Il 26 luglio
2003, usciva nelle edicole di una piccola città di confine, Gorizia, e nella
provincia, un supplemento a un settimanale della Curia – “Voce Isontina”, n. 29 --, preparato e scritto in un altrettanto
piccolo carcere. Un giornale fatto in carcere, scritto dalle persone detenute
non costituiva una novità, ce ne erano già altri ben più conosciuti e
importanti; ma qui la grossa novità era costituita dal fatto che, al contrario
degli altri che restavano circoscritti al circuito penitenziario, questo
supplemento andava nelle edicole e poteva perciò raggiungere un pubblico più
ampio e soprattutto poco informato. Il supplemento fu chiamato “ l’ECO “, ad
esso partecipavano detenuti italiani e stranieri, collaboravano anche personale
penitenziario e aveva come direttore responsabile A.B., lo stesso direttore
della Voce Isontina. Leggiamo cosa scriveva a questo proposito :
“ L’immagine
di copertina del numero 0 de “ L’ECO di Gorizia “ rappresenta il Coglians, la
cima più alta del Friuli Venezia Giulia: tale fotografia vuole esprimere il desiderio
che ogni persona porta dentro di sé di “ salire sempre più in alto”, per
raggiungere mete e obiettivi importanti. La comunicazione è la forma più
elevata di percorso verso gli altri, coloro che vivono insieme a noi e coloro
che sono al di là della cerchia delle nostre immediate conoscenze; la vera
libertà consiste nella capacità di servirsi delle parole e dei linguaggi per
poter svelare i propri pensieri e le proprie speranze. Per questo siamo
veramente onorati dalla decisione della redazione de “ l’Eco di Gorizia “ di
servirsi del nostro settimanale per pubblicare e diffondere una voce molto
importante e preziosa, quella dei detenuti e del personale che gravita intorno
alla Casa circondariale: è una parola certamente forte e significativa, che
raccoglie speranze, attese e desideri trasformandoli in quell’ ”eco” che
attraverso la carta stampata vuole oltrepassare barriere e limiti per
raggiungere il cuore delle persone e la sensibilità dei rappresentanti delle istituzioni.
Ringraziando quindi ancora gli ideatori e i realizzatori del progetto, nonché
il direttore della “Casa”, per la fiducia e l’entusiasmo dimostrati, auguriamo
a questa nuova testata giornalistica goriziana una lunga vita, al servizio
delle istanze dei più deboli e autentica “voce di chi non ha voce”.
Leggiamola,
questa voce di chi non ce l’ha, attraverso l’articolo di fondo firmato da uno
degli “ospiti”, che non posso indicare,
per ovvi motivi di privacy, neanche con le iniziali:“ E’ un avvenimento che ci riempie il cuore di gioia: un giornale interno all’istituto che vorremmo far sentire come un “Eco”… Con i nostri scritti, tante cose vorremmo esprimere, trasmettere i nostri pensieri , i nostri desideri, e tutto ciò in cui crediamo. Desideriamo cogliere l’opportunità che la Direzione dell’istituto ci ha dato per esaltare i valori della comunità. Quella comunità dalla quale noi ci sentiamo esclusi. Con l’uscita di questo giornale, chiediamo un aiuto, ( non materiale ) ma uno scambio di consigli e di idee ci permettano di crescere ed arricchire la nostra impresa. Speriamo che le parole dell’”Eco” riescano a rimbalzare all’esterno come una pallina da tennis e raggiungere le persone sensibili ed attente ai nostri problemi. Con l’articolo di presentazione cogliamo l’occasione per ringraziare il direttore , che ci ha concesso di realizzare questo nostro sogno. Ci impegneremo con i nostri e i vostri sforzi per portarlo avanti con serietà. Chiediamo che il carcere non sia solo punizione ma che ci permetta di riparare anche e solo in minima parte al danno fatto, con questo nostro impegno. Desideriamo farci conoscere dal lato migliore che c’è in noi. E’ vero chi ha sbagliato sta dietro le sbarre, ma con lui ci sono tutta la polizia penitenziaria che ci lavora e ci sono i volontari. Veniteci per un istante idealmente anche voi leggendoci e rispondendo ai nostri articoli o lettere. Fate si che la nostra voce diventi un “Eco”. Oggi, con il numero 0 vorremmo esprimere i nostri più sentiti e significativi ringraziamenti a tutta l’equipe preposta al nostro reinserimento”.
E infine, non possiamo non leggere almeno qualche passo di quello che scriveva il direttore del carcere: “ ……… avevo qualche perplessità per il fatto che il giornale restasse un fatto interno, limitato perciò a quelle persone che sono detenute e agli operatori, sia professionali sia volontari. Perché se un giornale è prima di tutto informazione, a maggior ragione un giornale dal carcere non può essere a limitata divulgazione tra detenuti e addetti ai lavori. Il carcere, ma direi tutto il sistema penitenziario, è generalmente ignorato e dimenticato, rimosso e perfino rifiutato da tutti; se ne viene a conoscenza solo per fatti negativi, crimini efferati, pericolosi criminali, violenze , morte, evasioni. Ma nel carcere c’è anche altro, soprattutto persone giovani che hanno fatto e fanno scelte sbagliate, disoccupazione, emarginazione sociale, senza tetto, per non parlare di tutte quelle persone in attesa di giudizio e quelle che, per lungaggini burocratiche o altro, scontano pene per fatti antichi, e quegli stranieri, clandestini e non, che oggi costituiscono quasi il cinquanta per cento della popolazione carceraria. ….” Dopo aver ringraziato A.B., direttore del settimanale che ospita l’Eco, il direttore prosegue dicendo che: “ questo giornale si propone come informazione a tutti…alla gente comune, si propone di dare voce a chi non ha voce e non può averla per tanti motivi, perché almeno le parole siano in libertà. Perché, come ogni iniziativa che si attua in carcere, può costituire un ulteriore ponte gettato oltre le mura, e può costituire anche una opportunità di cambiamento e la scoperta di una vita diversa …….” Egli termina dicendo che la redazione è composta da detenuti di ogni nazionalità, lingua e religione e che: “…. non ci sono censure, se non quelle ovviamente imposte dalle leggi vigenti, dai regolamenti penitenziari e soprattutto dalla decenza e dal buon senso”.
Successivamente fu organizzato anche un brevissimo Corso per i detenuti che formavano la redazione, al quale presero parte lo stesso direttore della “Voce” e anche alcuni giornalisti di varie testate locali, ivi compreso il quotidiano in lingua slovena – data la vicinanza del confine con la Slovenia – e anche un fotografo.
Il giornale è andato avanti per alcuni anni, e da quel che so, continua le pubblicazioni. L’unica interruzione fu dovuta alla mancanza di detenuti redattori, perché a seguito dell’indulto, erano stati, quasi tutti, dimessi cioè scarcerati
.
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