieste furono messe ai voti e fu accolta quella della accusa, e lo condannarono a morire mediante l'assunzione di Cicuta.
Pritaneo,oggi
 La cicuta era un potente veleno, usato molto in quegli anni, secondo gli storici, per togliere di mezzo nemici, senza troppo clamore. Socrate fu rinchiuso nel carcere detto del Pritaneo, che è il primo carcere di cui abbiamo notizia nella storia.Il Pritaneo era un edificio pubblico dove, in origine, era ospitato il primo magistrato (detto appunto pritano). Lì  era custodito il focolare sacro della città, e potevano essere accolti ospiti di particolare riguardo o cittadini benemeriti. Poi fu trasformato in carcere annesso all’edificio destinato a tribunale. Pur sapendo di essere stato condannato ingiustamente, una volta in carcere, egli rifiutò le proposte di fuga dei suoi discepoli.  La morte di Socrate ci viene dettagliatamente descritta da Platone, presente alla fine del maestro, in una sua opera, il Fedone. Socrate trascorre serenamente, secondo le sue abitudini, la sua ultima giornata in compagnia dei suoi amici e discepoli, dialogando di filosofia come aveva sempre fatto, e in particolare affrontando il problema dell'immortalità dell'anima e del destino dell'uomo nell'aldilà. Quindi Socrate si reca a lavarsi, poi  saluta i suoi tre figli e le donne di casa. Giunto il boia incaricato della somministrazione della cicuta, Socrate gli chiede che cosa si deve fare. Il boia risponde che basta bere il veleno che è della giusta quantità per morire. Socrate allora, dopo aver pregato la divinità perché gli assicuri un felice trapasso, beve la pozione.  La morte sopraggiunge lentamente, raffreddando piedi. Torace, gambe e poi il resto, tra la disperazione degli amici, ai quali comunque è lui stesso a fare coraggio.
Morte di Socrate
Trasferiamoci ora in Italia, Roma era ancora nella fase regionale, si era liberata dei re ed era stata proclamata la repubblica, ma le città più importanti erano quelle della magna Grecia, cioè le colonie greche in Italia meridionale, Cuma, Siracusa, Taranto e altre, che dominavano il Mediterraneo, mentre più a nord e nel Lazio si erano affermati gli Etruschi e a sud i romani furono sconfitti dai Sanniti.
Galli
Qui, nel nord-est si erano verificati grandi movimenti di intere popolazioni alla ricerca di nuove terre dove stabilirsi: Veneti, Histri, Illirici, Liburni, ma anche mercanti Greci e Fenici, e aveva fatto la sua comparsa il misterioso popolo dei Celti. I Celti erano un popolo misterioso, le notizie su di loro erano rare e controverse: come si ricava da Erodoto, i loro stanziamenti non erano ben conosciuti, andavano dalla Germania alla penisola iberica, dalla Francia, dove furono conosciuti con il nome di Galli, a territori dell’Europa centrale.
Ma la vera e propria invasione si verificò nel IV sec., e mise fine, almeno temporaneamente, alle culture indigene: furono popolazioni galliche, dalla Francia, ad attraversare le Alpi, e a dilagare nella pianura padana fin oltre il Veneto, al di qua e al di là del Po, alla ricerca di terre. I Galli erano suddivisi in varie tribù dai diversi nomi Biturigi, Arverni, Edui, Carnuti o forse Carni, Senoni. Alcuni di loro si spinsero fino alle Marche, in Puglia e un gruppo, comandato - secondo gli storici latini - da un tale chiamato Brenno, occupò anche Roma  nel 386 e la saccheggiò: si tratta dell’episodio che è stato raccontato tante volte nei vecchi libri di scuola, delle oche del Campidoglio che svegliarono i difensori della città.
Castelliere
i Carni, si stabilirono prima nelle prealpi friulane e giuliane,  e successivamente invasero la Venezia- Giulia meridionale, l'Istria e la Dalmazia Tutte le preesistenti civiltà vennero sommerse, le difese approntate con i Castellieri, tipici villaggi fortificati di questa area,  furono travolte, le popolazioni inermi ridotte all’obbligo del lavoro come tributo, sospesi e interrotti tutti i commerci e i rapporti con il mondo greco.Fecero un grosso errore, si schierarono con Annibale, il grande nemico di Roma. I Romani se ne ricordarono appena sconfitto il cartaginese e ebbero la loro vendetta.
