Larghi e strade
Le vie dello shopping
Per interrompere il racconto
di larghi e strade dalla storia antica, millenaria, oggi parleremo di vie
e piazze di un quartiere definito, da alcuni, “senza storia”. Si
chiama Vomero, è in collina, ed è nato, come quartiere, appena nel 1885. Fa
parte del sistema collinare che abbraccia la città: va da Capodimonte verso i
Colli aminei, attraversa il Vomero e si dirige verso Posillipo. La storia
della collina è, in realtà, molto antica, e oggi le
strade più moderne si incrociano con i resti di antichi sentieri e vecchi
edifici.
Iniziamo dal nome. “Vòmero”
deriverebbe dal “vòmere”, l’organo principale dell’aratro, perché su questa
collina, anticamente, c’erano poderi e masserie, campi coltivati e perciò
contadini. Alcuni parlano anche di un "gioco del vomere"
che i contadini della collina praticavano nei giorni di festa, sfidandosi a
tracciare con l'aratro il solco più diritto.
In epoca romana, il Vomero veniva
chiamato “Paturcium”, e in epoca ancora più antica veniva indicata, insieme a
tutto il sistema collinare, “Pau-silipon”, parola del greco antico che
significa pausa che acquieta il dolore, che libera dagli affanni. Tutta la zona
era indicata, infatti, per l’aria buona e per l’ ”otium”, il riposo dalla vita
pubblica, e la meditazione.
Collina del Vomero, dipinto 1795 |
Tutta l’area restò cosi per
secoli: campi coltivati, pascoli e molte ville e masserie, raggiungibili dalla
citta bassa attraverso sentieri, che ancora oggi possono essere percorsi a
piedi: la Pedamentina che arriva a San Martino, la salita del Petraio (che
parte da Chiaia), l'Infrascata (Salvator Rosa), i Cacciottoli (da piazza
Leonardo), e Calata San Francesco che parte da via Belvedere.
Questa ultima è, da sempre, la via che congiunge il Vomero Antico,
sorto in epoca romana, e il Vomero Moderno, insieme a Antignano.
Qui si arrivava partendo da
Neapolis: il sentiero, costeggiando corsi d’acqua e tra pini e querce, si
inerpicava su per i Ventaglieri o il Cavone giungendo nella zona di piazza Mazzini.
Da qui si saliva per l' Infrascata, via Salvator Rosa e via Conte della Cerra,
dove troviamo ancora oggi tracce di un ponte viadotto di epoca romana vicino
alla stazione della Metropolitana.
Intorno alla strada, sorsero
sicuramente case e casali rustici, poderi e masserie, ma anche un mercato,
“cauponae”, taverne e luoghi di ristoro per mercanti e viaggiatori, militari e
corrieri e almeno un villaggio. La strada detta “via per montes”, dopo qualche
tempo, cominciò ad essere chiamata “Antiniana” e così il villaggio “Antignano”,
cioè, ante Anianum.
Da Antignano infatti si poteva
proseguire verso Agnano, per poi raggiungere Pozzuoli e Cuma o per la via
Belvedere e la Canzanella fino a via Terracina, o per la via
delle Case puntellate e la Pigna.
Al XIII secolo risalirebbe “Jesce
sole, jesce sole, nun te fa cchiù suspirà, siente maje che li’ figliole hanno
tanto da prià”, una preghiera rivolta al Sole di uscire per asciugare i
panni appena lavati nei lavotoi pubblici del Vomero, che si dice esistessero ancora
a fine ‘800.
Fino al XIX secolo quest'area era
quasi totalmente agreste, e vi si potevano trovare solamente sporadiche
masserie e qualche villa nobiliare, come a Antignano, quella di Giovanni
Pontano,poeta e umanista del XV secolo, invisibile oggi ai più malgrado una
grande tabella sulla parete esterna.
Poco distante dalla villa fu
posto il dazio del regno, con la costruzione di una lungo muro – dalla
Maddalena ai Colli Aminei e dal Vomero a Mergellina - detto Finanziere -, per
impedire l’ingresso di merci di contrabbando, intervallato da accessi doganali.
Uno di questi è ancora visibile
in largo Antignano sul muro di un vecchio fabbricato a due archi dove oggi c'è
una tabaccheria: nascosta e scolorita dal tempo e dalla incuria, una piccola
lapide ci avverte con l'iscrizione: Qui si paga per gli regj censali.
