Si chiamano Ponti
ma non sono ponti, si chiamano rossi
perchè appaiono con un colore rossastro.
Con il nome di "Ponti Rossi" si indica generalmente
una zona di Napoli che abbraccia tutto il
parco di Capodimonte e attraverso la strada dello stesso nome si allarga dalle
zone più interne, da Miano fino a Capodichino, l'area dell'aereoporto.
Chi si trova a transitare per la strada dei
Pontirossi passerà sotto alcune
arcate di un ponte, di colore rosso. Ma quello che passa sopra le arcate non è un ponte, nel senso che sopra non camminano
persone o animali, non corrono auto né treni, né appaiono avvallamenti da
superare. E allora, di che si tratta? Perché
li chiamiamo "Ponti" ? Forse perché hanno a che fare, comunque, con
l'acqua? O è solo un nome dato dal popolo napoletano a quello che all'inizio
appariva come un ponte? Forse la risposta è proprio questa.
Ponti Rossi oggi |
Sopra quelle arcate costruite in tufo e laterizi
rossi, scorreva, circa 2000 anni fa, in lunghi e grandi tubi di piombo, l'acqua
che abbeverava Napoli e dintorni. un acquedotto quindi, costruito, secondo gli
storici, al primo secolo d. C., al tempo dell'imperatore romano Claudio, anche
se molto probabilmente l' opera iniziò prima, ai tempi di Augusto.
I Romani, bsogna dirlo, erano un po' esagerati
nelle loro costruzioni. Essi dovevano cercare le sorgenti d'acqua per rifornire
Napoli e finirono per trovarla non proprio vicinissimo alla città.
Scelsero invece una sorgente degli Appenini
irpini: le sorgenti del Serino - oggi un Comune in provincia di Avellino -, a
circa 400 metri sul livelo del mare. Da lì l'acquedotto iniziava il suo
percorso in discesa e terminava dopo un centinaio di chilometri a Miseno, nella
cosiddetta Piscina Mirabilis, una
cisterna che alimentava marinai della flotta romana del basso Tirreno e case
eville della zona.
Durante il suo tragitto attraverso cunicoli e
"ponti", l'acquedotto riforniva, mediante diverse derivazioni, altre
città: Nola, Pompei, Ercolano Pomigliano e Atella. Inoltre
Posillipo, Bagnoli, Baia e Pozzuoli.
Era un'opera veramente grandiosa e richiedeva una
manutenzione costante e accurata, e interventi straordinari che durarono fino
alle invasioni del V° secoo d.C. e alla fine dell'Impero.
Nel 536 d.
C. durante la guerra greco-gotica, il generale bizantino Belisario pose l 'assedio
a Napoli, difesa dai Goti e da truppe locali. Le mura della città erano
invalicabili per cui egli decise di prenderla per fame e per sete.
Egli perciò: “ tagliò la conduttura- scrive il
contemporaneo Procopio di Cesarea, Storia delle guerre di Giustiniano, --
che portava l'acqua in città”,
ma non si creò alcun disagio particolare, in quanto, all'interno delle mura,
esistevano molti pozzi dove attingere acqua. Ma la città fu comunque presa
grazie all'acquedotto del Serino
Scriveva Giovanni
Antonio Summonte, storico napoletano del XVI/XVII secolo, in “ Historia della
città e regno di Napoli” : Belisario
dunque essendo quasi privo di speranza, e pensando levarsi da quell'assedio, la
fortuna gli dié la strada: percioché venuto desiderio a un soldato Isauro di
vedere il formale che soleva condurre l'acqua alla città, e entratovi dentro da
quella banda, dove Belisario l'aveva rotto, poco discosto dalla città, ebbe
agevolezza di salirvi suso perchè
essendo tagliato il muro, l'acqua non correva più; e passato oltre, conobbe
essere dentro la città”. Perciò il soldato riferi al generale questa sua
scoperta e l'esercito entro in città attraverso quell'acquedotto e, dopo aspro
combattimento, conquistò Napoli.
Di quell'
acquedotto non se ne seppe più niente e la città fu alimentata in altro modo da
altre dominazioni.
Solo nel secolo XVI il viceré spagnolo, Don Pedro
di Toledo, decise di far ricostruire l’antica struttura e diede all’architetto
Antonio Lettieri l’incarico di rintracciare l’origine del corso d’acqua. La
ricerca fu lunga e soprattutto dispendiosa e, alla fine, non se ne fece niente
E' ancora viva la discussione tra
archeologi e studiosi sul punto d'ingresso in città dei tubi dell' acquedotto, alla quale accenno appena:
probabilmente si dividevano in due rami, uno attraversava la Sanità e un altro
invece si dirigeva verso Chiaia e da li a Pozzuoli.
Nel 2011, nel quartiere della Sanità è stato
scoperto, per puro caso, un pezzo dell' acquedotto romano.
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