Giustiniano
e i Goti
Nel VI secolo d.C., la penisola italiana fu sconvolta da una “grande”
guerra che iniziò nel 535 e durò per più di vent’anni.
Fu una guerra di aggressione a uno Stato sovrano riconosciuto dallo stesso
Stato aggressore.
L’ Italia non aveva
niente che poteva attirare o essere di qualche utilità economica, salvo
naturalmente un prestigio politico: la vecchia Roma era solo un ammasso di
rovine sulle quali si ingrassavano papi, ecclesiastici e classi aristocratiche.
Lo Stato aggredito fu il Regno d’Italia, costituito dal 493 d.C. da
Teodorico, re dei Goti, con capitale Ravenna: era un Regno cristiano, unitario
dalla Sicilia alle Alpi e alla Dalmazia, ormai ben organizzato e con buoni
risultati in campo economico. La gestione degli affari civili e diplomatici era
generalmente affidata a funzionari romano-italici, mentre la parte militare era
organizzata
e comandata da ufficiali Goti. Nel 535 si era alla seconda o alla terza
generazione gota, nata e educata in Italia secondo la cultura e i sistemi
latini ed erano cittadini romani (jus soli?), il Re si chiamava Teodato.
Giustiniano |
Giustiniano, insieme ai suoi generali, pensava
che l’operazione sarebbe stata semplice e di breve durata, che la popolazione
latina avrebbe applaudito l’intervento militare e il ritorno dei cugini “romei”.
L’inizio, infatti, non fu niente male: sbarcato
in Sicilia nell’autunno del 535, Belisario, il migliore dei generali imperiali, trovò
scarsa resistenza, facilmente attraversò lo Stretto e risalì per la Calabria
proseguendo verso Napoli. Una vera passeggiata.
Ma non poteva durare.
Davanti alle mura della
città partenopea tutto cambiò e niente andò più secondo le previsioni. Davanti
a quelle mura, Belisario dovette fermarsi e porre l’assedio. Lì iniziò la vera
guerra. Procopio di Cesarea, che aveva preso parte alla spedizione come
segretario del generale, scrisse poi la storia di questa guerra fatta di
massacri, violenze, distruzioni, crisi economica, migliaia i morti e feriti, carestie e epidemie e, alla fine, dopo circa
vent’anni, inconcludenti risultati.
Regni romano-barbarici |
La guerra continuava a mietere vittime tra la
popolazione e morti e feriti tra soldati di entrambi gli schieramenti. Buona
parte della popolazione italiana fu decimata dagli assedi, dalle carestie e dalla peste. “moltissimi
– narra Procopio - caddero vittime di ogni
specie di malattie... Nel Piceno, si parla di non meno di 50.000 tra i
contadini, che perirono di fame, e molti di più ancora furono nelle regioni a
nord del golfo Ionico... Taluni, forzati dalla fame, si cibarono di carne
umana...”.
I Goti non
erano sconfitti, essi difendevano quella che ora era la loro patria da una
aggressione straniera, ma la guerra proseguiva tra alti e bassi, tra il Nord e
il centro Italia, e diventava sempre più difficile. Totila fu ferito in
battaglia e morì, al suo posto fu scelto un giovane ufficiale di nome Teia. La guerra si spostava ora più a sud verso il Vesuvio e i
Monti Lattari dove il terreno impervio del luogo, poteva proteggere la
resistenza gota dagli attacchi nemici. Ma i Goti erano alla fine, lo sapevano,
lo immaginavano, ma non si arresero se non nell'ottobre del 552, dopo una ennesima disperata battaglia che
ebbe luogo nel territorio che oggi è tra Angri e S. Antonio
Abate. Teia mori in battaglia e fu l’ultimo re dei Goti italiani.
Restavano alcune sacche di resistenza
soprattutto nel settentrione dove si verificò una ribellione sostenuta da un esercito franco-alemanno che stava
arrivando in soccorso contro l’invasore orientale. La guerra andò perciò avanti
fino al 561, quando Widin, il capo della resistenza, fu catturato e messo a
morte.
Il regno goto d’Italia era finito, al suo
posto nacque una nuova organizzazione amministrativa che metteva la penisola in
mano a Costantinopoli e ai suoi funzionari civili e militari con l’istituzione,
da nord a sud, dei Ducati. Ma fu tutto inutile: pochi anni
dopo, nel 568, una nuova invasione arrivò da Est, erano i Longobardi che
spazzarono via nei territori a nord del Po tutte le difese romano-bizantine. Ne
parleremo prossimamente.