Piazza Vanvitelli |
Di quel muro, abbattuto nei primi
anni del ‘900, restano ancora oggi tracce ben visibili, sparse un pò
dappertutto. Al Vomero se ne possono vedere tratti in via E.A. Mario, così come
ai Colli Aminei, dove il Finanziere continua a correre nei pressi della
Stazione Metro.
Il nuovo rione fu inaugurato nel
1886/87 con la costruzione delle Vie Scarlatti e via Luca Giordano; lungo
queste due strade furono costruiti palazzi e villette che oggi definiamo
d’epoca, e che ancora vediamo fino a piazza Vanvitelli e oltre, mentre
l’Arenella era ancora un villaggio, e la piazza Medaglie d’oro non era
neanche un’idea.
Il quartiere fu quindi ideato e
progettato basandiosi sulle due strade più centrali, che a un certo punto si
incrociano. Via Luca Giordano che parte proprio dal largo Antignano
e va in leggera pendenza verso il centro incrociandosi con la via Scarlatti che
sale verso la pizza Vanvitelli e prosegue oltre per ricongiungersi
ad altre vie per arrivare a S. Elmo e alla Certosa di S. Martino.
Erano gli anni del cosidetto
Risanamento, l’intervento urbanistico del 1884 che, con la scusa dell’epidemia
di colera, abbattè edifici pubblici e privati e trasformò il
centro storico.
Tutte le strade del nuovo
quartiere furono intitolate ad artisti napoletani.
La via intitolata al pittore
napoletano Luca Giordano (1634/1707) fu tracciata e lottizzata col primo
nucleo del nuovo quartiere tra il 1886-1889 ma il grosso della
edificazione si protrasse fino agli anni ’30. All’inizio del Novecento
lungo questa strada iniziarono a sorgere i primi palazzi in stile neorinascimentale e
alcune villette in stile liberty partenopeo. La via termina con
una scalinata che scende in via Aniello Falcone.
Anche via Alessandro Scarlatti (
musicista 1660/1725) fu tracciata nel 1887, insieme alla
contigua piazza Vanvitelli, da dove scende e si
allunga fino al ponte di via Cilea proseguendo a sinistra fino all’incrocio con
via Doria, via Belvedere e via A.Falcone.
Anche quì furono
costruiti grandi edifici in stile umbertino; quelli della
piazza Vanvitelli sono quattro uguali e richiamano alla mente i quattro palazzi
della piazza lungo il Rettifilo.
Il forte sviluppo del
quartiere si verificò negli anni '50/'60 del secolo scorso, con una
urbanizzazione selvaggia, senza vincoli e controlli. In quegli anni si verificò l’assalto
alla collina, l‘ occupazione di zone ancora rurali e la costruzione di
condomini alveari, sempre più grandi, e un vero e proprio esodo di intere
famiglie che, dal centro storico, andarono a popolare i nuovi rioni.
Via Scarlatti |
La conseguenza fu che, insieme ai
nuovi residenti, sorsero tutti i servizi e le varie attività commerciali, e
perciò scuole, banche, negozi, bar, uffici comunali, uffici postali, ospedali
ed altro.
Ben presto le due strade e la
piazza diventarono il ritrovo più elegante e ben frequentato di Napoli, oggi
sono i luoghi dello schopping più visitato, bar, ristoranti e chiacchiere, sono
le strade dello “struscio”, di quella passeggiata, cioè, lento pede, con
amici e parenti chiacchierando, fermandosi e poi riprendendo il cammino,
guardando distrattamente qualche vetrina, socializzando e prendendo un caffè,
insomma perdendo tempo e in una parola “ ca…giando”.
Soprattutto poi da quando le due
strade, dalla metà degli anni ’90 del XX secolo, sono state pedonalizzate a
danno, però, delle vie laterali invase dal traffico veicolare. All’incrocio
delle due strade c’era la “villa di Lucullo”, famosa friggitoria, in
concorrenza con l’altra “Imperatore” situata quasi di fronte, in via Scarlatti.
Qui trovavi anche il bar Daniele e addirittura un cinema, l’ “Ideal”.
Non è sopravvissuto
niente. Miracolosamente ancora esiste e, soprattutto resiste
agli assalti della “civiltà”, uno spazio verde: è la villa ”Floridiana”, uno dei posti più belli non solo
del Vomero, ma della città.
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