Infatti, sbaragliati gli Etruschi a nord , conquistate a sud tutte le città della magna Grecia, e sconfitto finalmente  il cartaginese Annibale, Roma si affacciava sul Po e si scontrò con le popolazioni celtiche e fondò molte colonie nell’area, come Aquileia, e costrinse i Galli dell’area a pagare tributi, a fornire schiavi e a ritirarsi in quelle montagne che oggi chiamiamo Carnia.
Per maggiori informazioni, su questo stesso blog, “ il castello di Rubbia”.
Con Roma arrivano anche le leggi romane. Le leggi romane riguardavano prima di tutto i cittadini romani, i cives, quelli che avevano la cittadinanza, ai quali ad esempio non potevano essere applicate determinate sanzioni, come per es. la crocifissione riservata gli schiavi o comunque a chi non aveva la cittadinanza.
Anche nel diritto romano il carcere era considerato come un mezzo di detenzione preventiva in attesa della pena capitale o corporale.  
L’ordinamento giuridico romano era prima di tutto molto semplice e pratico: ai cives romani, cioè i cittadini romani, a quelli che avevano la cittadinanza  si applicavano alcune regole; poi c’erano gli altri, schiavi  che erano considerati “cose” e quindi nessun diritto, mentre nelle provincie, agli abitanti del posto si applicavano le regole locali, a meno che non sfidavano la capitale, Roma.
A Roma c’era lo jus vitae ac necis, il diritto di vita e di morte  che faceva capo al pater familias, che era libero di decidere la sorte dei suoi familiari e degli schiavi da lui dipendenti. L' “ergastulum” era solo una prigione privata della Domus dove il pater familias rinchiudeva lo schiavo ribelle.
il diritto romano prevedeva il processo accusatorio pubblico, cioè il confronto verbale tra accusatore,che poteva essere un privato cittadino o un magistrato, e che aveva l’onere della prova, come oggi è da noi e anche nei sistemi anglosassoni,  e l’accusato che doveva solo difendersi, davanti a un giudice terzo.
Non c’era una vera e propria polizia per le città e le campagne.  A Roma veniva utilizzata, come polizia, la coorte pretoria, i famosi pretoriani, nelle altre città le truppe di stanza nelle vicinanze e pattuglie armate nelle campagne contro i banditi di strada: questi erano assai diffusi dai tempi delle guerre civili, non si limitavano a rapinare i viaggiatori, ma spesso li riducevano in schiavitù e li vendevano o chiedevano il riscatto. I ricchi avevano eserciti privati.
I briganti – è rimasta famosa una banda operante nel III sec. d.C., detta Bulla Felix composta da quel che si racconta di circa 600 uomini, ricordati come una specie di Robin Hood : - venivano catturati e condannati a morte nei modi più crudeli: crocifissi, bruciati vivi, dati in pasto alle belve negli spettacoli.
A Roma solo con Augusto fu organizzato un corpo con compiti ausiliari di polizia.
carcere tulliano o mamertino
in effetti erano “vigiles” che si occupavano principalmente di spegnere gli incendi che erano molto frequenti, ogni tanto avevano anche compiti di pattugliamento notturno e di intervento di polizia. Una cosa curiosa riguarda Nerone, l’imperatore incendiario: fu sotto il suo governo che fu introdotta una normativa che prevedeva che in ogni casa dovesse esserci attrezzi per lo spegnimento di incendi.
A Roma, il carcere Mamertino o Tulliano è il più antico carcere, e si trova nel foro. Consisteva di due piani sovrapposti di grotte scavate alle pendici meridionali del Campidoglio La più profonda risale all'età arcaica, VIII-VII sec. a. C., scavata nella cinta muraria originaria; secondo lo storico Tito Livio, fu realizzata con il re Anco Marzio, fu chiamato Tullianum, probabilmente dai re Servio Tullio oppure Tullio Ostilio.  La seconda grotta, successiva e sovrapposta alla prima, è di età repubblicana.  La gestione del carcere Tulliano e anche di altre prigioni dell’impero di altre città, e delle esecuzioni capitali, era affidata a una Autorità costituita da Tre persone, i TRESVIRI Capitales, che però non avevano molto personale a disposizione, anche perché non ne occorreva. Fu qui che fu imprigionato e poi strangolato Vercigentorige, il capo dei galli catturato da Cesare, poi lì strangolato e , secondo alcuni autori cristiani  del Medio evo, è qui che furono poi rinchiusi S.Pietro e S. Paolo prima della esecuzione capitale. Dopo il 700 d.C. il luogo cominciò ad essere chiamato Carcere Mamertino.
