Le carceri italiane in genere fanno notizia per il degrado, per le emergenze e il sovraffollamento, e purtroppo, anche per le morti, non proprio naturali, di persone in stato di detenzione.
Tuttavia spesso capitano anche notizie “curiose”.
Titolo di un giornale di una città che non nomino: “ Tentano di rimanere incinte con il seme donato dai detenuti”, sottotitolo: “ Gli uomini lo lanciano dalle finestre, racchiuso in un guanto, alle donne in attesa durante l’ora d’aria”.
E cosa è successo?
Negli istituti penitenziari , detenuti uomini e detenute donne sono ospitati in reparti separati e, generalmente, non possono avere contatti tra loro.
Ma nel carcere di cui sto parlando, un vecchio edificio dei primi del ‘900, un punto di contatto c’è, il cortile dove, in orari diversi maschi e femmine fanno “l’ora d’aria, sul quale affacciano le finestre dei distinti reparti.
Orbene, quando le donne sono nel cortile, l’uomo lancia dalla finestra un guanto di gomma o un altro piccolo involucro, di quelli in uso, contenente il proprio liquido seminale diretto alla detenuta interessata, che grazie alla collaborazione delle altre che distraggono le agenti di sorveglianza, lo recupera e corre in bagno.”per introdurre il materiale organico nel loro corpo – così si esprime chi ha scritto l’articolo - , le donne si sarebbero servite di cannule trasparenti ricavate smontando penne tipo “Bic”, utilizzate poi a mo’ di siringa”.
E perché questo traffico ? Non certo per un improvviso e irrefrenabile desiderio di maternità, ma perché alle donne incinte verrebbero concesse misure alternative alla detenzione.
Da quanto si è appreso, sarebbe stato trovato anche un apposito manuale con le istruzioni, predisposto da due detenuti, un uomo e una donna, ovviamente, già individuati, e distribuito in tutte le camere; non viene detto, ma immagino che dietro ci sia anche qualche interesse di carattere economico o d’altro tipo. E immagino che da quelle finestre al cortile si verifichino anche altri tipi di contatti, comunicazioni e lanci di altri oggetti. In quel carcere questo problema è antico, ma come risolverlo? “Abbiamo proposto di installare alle finestre reti a maglie fitte, tipo zanzariere, ma non è stato possibile, sia per mancanza di soldi sia perché alcune disposizioni non lo consentono”, così il direttore del carcere. Comprendo l’imbarazzo e capisco anche che non esiste una soluzione accettabile, ma non si possono trasformare le camere in pollai.
L’edificio che ospita il carcere è una antica struttura al centro città, circondata da condomini privati e da strade trafficate. Quello che non riesco a capire è che per circa dieci anni, da quanto è dato di sapere, sono stati spesi miliardi di vecchie lire per ristrutturarlo e sistemarlo, ma non si è risolto quello che era un antico problema, delle comunicazioni fraudolente interne. Soldi pubblici buttati per una semplice operazione di facciata.
Tanti anni fa, uno spazio adiacente al carcere si era liberato ed era stato espropriato per pubblica utilità. Dopo un po’, in quello stesso spazio, è sorto un parcheggio privato di otto piani.
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