La casa, l’ appartamento o la villa, o villetta, è
sempre un elemento essenziale nella vita delle persone. Sia in affitto sia
in proprietà, è il rifugio, la tana, costituisce un obiettivo che prima o poi tutti vorrebbero
raggiungere.
Il condizionale, oggi, è d’obbligo, data la crisi
economica, i prezzi esorbitanti ed esagerati, i mutui impossibili, che non
consentono spesso di realizzare quell’obiettivo ovvero lo raggiungono a costi
altissimi.
C’è invece chi la casa la trova senza spesa e senza pensarci molto.
Non tutti sanno che alcuni funzionari dell ‘Amministrazione dello Stato,
e delle forze armate e della polizia,
hanno “diritto” a un appartamento gratuito:
il prefetto, il questore, il colonnello o il generale ecc.. e, tra gli
altri, anche il direttore del carcere.
Già prima di iniziare quel lavoro, mi era stato
detto che il direttore: “ aveva la casa gratis! “ .
Il che, secondo qualcuno, era un gran beneficio: “risparmi
i soldi di un affitto e quant’altro!”
Arrivato nella mia prima sede, quella notizia fu
confermata.
Lì, il direttore aveva una splendida casa, con
garage e giardino annesso, che si affacciava su una bella piazza alberata, al
centro della città.
Circa duecento metri quadri, due ingressi, uno
sull’esterno, indipendente, e un altro dal quale poteva raggiungere,
dall’interno, l’ufficio.
Nel giardino, e nella abitazione, venivano
accompagnati, per lavorarci come giardiniere e anche come pulitori, muratori,
idraulici, ecc.., alcuni detenuti! Erano autorizzati? E da chi? E pagati come,
e da chi? All’epoca non capivo, non immaginavo, poi seppi: dallo Stato! i
detenuti ammessi ad attività lavorative erano – e sono – pagati secondo la
normativa vigente, all’epoca secondo il regolamento carcerario del 1931 e dopo
in base alla legge 354/75. E quelli che andavano nel giardino del direttore, o a
fare i pittori o gli idraulici, erano tra questi? E un abuso? Forse, ma lo
facevano tutti! Non solo, ma al Ministero, a Roma, tutti ne erano a conoscenza.
Nell’appartamento, poi, tutto era pagato dallo Stato,
tranne una specie di forfait per le spese – acqua, luce, gas - quando ci si
ricordava di pagare o quando, chi aveva
la contabilità, timidamente presentava al direttore il conto, e quando il
direttore era onesto! All’epoca non c’erano i contatori personali, intestati a
chi fruiva dell’alloggio. Una pacchia!
Questi, e altri, costituivano una specie di “benefit”,
non proprio legittimi secondo me, ma naturalmente connessi alla funzione e alla
titolarità di una Direzione.
Ma c’era una legge che regolava questa situazione? Il R.D. 30 luglio 1940, n.2041, all’articolo
116 disponeva che: “ hanno diritto
all’alloggio “gratuito” nei locali di
pertinenza del patrimonio dello Stato in uso alla Direzione generale degli
istituti di prevenzione e di pena…..i funzionari di ruolo del’Amministrazione “titolari
o reggenti di direzioni”. Come si vede la legge parla di gratuità, ma solo per
l’alloggio e non altro, per cui era evidente che tutte le spese dovevano essere
a carico di chi ne fruiva.
Non solo, ma secondo quanto previsto dall’art.117
del regolamento per il Corpo degli agenti di custodia, l’alloggio gratuito di
servizio, spettava obbligatoriamente, e spetta oggi in base alla legge 395/90 ,
anche al comandante degli agenti di custodia, oggi reparto di polizia
penitenziaria.
Anzi, dove ci sia un solo alloggio, non è il
dirigente ad avere il diritto di occuparlo, ma il comandante che ne ha non il
diritto,” ma l’obbligo”.
Pochi funzionari dello Stato avevano ed hanno
diritto all’alloggio gratuito, ad es. il prefetto, il questore, il comandante
dei CC e il Direttore del carcere. Come si vede sono tutti funzionari che, in
qualche maniera, hanno a che fare con la criminalità, l’ordine pubblico e la
sicurezza; e ci sarà un motivo.
Non era e non è un motivo di prestigio, come pensano
alcuni; alla base, secondo me, c’è solo la necessità di avere quelle persone a
disposizione 24 ore su 24, con una reperibilità continua e gratuita. Sulla
reperibilità si dovrebbe aprire un lungo discorso a parte.
Sapendo che il direttore è lì, nella casa dentro al
carcere, chiunque si sentiva autorizzato
a chiamarlo a qualsiasi ora e in qualsiasi giorno, di domenica e festivi, anche
dall’esterno, dal Ministero, dalla prefettura , dalla questura ecc. il
direttore praticamente viveva – e vive - in simbiosi con il carcere.
Se doveva allontanarsi per una gita o semplicemente
per andare al cinema o fare quattro passi, doveva essere reperibile, ma come poteva
esserlo? Non c’erano telefoni cellulari e neanche i cerca/persone; c’era qualche
collega che, ogni ora, telefonava al carcere per sentire se era tutto a posto.
Erano altri tempi, ma, anche se lentamente, molte
cose incominciavano a cambiare.
Fu disposto l’obbligo dei contatori intestati
all’utente, come un qualsiasi cittadino, anche se in alcune sedi le vecchie
abitudini tardarono ad essere abbandonate. I vecchi direttori, gli anziani
impiegati, i marescialli erano ormai mentalmente e psicologicamente abituati a
quel sistema, e fu solo l’arrivo di giovani dirigenti, e nuovo e giovane
personale a modificare l’andazzo: ma,
purtroppo, da quel che so, ancora fino a
poco tempo fa, c’era ancora qualcuno che faceva il furbo.
Ma, come erano questi alloggi? Quello che colpiva –
e colpisce di più – è la grandezza, appartamenti enormi, spesso più simili a
caserme, grandi sale di rappresentanza, cameroni e grandi corridoi, fatti e
mantenuti spesso malissimo, ma ristrutturati con miliardi di soldi pubblici, fatti
e rifatti secondo le esigenze del dirigente del momento, e della composizione
della famiglia, moglie, uno o più figli. In alcuni casi, da uno se ne potevano fare
almeno due.
In un posto del genere, non esiste più alcuna vita
privata, detenuti e personale sanno tutto di ogni minuto della vita del
direttore e famiglia, i figli crescono nelle galere, e le mogli e le figlie,
per non parlare delle donne direttori, sono oggetto di attenzioni e commenti da
parte di un ambiente sostanzialmente maschile e maschilista.
Non è niente se almeno c’è un ingresso indipendente,
ma nella maggior parte dei casi, gli accessi sono tutti sorvegliati da
telecamere e anche da sentinelle armate, e in altri casi, devi addirittura
entrare nel carcere per poi raggiungere l’alloggio.
E ci sono poi quei direttori che, o perché
trasferiti o perché pensionati non si decidono mai a lasciare l’alloggio, e
pretendono di continuare ad abitarlo e a non pagarlo, pur non essendo più
titolari della direzione.
Personalmente ho preferito, appena possibile, e visto
che non ero obbligato, pagare l’affitto per un modesto appartamento, e condurre una vita privata più normale.
E, per fortuna, molti colleghi e colleghe stanno
facendo questa scelta.
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