La descrizione del Tulliano più celebre, è quella di  Sallustio nel “De Catilinae coniuratione”, dedicato perciò alla congiura di Catilina contro lo Stato all’epoca di Cicerone console: egli parla della detenzione e dell’esecuzione di alcuni complici di Catilina, di un ex console Lentulo e, di altri personaggi chiamati Cetego, Statilio, Gabinio e Cepario, :“Vi è un luogo nel carcere chiamato Tulliano, un poco a sinistra salendo, sprofondato a circa 12 piedi sottoterra. Esso è chiuso tutt’intorno da robuste pareti, e al di sopra da un soffitto, costituito da un volta in pietra. Il suo aspetto è ripugnante e spaventoso per lo stato di abbandono, l’oscurità, il puzzo.”
Catilina
Prima di procedere accenniamo ad alcuni reati di quell’ epoca, che però sembrano molto attuali: gli uomini politici dell’epoca, consoli, tribuni, generali ecc, intanto non erano retribuiti per i loro incarichi istituzionali, e quindi o appartenevano a famiglie ricche o difficilmente potevano far carriere politiche.  Chi faceva campagna elettorale spendeva molto, non c’era il finanziamento pubblico e non c’erano neanche i partiti come li intendiamo oggi. Era perciò regolare che ci fossero degli sponsor, dei finanziamenti privati, e che l’eletto poi ricambiasse i favori ma, sentite bene, PURCHE’NON A DANNO DELLO STATO. Comuni erano  concussione, corruzione elettorale, peculato e appropriazione di soldi pubblici, e come si vede è cambiato poco.
Ora parliamo della crocifissione, che ho scelto per motivi che mi sembrano evidenti, il crocifisso è diventato un simbolo della religione cristiana.
Ma qui parlo della crocifissione come modalità di esecuzione della pena di morte e non di “quella” crocifissione.
Consisteva nell’inchiodare il condannato a un palo incrociato con un altro, in modo che poi l’ appeso morisse  con una lunga agonia. Sono sorti dubbi e discussioni sull’uso dei chiodi o di corde, ma sembra secondo la maggior parte delle fonti che fosse normale utilizzare chiodi infissi nelle mani e nei piedi.
Gladiatori
La crocifissione non era comunque nata all’epoca romana , ma secondo alcuni autori risalirebbe alla Grecia più antica: non aveva, tuttavia, la forma di croce che conosciamo, ma si trattava di un semplice palo al quale il condannato – in genere uno schiavo, per i reati di tradimento e furto o adulterio –  veniva attaccato saldamente , con ferri che stringevano il collo e gli arti,  e veniva abbandonato a una lunga agonia.
La pena della crocifissione era tanto atroce e umiliante che non poteva essere comminata a un cittadino romano.  La morte sulla croce ( E.Cantarella, i supplizi capitali ,ed. feltrinelli), a Roma, era detta “ servile supplicium”.cioè riservata agli schiavi,   Ricordiamo tutti la rivolta degli schiavi guidati da Spartaco: alla fine tutti i superstiti, circa 6000 schiavi furono crocifissi sulla strada da Roma a Capua, lì dove era iniziata la rivolta: circa 150 Km  croci.
Molti studiosi affermavano che, normalmente veniva preceduta dalla flagellazione. Cicerone definiva la crocifissione "il supplizio più crudele e più tetro"[. La croce romana era composta di due legni separati, che venivano uniti e assumevano la forma di croce solo nel momento della esecuzione. Normalmente sul luogo delle crocifissioni c'era già, saldamente piantato per terra, il palo verticale (lo stipes).  Il condannato si avviava al luogo dell'esecuzione portando sulle sue spalle solo il palo orizzontale, il patibulum (da qui la parola i "patibolo"), al quale sarebbe stato attaccato. Il patibulum aveva normalmente a metà un foro con cui veniva infisso sullo stipes.  Lo stipes poteva essere di varia altezza, generalmente si racconta che fosse poco più alto di un uomo di media altezza, la cosidetta “crux humilis”, ed esponeva il condannato crucifisso ai morsi degli animali che si avvicinavano ai piedi a poca distanza da terra.  C’erano poi gli “stipites sublimes”, quelli alti oltre un metro da terra, che servivano nei casi più gravi per far vedere a tutto il popolo anche da più lontano per un maggiore valore deterrente.
