Ponti a
Napoli
“Ponte”
si definisce quella “struttura
che consente l'attraversamento di un corso d'acqua o il superamento
di altri ostacoli”. Meglio
ancora la :”
struttura che consente a vie di comunicazione terrestri
l'attraversamento di corsi d'acqua o di avvallamenti”(Devoto-Oli)
.
Ancora
più specifico, secondo Treccani
: “Manufatto
di legno, di ferro, di muratura o di cemento armato che serve per
assicurare la continuità del corpo stradale o ferroviario
nell’attraversamento di un corso d’acqua, di un braccio di mare,
o di un profondo avvallamento del terreno”.
Napoli
è una città di mare, c'è tanta acqua salata, c'è un magnifico
Golfo conosciuto in tutto il mondo, ma non mi risultano “bracci
di mare” nel suo significato di stretto, o canale o insenatura
profonda e allungata (De Mauro). La città non ha neppure acqua
dolce, cioè non ci sono corsi d'acqua, fiumi.
Però
ci sono ponti, alcuni ancora utilizzati, altri di cui si è perso
anche il nome, altri ancora il cui ricordo è rimasto nella
toponomastica della città. Come spiegarci questa stranezza? Forse
ci sono altri ostacoli da
superare? Certamente sì: ostacoli come
avvallamenti, dovuti
alla particolare morfologia del terreno dove la città fu fondata e
costruita, fatta da colline di diversa altezza, valloni, abbassamenti
e innalzamento di terreno, ripide salite e discese.
Ma...in
città ci sono zone dove non risultano altri ostacoli e tanto meno
fiumi, dove esistono vie o piazze, palazzi, che chiamiamo ponte
di....., ponte de....... E allora? Come la mettiamo?
A
un visitatore che chiede di vedere, per esempio, il ponte della
Maddalena che gli raccontiamo? E il ponte di Tappia? Chi sa dare una
risposta esauriente? La risposta non è difficile, è solo lunga
perchè bisogna tornare indietro nel tempo, dove più, dove meno. E
inizio dalla Maddalena.
Ponte della Maddalena
L'
area orientale dell'antica Neapolis era raggiungibile da tre Porte,
la Nolana, la Herculanense o Furcillense e la più nota Capuana.
Oltre queste porte c'era il nulla: foreste, sentieri, acquitrini e
paludi, alimentati da fiumi che sfociavano a mare, forse qualche
ponticello.
Sui
corsi d'acqua gli storici e gli archeologi concordano su una cosa:
questi fiumi scorrevano con forza intorno alle antiche mura della
città, secondo alcuni alimentati da sorgenti della Bolla sul monte
Somma ( Vesuvio), secondo altri invece
dalle acque delle colline di Capodimonte e della Sanità. Secondo
alcuni, i fiumi erano due: a nord era il Clanis,
che proseguiva a oriente in una zona paludosa, fuori porta Capuana e
verso Capodichino.
Fontana del Sebeto |
Secondo
altri, era un solo fiume, il Sebeto, proveniente dalle sorgenti della
Bolla sul monte Somma, che giunto a Napoli, probabilmente si divideva
in due rami principali che sfociavano l’uno nella zona di piazza
del Municipio e l’altro in quella orientale fuori porta Capuana. La
parte orientale scorreva in quella che oggi è via Foria, lambendo le
mura a nord della città e ricevendo acqua e detriti dalle colline
della Sanità e Capodimonte. ( nella foto la fontana dedicata al
fiume Sebeto)
Al di
la di queste diverse opinioni, resta il fatto che, nel V° secolo a.
C. e per tutta l'epoca romana, c'erano corsi d'acqua a Napoli, che
esigevano la costruzione e quindi la presenza di ponti.
Nell’epoca
romana imperiale, la zona orientale era stata bonificata e resa
abitabile e percorribile. Poi, dopo l'impero, l'assenza di
manutenzione, la decadenza e la mancanza di validi tecnici,
provocarono l'abbandono dell' area e il ritorno delle paludi.
Restava
per fortuna in piedi, anche se malmesso, qualche ponte che consentiva
l'attraversamento da e per la città. In particolare esisteva già in
epoca romana un ponte sulla foce del fiume, ma non ne conosciamo il
nome. Sappiamo
invece che nel XII secolo, il pons
paludis,
dopo l’assedio della città da parte del normanno Roberto il
Guiscardo del 1078, prese il nome di ponte Guizzardo.
Ponte della Maddalena nel '700 |
Nel
corso dei secoli successivi il fiume iniziò un lento ma costante
interramento. Quel ponte sulla foce fu chiamato della Maddalena,
dopo l’alluvione del 1566, in onore di una chiesa del XIV secolo,
che si trovava nei pressi ed era dedicata a Santa Maria Maddalena (
nel dipinto).
Nel
XVIII secolo il ponte della Maddalena era formato da cinque grandi
arcate, con quella centrale più ampia rispetto alle altre, aveva
all’ingresso due edicole alquanto simili, formate da colonne di
marmo bianco con un frontone triangolare. Sul lato sinistro vi era la
statua di San Giovanni Nepomuceno, patrono di tutti coloro che
rischiano di annegare. A destra c'era una statua di San Gennaro,
realizzata nel 1768. Nel 1799 vi si svolse l'ultima battaglia tra
le truppe della Repubblica Partenopea, rimaste senza l'appoggio
francese, e quelle sanfediste del Cardinale Ruffo, che sancirono la
fine della Repubblica Partenopea. Il ponte fu riempito di forche e di
impiccati.
Nel
1875 il ponte fu restaurato ed abbassato per consentire un servizio
di omnibus tra Napoli, Largo San Ferdinando e Portici. Quì, ai
Granili, gli omnibus cambiavano le ruote e proseguivano su rotaie
fino a Portici, come un tram.
Prosciugate le paludi, scomparso il fiume, la zona subì una edificazione selvaggia, oggi è densamente abitata e trafficata, e il ponte esiste ormai solo nella toponomastica della città.
Prosciugate le paludi, scomparso il fiume, la zona subì una edificazione selvaggia, oggi è densamente abitata e trafficata, e il ponte esiste ormai solo nella toponomastica della città.
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