 Gli arti venivano inchiodati o legati al legno.. L'agonia del condannato era abbastanza lenta, potendo durare ore o anche molti giorni. La morte poteva avvenire per collasso cardiocircolatorio o asfissia. Infatti, per respirare, il condannato doveva fare leva sulle gambe; quando, per la stanchezza, o per il freddo, o per il dissanguamento, il condannato non poteva più reggersi sulle gambe, rimaneva penzoloni sulle braccia, con conseguente difficoltà per respirare oppure tutti questi movimenti dolorosissimi portavano al cedimento del cuore. I carnefici lo sapevano, e quando dovevano accelerare la morte rompevano con un bastone le gambe del condannato, in maniera che il soffocamento arrivasse in breve.
Flagellazione Caravaggio
Con la crocifissione, i Romani punivano il brigantaggio e la ribellione degli schiavi. Il giudice, riconosciuta la colpevolezza e pronunciata la condanna “sia messo in croce!”, dettava il titulus, cioè la motivazione della sentenza scritta su un cartello, quindi indicava le modalità dell'esecuzione, delegata ai carnefici, o, nelle province, ai soldati.
Il condannato, dinanzi al magistrato, veniva prima sottoposto a una flagellazione affidata ai tortores, che operavano in coppia. Denudato e legato a un palo o a una colonna, veniva colpito con strumenti diversi a seconda della condizione sociale: per gli schiavi e i provinciali era previsto il flagrum o flagellum, formato da due o tre strisce di cuoio o corda (lora) intrecciate con schegge di legno oppure ossicini di pecora, oppure delle strisce di cuoio aventi all'estremità due piccole sfere metalliche.
La flagellazione poteva essere una punizione esemplare anche fine a se stessa, seguita dalla liberazione, oppure una condanna mortale: in questo caso produceva lacerazioni così profonde da mettere allo scoperto le ossa. Se veniva inflitta come preambolo alla crocifissione, il numero di colpi doveva essere limitato probabilmente a una ventina perché la vittima non doveva morire prima di finire in croce.
Il condannato veniva poi rivestito e condotto al supplizio. Il titulus, appesogli al collo o portato da un banditore, aveva la funzione d’informare la popolazione sulle sue generalità, sul delitto e sulla sentenza. I responsabili d’efferati delitti erano caricati del patibulum (probabilmente legati). Se i malcapitati erano più di uno, venivano legati tra loro con una lunga corda che poteva passare intorno al collo, ai piedi o a un’estremità del patibulum.
crocifissione
La croce non prendeva sempre la stessa forma, dipendeva tutto dal patibolo e dall’incavo che veniva predisposto, a volte assumeva la forma di una T e in altri casi quella  a quattro braccia.  Probabilmente il crocefisso era nudo. È possibile ritenere l'aggiunta dello straccio nelle rappresentazioni dei crocifissi come una consuetudine di origine cristiana per le immagini sacre in quanto la nudità completa, specie nel caso delle condannate, era un ulteriore strumento di umiliazione e punizione.
Veniva poi appeso alla croce per le braccia con chiodi, anelli di ferro o corde, come pure i piedi, che talvolta però venivano lasciati liberi.  Lungo il cammino essi subivano strattoni e venivano oltraggiati, maltrattati, pungolati e feriti per indebolirne la resistenza. Bevande drogate (mirra e vino) e la posca (miscela d’acqua e aceto) servivano a dissetare, tamponare emorragie, far riprendere i sensi, resistere alla sofferenza, mantenere sveglio il crocifisso perché confessasse le sue colpe.  Raramente la morte veniva accelerata; se ciò accadeva era per motivi d’ordine pubblico, per interventi d’amici del condannato, per usanze locali. Si provocava la morte in due modi: col colpo di lancia al cuore o col crurifragium, cioè la rottura delle gambe, che privava il condannato d’ogni punto d’appoggio con conseguente soffocamento per l'iperestensione della cassa toracica (non è possibile respirare completamente e viene meno quindi l'apporto di aria ossigenata all'organismo).  La vigilanza presso la croce era severa per impedire interventi di parenti o amici; l’incarico di sorveglianza era affidato ai soldati e durava sino alla consegna del cadavere o alla sua decomposizione.
All’inizio del IV secolo, l’Imperatore Costantino vietò ai tribunali pubblici di condannare alla crocifissione, la cui memoria, siamo dopo il 300 d.c., era ormai legata alla morte del Cristo .